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Da: Movimento 5 Stelle

Gentile Direttore, mi permetto di intervenire nel dibattito che si sussegue sulle pagine del suo quotidiano in merito alla crisi bancaria locale e non, e i suoi devastanti effetti sullo stato di sofferenza economica della Nazione, in relazione al fatto che gli effetti di quest’ultima a Ferrara sono sempre più evidenti e preoccupanti, dato che si “arricchisce” di una nuova spia rossa rappresentata dal numero di immobili all’asta riportato dallo Studio Sogea. Ritengo che la richiesta del Ministro riportata dagli organi di stampa: “mi serve un ragionamento corretto su come si arriva a identificare comportamenti sfortunati e scorretti che possono determinare accumulazione di debito”, meriti una risposta seria, al pari della giaculatoria preferita del Consigliere Marattin sulle responsabilità dei CDA bancari e quelle giudicate minori dei componenti del Governo. La necessità di porre un freno alla sofferenza economica dei nostri cittadini richiede uno sforzo serio e cumulativo, una presa in carico per soluzioni che siano radicali ed immediate.
Stanchi dei dibattiti che si susseguono da anni in merito e che hanno solo fatto da corredo ad un disastro annunciato. Soprattutto i rappresentanti politici dei territori, che raccolgono prima di ogni altro le istanze dei cittadini e che ne condividono le difficoltà quotidiane, sono tenuti a presentare delle proposte concrete e ad essere ascoltati. Il modello economico/sociale italiano è strutturato in funzione dei “consumi”, all’acquisto di beni e servizi offerti dal sistema produttivo, al consumatore. Conseguentemente si crea lavoro ed occupazione, quindi reddito e ricchezza, che confluiscono nel “risparmio” raccolto e gestito dalle Banche, e destinato a finanziare le imprese ed il cittadino nella produzione e nell’acquisto di altri beni e servizi. La velocità e l’efficienza di questo modello circolare “chiuso” rappresenta il grado di ricchezza del sistema economico/sociale e quindi dei cittadini. Ne conseguono tre assiomi politico/economici inderogabili. Il Consumatore è il Centro di Sviluppo dell’economia, di conseguenza, gli si deve riconoscere la Centralità nella Politica. Le Banche hanno il preciso ed esclusivo ruolo di mediare il risparmio, destinandolo a sostenere il sistema produttivo industriale, nel realizzare occupazione e ricchezza con conseguente stabilità sociale, distinguendo le stesse tra Banche di Sistema e Banche d’Affari. Gli Organi di Controllo, sono preposti alla vigilanza dell’intero modello circolare, che si realizza nella tutela del consumatore attraverso il controllo del sistema Bancario ed Industriale.

La disciplina per la tutela del consumatore

Le economie liberali ed industriali più avanzate, riconoscono il diritto alla tutela del consumatore quale elemento inderogabile e prioritario, al punto che nei paesi scandinavi è stato creato il Ministero dei mercati finanziari e tutela dei consumatori.
In altri paesi, tra cui gli USA, il consumatore in quanto “sistema” viene garantito dal Governo Federale con agenzie preposte e la tutela si realizza nella “Class Action” riconosciuta al cittadino, la quale punisce le violazioni compiute a danno dei consumatori non solo con sanzioni risarcitorie ma con ben più efficaci sanzioni “afflittive” imposte a chi viola tali diritti.
In Italia, il sistema della “Class Action”, seppur presente, è inefficace in quanto privo di strumenti idonei ad attivarla poiché, se promossa, prevede l’adesione esplicita limitando quindi l’accesso solo ed esclusivamente a coloro che informati vi aderiscono, con l’evidente limite di dovere promuovere la raccolta delle firme di adesione.

Si rende quindi necessario promuovere la costituzione di un organo neutrale, dotato di poteri d’intervento e sanzionatori afflittivi, il quale su iniziativa anche del singolo cittadino, in autonomia, ritenendola coerente, promuove l’azione di “class action” nella tutela di tutti i consumatori interessati, invertendo l’accesso al diritto risarcitorio, e cioè escludendo solo coloro che esplicitamente rinunciano.

La riforma del sistema creditizio

Attualmente, in Italia, non esiste la distinzione tra Banche di Sistema (destinate alla raccolta del risparmio e all’erogazione dei prestiti) e Banche d’Affari (destinate ad operare sui mercati finanziari).
Tale incoerenza, è stata la principale ragione del default sistemico che ha aggredito gli istituti di credito, aggravata da un modello istituzionale dei controlli tanto deficitario quanto improprio, sin dal suo vertice e cioè Banca d’Italia.
Il sistema dei controlli sulle attività finanziarie in Italia è organizzato secondo un modello “verticale” che si estrinseca sul: “chi controlla il controllore” ed al cui vertice vi è Banca d’Italia.
Banca d’Italia, avendo perso con l’entrata nell’euro il suo naturale ruolo di “istituto di emissione della moneta” e di “indirizzo monetario” è rimasta nel concreto, unicamente quale strumento dello Stato e di conseguenza del Governo in carica pro-tempore, delegato al controllo delle attività finanziarie, assicurative e del credito. Quindi Banca d’Italia è di fatto “governata” dalla forza politica al potere in quel preciso momento, la quale nomina i suoi vertici e di conseguenza, seppur indirettamente, ne detta gli indirizzi, limitandone l’indipendenza, elemento essenziale per un corretto adempimento degli obblighi e dei compiti alla quale è preposta.
Dal 1989, con la nomina di Guido Carli a Ministro del Tesoro, tutti di Governatori o Direttori Generali di Banca d’Italia sono divenuti o Ministri del Tesoro, o Premier o Presidenti della Repubblica, (ad esclusione di Antonio Fazio che si era messo in proprio e per questo, forse, è stato condannato) e si può correttamente affermare che da quasi 30 anni l’Italia è una Repubblica Governata dalle Banche.
Per mettere fine a questa clamorosa distonia, sarebbe sufficiente estendere la Legge Severino sull’incandidabilità ed ineliggibilità anche ai Governatori, Direttori Generali e Vice Direttori di Banca d’Italia, per un periodo di 5 anni dalla cessazione dell’incarico, e per scongiurare future promesse di ruoli remunerativi, anche inibendo per egual periodo l’assunzione di incarichi quali Consiglieri di Amministrazione, Direttori Generali e ruoli di controllo nelle società pubbliche e/o partecipate.

Il sistema del prestito cooperativo.

Attualmente, in Italia, assistiamo alla presenza di un modello di “raccolta del risparmio” che non ha precedenti ed esempi in Europa nella sua dimensione.
Le Cooperative, possono, con limiti e vincoli ridicoli, raccogliere risparmio presso i loro soci, tanto più grave se si pensa alla dimensione del fenomeno, oltre 1.200.000 soci prestatori, per circa 15 miliardi di euro di depositi, che ne fanno, nel concreto, una delle principali Banche Italiane, ma priva dei controlli e delle garanzie richieste ad un normale istituto di credito autorizzato.
Si consideri, altresì, come effetto secondario la grave turbativa della concorrenza, in quanto, nelle cooperative della grande distribuzione, le stesse possono accedere a finanziamenti e risorse tramite il “prestito” sociale, negato agli altri operatori del settore.

La colpevole erogazione del Credito

È ormai dato acquisito che, in molti casi, il sostegno finanziario ad un’impresa in crisi, anziché condurre ad un superamento della stessa comporta un ulteriore aggravamento con conseguenti pregiudizi sia per l’imprenditore, che assiste ad un progressivo depauperamento del proprio patrimonio, sia per i creditori, i quali subiscono una riduzione della massa attiva su cui fare valere le proprie ragioni.
In linea di principio, la responsabilità della banca per concessione abusiva del credito alle imprese, ha generato divergenze in relazione al fondamento della responsabilità del banchiere.
Nell’ordinamento francese, nell’ipotesi di concessione del credito in assenza dei relativi presupposti, viene affermata la responsabilità del banchiere nei confronti del cliente, dei creditori (in primis i depositanti) e delle altre Banche, di conseguenza è necessaria una norma di legge che riconosca la responsabilità personale e patrimoniale dei Consiglieri di amministrazione, dei dirigenti, che hanno concesso il finanziamento, attivata d’ufficio dall’organo ministeriale preposto, (ecco perché i paesi scandinavi hanno istituito il ministero specifico o gli USA delegano tale controllo indiretto alle “class action” promosse a tutela dei consumatori) e non lasciato all’iniziativa dei soci dell’istituto attraverso lo strumento inutile ed inutilizzato dell’azione di responsabilità causa della durata ingiustificata ed ingiustificabile dei processi civili.

Ilaria Morghen
Consigliere Comunale M5S Ferrara

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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