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da: Giorgio Bottoni

Gentile direttore,

 l’altro giorno alla Camera dei deputati il ferrarese, onorevole Vittorio Sgarbi è stato trasportato fuori, a braccio dai commessi d’aula, non perché le mancasse la forza di camminare sulle proprie gambe, ma per disobbedienza all’ordine di espulsione inflittogli dalla presidenza. Durante il suo intervento commemorativo del decesso prematuro di una parlamentare, ora presidente della regione Calabria, giacché parlava con la mascherina tenendola solamente sul naso, il Presidente della Camera lo invitava, come decretato dalla legislazione vigente a coprirsi anche la bocca, e anche perché lo vuole il corretto uso di questa protezione, in funzione appunto della  protezione di chi parla e anche di chi ascolta. Pratica ritenuta dagli scienziati indispensabile, particolarmente, in ambienti chiusi. Prima esibiva un certificato medico di esenzione. (avrebbe da quarantenni la rinite) un documento ritenuto non sufficiente dal Presidente. Di rimando Sgarbi lo tacciava  a microfono acceso di “fascista”. Non è la prima volta che esce dall’aula in questo modo. E’ un modo utile  anche per conquistare le prime pagine di taluni quotidiani e questo lo ottiene anche con fare di sfida, esibendo il radunando attorno un tavolo di un ristorante, altri avventori, ma fuori orario. Una poco onorevole sfida col Coronavirus, ed anche della propria salute e di quella altrui, nonché delle stesse disposizioni dei Dpcm.

Infine mi sia data la possibilità di  far presente al sindaco di Ferrara, che nella lettera in cui disquisisce sulla proposta avanzata dallo stesso personaggio di dedicare un luogo pubblico della nostra città a Italo Balbo. Proposta trovata interessante perché formulata da uno studioso. Sarà uno studioso, ma le sue capacità di individuare il fascista, mi sembra alquanto lacunosa. Un po’  per l’età e quindi ha avuto la fortuna di non conoscere e vivere l’epoca fascista e ora, da studioso lo indica chi non lo è. Pensate un po’. Lo indica in chi presiede una tra le più nobili istituzioni democratiche. Ma invece chi il fascismo l’ha fondato, costruito e imposto, lo vorrebbe immortalare e nascondere nel valente trasvolatore. Non essendo un ingenuo, lo fa con calcolata furbizia, ma con poco decoro della città.

Giorgio Bottoni

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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