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Venti marzo 2014, l’equinozio di primavera è scattato alle 17.57 ora italiana, stabilendo ufficialmente l’inizio della bella stagione. L’equinozio per l’esattezza è un attimo, un incrocio di traiettorie celesti che la scienza definisce con termini precisi, ma dalla Terra, meglio ancora, dalla mia finestra aperta sul giardino, quello che conta è la percezione di qualcosa che rinasce e quest’anno la primavera ha giocato parecchio d’anticipo. La primavera non spunta all’improvviso e chi ha occhi per vedere ne gode le prime avvisaglie già da febbraio, ma quest’anno è stato veramente un anno strano. Le mie piante sembrano in forma, ma la precocità delle fioriture e il disorientamento di un giovane riccio che da febbraio passeggia affamato a tutte ore, non rappresentano segnali positivi. Guardo il cielo, la nebbiolina sta scendendo e mi chiedo: questo interminabile autunno avrà fatto danni? Mi sta preparando qualche bel pacchetto regalo con una gelata tardiva? Vedremo, non ho ancora sviluppato poteri premonitori e pratico forme di giardinaggio poco fedeli ai manuali, quindi, farò come sempre, mi adatterò cercando di capire che cosa serve alle mie piante.
Ogni anno la primavera è un miracolo e non posso fare a meno di pensarla con i versi di una canzone: “Primavera non bussa lei entra sicura, come il fumo lei penetra in ogni fessura, ha le labbra di carne e i capelli di grano, che paura che voglia che ti prenda per mano…” così Fabrizio De Andrè rielaborò, assieme a Giuseppe Bentivoglio, alcune poesie della “Antologia di Spoon River” di Edgar Lee Master e nella canzone “Un chimico” aggiunse queste parole alla poesia “Trainor, il farmacista”. La primavera è così, ti trascina e la sua esplosione ha ben poco a che fare con i bancali di primule dopate dei centri commerciali, ma anche loro ormai fanno parte del nostro corredino primaverile e invecchiando, le guardo con più benevolenza di quello che facevo anni fa. Le primule sono l’immagine di un desiderio frettoloso di primavera, ma ho la sensazione che quest’anno abbiano avuto meno successo degli anni scorsi, prese in contropiede dai narcisi e dalle forsizie che anticipando la fioritura hanno tolto il desiderio di allestire ciotole di primule in technicolor. Nota di coltivazione: le primule sono piante rustiche e acidofile, quindi non crescono spontaneamente nel terreno calcareo come quello ferrarese. Possiamo provare a metterle in terra, qualche volta sopravvivono regalando ancora qualche ciuffetto di foglie, ma ricordiamoci che queste piantine forzate sono vegetali usa-e-getta fatti per essere ricomprati.
Nel repertorio sconfinato di piante che gridano la fine dell’inverno, il mio quadro preferito per un piccolo giardino di primavera è fatto di bianchi, gialli e celesti, magari con accenni di rosa. Al centro del quadro metterei un bell’albero di prugne o ancora meglio un rusticano, il prugno selvatico; alla sua base un fondo di piccole pervinche celesti, una striscia di narcisi e un tappeto di margherite, viole e pisaletto; sullo sfondo, nuvole di prugnoli, alternati a ligustri verdi e scintillanti, qualche forsizia gialla e un po’ di spiree, ancora senza fiori, ma dal fogliame tenero e vibrante. Ci starebbe bene un tocco di rosa, ma solo un tocco, non una secchiata come quella dei cotogni giapponesi, bellissimi, ma da trattare con parsimonia, quindi per dare un leggero tocco di rosa e per non lasciare da solo il prugno, ci metterei un bell’albicocco potato con leggerezza e lasciato crescere con qualche ramo in più, perché a un giardino chiediamo armonia, non il massimo della produttività.

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Giovanna Mattioli

È un architetto ferrarese che ama i giardini in tutte le loro forme e materiali: li progetta, li racconta, li insegna, e soprattutto, ne coltiva uno da vent’anni. Coltiva anche altre passioni: la sua famiglia, la cucina, i gatti, l’origami e tutto quello che si può fare con la carta. Da un anno condivide, con Chiara Sgarbi e Roberto Manuzzi, l’avventurosa fondazione dell’associazione culturale “Rose Sélavy”.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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