Skip to main content

 

Oltre 400 milioni di dosi di vaccino anti Covid-19 somministrate nel mondo e un dibattito sempre aperto tra favorevoli e no-vax, tra coloro che ne riconoscono l’unica via d’uscita per una svolta alla stagnazione in cui ci troviamo, rafforzando la memoria immunitaria dell’intera collettività, e quelli che ritengono improbabile la cosiddetta ‘immunità di gregge‘, optando per l’dea di una condizione di malattia che perdurerà e diventerà endemica. Pensieri, convinzioni e dichiarazioni, non solo appannaggio della gente comune, ma anche di epidemiologi e virologi, esperti e addetti ai lavori.

La lunga strada dei vaccini percorre intere epoche della nostra Storia e non sempre occupa un posto di rispetto nei nostri ricordi. Eppure ha salvato l’umanità dalle grandi catastrofi sanitarie, ha conquistato enormi traguardi nel contrasto alle epidemie, ha fornito un contributo decisivo alla lotta alle malattie infettive e aperto le conoscenze su fenomeni scientifici sconosciuti. Intuizioni, ricerca e sperimentazioni coraggiose hanno salvato più volte l’umanità.

Era il 1796 quando Edward Jenner inocula il vaccino a un bambino ammalato di vaiolo, dimostrando scientificamente l’efficacia di quel prodotto che ribattezzò ‘vaccino’, cioè derivato dalla mucca. Infatti, lo scienziato e i suoi colleghi avevano notato come i mungitori risultassero immuni al devastante vaiolo umano, se sulle loro mani fossero comparse delle piaghe, le stesse presenti sulle mammelle delle mucche. Intuì che il vaiolo bovino era meno aggressivo di quello umano e poteva costituire un punto di partenza per un deterrente a una orribile malattia, che mieteva 40.000 vittime l’anno nella sola Inghilterra. Jenner decise di innestare il materiale prelevato dalle pustole di una mungitrice affetta da vaiolo bovino su James Phipps, il figlio di otto anni del suo giardiniere. Dopo un po’ di febbre, il ragazzino guarì in due giorni e due mesi dopo, quando Jenner – forse in modo oggi eticamente discutibile – lo risottopose al vaccino, James non sviluppò nessun sintomo. Era nata ed era stata confermata l’idea alla base dei vaccini: un agente infettivo indebolito scatenava la reazione difensiva del corpo.

Da allora studi e sperimentazioni prolificarono. Nel 1885 Louis Pasteur testa con successo il suo vaccino antirabbico su un bambino morso da un cane idrofobo e nel 1890 Emil Roux, parallelamente a Emil von Behring, mette a punto il siero antidifterico (la difterite, causata da un batterio che produceva una tossina in grado di gonfiare la gola fino al soffocamento), a cui seguirà il vaccino nel 1923, per merito di Lèon Gaston Ramon, il quale ne produrrà poco dopo anche uno contro il tetano. La prima grande vaccinazione di massa avviene nel 1962, con il vaccino antipolio di Albert Sabin, ponendo fine – non senza resistenze alle somministrazioni da parte della gente – alle epidemie da poliovirus, che colpiva il sistema nervoso centrale. La poliomielite uccise o paralizzò 28.500 persone all’anno tra il 1951 e il 1955, ma già qualche decennio prima aveva manifestato i suoi devastanti effetti; si arriverà al 2002 per dichiarare l’Europa libera dalla malattia.

Nel 1957 si scatenò un’epidemia di influenza asiatica da Virus A Singapore/1/57 H2N2, che uccise circa 2 milioni di persone nel mondo. Negli Usa le vittime non superarono i 69.000 perché Hilleman riuscì a creare un vaccino e a distribuirne 40 milioni di dosi in tutta fretta, con un’incredibile accelerazione. E non fu neanche il primo, per l’illustre microbiologo americano, padre dei vaccini contro oltre 40 agenti infettivi (morbillo, orecchioni, rosolia, epatite B, meningite…). Negli anni 2000 si perfezionano i vaccini tetravalenti (2005) contro pertosse, rosolia, varicella, il vaccino anti-hpv contro il papillomavirus responsabile del carcinoma al collo dell’utero (2015), nel 2016 quello esavalente e nel 2018 il vaccino con virus vivo attenuato Ebola Zaire che viene distribuito “per uso compassionevole” in Congo e altri Stati africani.

Oggi come ieri, molta gente è scettica, critica, negazionista sul tema dei vaccini: tante vite salvate non erano e non sono sufficienti per convenire sulla necessità e validità del vaccino. Manca la fiducia. Nell’Età dei Lumi, il 1700, il ‘favoloso innesto’ di Jenner non fu solo una conquista della medicina, ma anche uno spartiacque tra due schieramenti ideologici contrapposti: da una parte gli oscurantisti che consideravano le conquiste della scienza un’offesa al Creatore, blasfemia vera e propria, dall’altra gli illuministi, a favore di una pratica ‘figlia della ragione’ e nemica della cieca ignoranza.

Oggi  siamo più informati, acculturati, aperti a nuove soluzioni che diano risposte a nuove necessità, tuttavia permane lo scetticismo e il rifiuto a priori di quegli interventi medico-sanitari che la pandemia sollecita, a dimostrarci che la scienza ha fatto grandi progressi, le tecnologie sofisticate permettono traguardi insperati, la medicina ha varcato limiti e confini inimmaginabili, ma l’atteggiamento umano rimane controverso, a volte irrazionale, schiavo di paure ataviche e retro pensieri giustificati o gratuiti che siano. La difficile strada della prevenzione e della cura contro i peggiori virus e batteri in circolazione è ancora in salita.2

tag:

Liliana Cerqueni

Autrice, giornalista pubblicista, laureata in Lingue e Letterature straniere presso l’Università di Lingue e Comunicazione IULM di Milano. E’ nata nel cuore delle Dolomiti, a Primiero San Martino di Castrozza (Trento), dove vive e dove ha insegnato tedesco e inglese. Ha una figlia, Daniela, il suo “tutto”. Ha pubblicato “Storie di vita e di carcere” (2014) e “Istantanee di fuga” (2015) con Sensibili alle Foglie e collabora con diverse testate. Appassionata di cinema, lettura, fotografia e … Coldplay, pratica nordic walking, una discreta arte culinaria e la scrittura a un nuovo romanzo che uscirà nel… (?).

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it