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Da Mario Zamorani

Gentile signor sindaco,
​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ il 16 novembre 2016 con il sostegno della Comunità ebraica di Ferrara le scrissi per chiedere un suo autorevole intervento pubblico presso l’Unesco a fronte dell’ennesimo pronunciamento Unesco contro Israele e contro la storia: avevano solo solo cancellato i legami dei luoghi sacri a Gerusalemme con l’ebraismo. Non abbiamo ricevuto risposta.
Ora la protervia Unesco pare non solo accanirsi contro la storia e contro Israele, ma assume pronunciamenti dal sapore antisemita.
Oggi l’Unesco ha riconosciuto la Tomba dei Patriarchi ad Hebron, in Cisgiordania, “sito palestinese” del patrimonio Mondiale. La Tomba dei Patriarchi (anche conosciuta come Grotta di Macpela, la Grotta delle Tombe doppie) è un complesso architettonico basato su grotte sotterranee nel cuore della Città Vecchia di Hebron. Deve il suo nome sia alla disposizione delle tombe sia alle coppie bibliche che si ritiene vi siano sepolte. Secondo luogo santo dell’ebraismo (dopo il Muro del Pianto), custodisce il sepolcro di Abramo, Isacco e Giacobbe e le loro mogli, Sarah, Rebecca e Lea: i Patriarchi e le Matriarche di Israele. Giustamente il premier Benjamin Netanyahu ha definito la risoluzione “surreale”: “Ovunque in medio oriente si fanno saltare in aria moschee, chiese, sinagoghe, tranne che in Israele”. Poco prima di tale delirio nella riunione annuale a Cracovia, in Polonia, l’Unesco aveva definito Israele “potenza occupante” a Gerusalemme, la sua capitale storica e politica.
Un gruppo di sopravvissuti alla Shoah aveva chiesto all’Unesco e alla Polonia di non procedere col voto. “Sarebbe una dissacrazione della memoria dei milioni di ebrei morti sul suolo polacco”, aveva detto la fondatrice dello Shurat HaDin, Nitsana Darshan-Leitner. Anche l’ambasciatrice americana all’Onu, Nikky Halley, aveva chiesto di non riscrivere la storia di Hebron. Sembra ripetersi la scena di Schindler’s List, in cui i nazisti dichiarano prima di liquidare la comunità ebraica di Cracovia: “Oggi si fa la storia. Sei secoli fa, Casimiro il Grande – cosiddetto – disse agli ebrei che potevano venire a Cracovia. Per sei secoli c’è stata una Cracovia ebraica. Da questa sera quei sei secoli sono una diceria. Non sono mai accaduti. Oggi si fa la storia”. È quanto hanno fatto su Gerusalemme e Hebron i burocrati dell’Unesco assieme ai regimi islamici.
Il sapore antisemita appare oggi evidente a tutti, signor sindaco. Conosciamo tutti il profondo legame esistente fra Ferrara e l’Unesco e ormai il silenzio a fronte di affermazioni così deliranti non può che essere e divenire correità. Aspetto finalmente un pronunciamento da parte sua e della città di Ferrara.
A settembre organizzerò un incontro pubblico sul tentativo di riscrivere la storia da parte dell’Unesco, aspetto che accomuna tutti i regimi autoritari e antidemocratici. La inviteremo e nel frattempo aspettiamo un suo autorevole intervento su queste vergognose vicende: o si sta dalla parte della storia, della verità e della democrazia o si sta contro di esse. Conoscendola aspetto parole decise di verità e di coraggio.
Cordiali saluti.
Ferrara, 8 luglio 2017
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​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ ​ Pluralismo e dissenso

La lettera del 16 novembre 2016

Gentile signor Sindaco,
al sito della rappresentanza permanente d’Italia presso l’Unesco – Parigi, si può leggere, nel novero dei programmi Unesco, alla voce “ cultura”: “La diversità culturale, non solo in senso morale ed emotivo, è l’idea che sottende tutte le Convenzioni Unesco nel campo della Cultura”; e più avanti: “La promozione della diversità culturale è indissociabile dal dialogo interculturale”. E alla voce “comunicazione”: “Conferire potere ai popoli garantendo la libera circolazione delle idee, l’accesso all’informazione e alla conoscenza”.
Come sa, recentemente il Consiglio esecutivo dell’Unesco riunito a Parigi ha ufficialmente adottato una risoluzione chiamata “Palestina occupata”, che riguarda la città vecchia di Gerusalemme, e che cancella i legami dei luoghi sacri a Gerusalemme con l’ebraismo. Il testo della risoluzione, sostenuto da diversi paesi arabi (Algeria, Egitto, Libano, Marocco, Oman, Qatar, Sudan) in nome della protezione del patrimonio culturale palestinese, nega il legame storico che unisce gli ebrei al Monte del tempio facendo riferimento a quest’ultimo solo con il suo nome arabo di Haram al Sharif (Spianata delle moschee). In particolare la risoluzione Unesco si riferisce ai luoghi santi in arabo parlando di “Moschea di Al-Aqsa/Al-Haram Al-Sharif (il Monte del Tempio) e sue adiacenze”. Il Monte del Tempio è indicato così: “Un luogo santo islamico di culto ed una parte integrale di un luogo culturale patrimonio dell’umanità”. Il documento si occupa prevalentemente di Gerusalemme, ma menziona anche Hebron e Betlemme come luoghi culturali musulmani. Il Monte del Tempio è sacro agli ebrei appunto in quanto sede del Tempio di HaShem. Di esso, dopo la distruzione operata dai Romani, rimangono oggi soltanto alcuni tratti del Muro Occidentale di contenimento, detto anche Muro del Pianto. Gli ebrei usano perciò recarsi in preghiera alla base di tale muro (quindi all’esterno della spianata). Per i musulmani, invece, il Monte del Tempio è sacro perché, secondo la tradizione, il profeta Maometto venne assunto in cielo dalla roccia situata in cima al monte, oggi all’interno della Cupola della Roccia. Il luogo è sacro, infine, per i cristiani, che ricordano le numerose visite di Gesù al Tempio: qui si svolsero le sue dispute con i sacerdoti e altri episodi della sua vita pubblica. Si tratta dunque di un luogo sacro per le tre grandi religioni monoteiste.
La risoluzione è stata adottata suscitando la legittima protesta di Israele e la sospensione delle relazioni con l’organismo Onu. In quell’occasione 24 paesi dissero di essere favorevoli e 6 contrari (Usa, Germania, Gran Bretagna, Lituania, Estonia, Olanda). In 26 si sono invece astenuti (Italia compresa), mentre i rappresentanti di 2 nazioni non erano presenti al momento del voto. Successivamente il presidente del Consiglio Matteo Renzi si è pubblicamente dissociato da quel voto definendolo “allucinante”.
“Nessun forum o organismo al mondo può affermare che non c’è connessione tra il popolo ebraico e la Terra d’Israele e Gerusalemme – ha ribadito il Presidente d’Israele Reuven Rivlin – Un’organizzazione che lo fa, semplicemente umilia se stessa. Possiamo capire la critica ma la storia non può essere cambiata”. Difficile non essere in sintonia con queste affermazioni.
Una decisione che di certo non aiuta né la pace né il dialogo tra i popoli, istanze perseguite dall’Unesco, e su cui la stessa direttrice generale dell’Unesco, Irina Bokova, aveva espresso delle fondate riserve, sottolineando come il patrimonio di Gerusalemme sia “indivisibile”. “Negare, occultare o cancellare una delle tradizioni ebrea, cristiana o musulmana equivarrebbe a mettere in pericolo l’integrità” di questo patrimonio dell’umanità, sempre secondo la Bokova. Per l’Anp si tratta invece di un “messaggio chiaro per Israele di mettere fine all’occupazione”, ma è difficile credere che all’autenticità del dibattito possa giovare la negazione della verità, della storia e della cultura di un popolo.
“La risoluzione su Israele – ha spiegato il ministro Gentiloni nel corso di un question time alla Camera – si ripropone due volte l’anno dal 2010 e dal 2014 contiene le formulazioni che negano le radici ebraiche del Monte del Tempio”. Bisogna “lavorare affinché l’Unesco faccia l’Unesco. Non c’è dubbio – ha detto Gentiloni – che si tratti di una delle organizzazioni Onu che ha un ruolo importante, soprattutto per noi che abbiamo molti siti patrimonio umanità. Ma non si può accettare l’idea che invece di concentrarsi sul patrimonio culturale diventi cassa di risonanza di tensioni politiche”.
Signor Sindaco, la risoluzione ritiene che tali luoghi siano sacri soltanto per la religione musulmana, approvando l’uso del solo nome arabo. Non si tratta di un incidente di percorso ma di una vera ossessione antisionista e antiebraica, da parte di un organismo internazionale che ripetutamente in passato ha manifestato atteggiamenti simili. Si tratta di un’azione di lobby perfettamente riuscita che ha, quanto meno, evidenziato come sia fondamentale intervenire sui fori internazionali come l’Unesco. Se l’Unesco tradisce l’Unesco bisognerà pure che si alzino voci per denunciare tali atteggiamenti. La negazione della storia è un comportamento che caratterizza i regimi autoritari e tutti, ognuno secondo le proprie possibilità, hanno il dovere di intervenire per denunciare e cercare di interrompere una simile prassi.
Il Comune di Ferrara è fra i Soci Fondatori dell’Associazione Beni Italiani Patrimonio Mondiale Unesco e vanta un Consigliere all’interno della stessa; ha un forte legame con la Comunità ebraica cittadina ed è giustamente orgoglioso del MEIS, Museo nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah; inoltre annualmente a Ferrara si organizza la Festa del Libro Ebraico. Per tutte queste ragioni il Comune e la città di Ferrara non possono accettare in silenzio i fatti sopra riportati e quindi la invitiamo ad assumere alcuni atti. In particolare le chiediamo:
. di adoperarsi per ottenere una convocazione dell’Associazione Beni Italiani Patrimonio Mondiale Unesco affinché si pronunci in merito ai fatti sopra descritti, denunciandoli;
. di chiedere all’assemblea elettiva di Ferrara, al Consiglio comunale, un voto di condanna su questi fatti.
Certi del suo interessamento, fin d’ora le comunichiamo che la inviteremo a relazionare su tali interventi all’interno di una pubblica iniziativa che tratterà del voto della risoluzione Unesco in oggetto.
Ferrara, 16 novembre 2016

Mario Zamorani
Pluralismo e dissenso

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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