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“Anche la migliore delle tradizioni si serve solo rinnovandola” (Vittorio Foa)

DA MONACO DI BAVIERA – Non viviamo più nel periodo del fascismo e, né in Germania né in Italia, incombe la minaccia di un ‘nuovo fascismo’. Gli avvertimenti antifascisti di Bassani perdono quindi oggi il loro significato più stretto. Il contesto attuale è, infatti, completamente diverso da quello del periodo dal dopoguerra agli anni Settanta del secolo scorso. Esistono tuttavia molti nuovi pericoli al giorno d’oggi, dai quali Giorgio Bassani ci ha messo in guardia già a suo tempo: per esempio la “depoliticizzazione della democrazia”, le forme di una nuova oligarchizzazione all’interno della democrazia, il crescere di un “regionalismo provinciale”, la commercializzazione estrema dello sviluppo urbano e del territorio ecc.

Nella lotta contro questo degrado di politica e democrazia, in breve della “società civile”, può essere utile imparare dalle esperienze di chi ci ha preceduto e confrontarle con le nuove realtà di oggi. È tuttavia possibile parlare della “eredità spirituale, politica e civile nella tradizione di Giorgio Bassani” nel contesto attuale, solo se non ci si lascia andare a qualsiasi nostalgia. A questo proposito alcune osservazioni.

“Italia Nostra” sta a cuore all’Europa intera. Il 65 % del patrimonio artistico europeo è custodito in Italia. Per questo è importante per Italia Nostra, laddove possibile, superare i confini nazionali. Per Bassani, in particolar modo negli ultimi anni del suo fervido impegno politico ed intellettuale, questo “orientamento europeo” era estremamente importante.

In una conversazione con Paolo Bonetti, pubblicata nel 1984 nella rivista politica “La Voce Repubblicana”, Bassani ha parlato a lungo della “sua Europa”. Quella conversazione, dal titolo “L’Europa della cultura e della ragione”, è stata a malapena presa in considerazione dall’opinione pubblica italiana di allora. Si tratta di una sorta di testamento civile ricco di spunti di riflessione, formulati a volte con un’idealizzazione del pensiero europeo che oggi può apparire inconsueta, ma che contiene alcuni pensieri che sembrano essere profetici:
“L’Europa è concepibile solo come un’Europa dei cittadini, nel significato storico e culturale della parola ‘cittadini’… Dobbiamo unire la cultura tecnica europea con quella umanistica e civile”.
E poi in merito al rapporto Europa – America: “Dobbiamo vedere l’America come un esempio da correggere – è più avanti di noi sulla strada dell’industrializzazione totale, anche perché è un paese semplice, meno ricco delle infinite complessità europee. Ma è il frutto nostro, l’erede della nostra cultura e della nostra tradizione… Tutti, americani ed europei, siamo nati qua, da questa parte dell’Atlantico, ma noi siamo più vicini alle radici, che sono anche loro. Difendere queste radici dalla barbarie di un mondo che considera l’uomo come un semplice oggetto da consumare, è il nostro compito comune”.

Anche se Bassani si è sempre distanziato dalla cultura del ’68, c’è sempre stata una certa vicinanza con alcuni dei pensatori di questo movimento di protesta, per esempio con Herbert Marcuse, la cui opera principale si intitola L’uomo a una dimensione.

Bassani rappresentava un “regionalismo estremamente moderno, ovvero un regionalismo civile e non popolare” (Pasolini). I suoi romanzi, ma anche le sue posizioni civili, sono fortemente radicate a livello regionale (“nel Ferrarese”), ma non sono mai solo “regionalistiche”, o “localistiche”. “Volevo essere realista ma non provinciale”. Sin dall’inizio Bassani si considerava anche un “cittadino di cultura europea”, se non addirittura “un cittadino del mondo”. Bassani, forse inconsapevolmente, ha anticipato l’epoca odierna della globalizzazione. Naturalmente non ne poteva prevedere le conseguenze sociali e culturali, soprattutto i movimenti migratori di massa, ma sicuramente non si sarebbe mai schierato dalla parte del regionalismo aggressivo, provinciale e nostalgico, sostenuto oggi per esempio dalla Lega Nord, ma anche in numerosi paesi europei. Giorgio Bassani ha potuto sostenere la sua opinione in maniera molto chiara, non cadendo tuttavia mai in eccessi populistici. “Civiltà e Cultura” erano i valori centrali nella corrispondenza fra Thomas Mann e Benedetto Croce. Questi restano un leitmotiv anche nell’opera di Bassani che era un grande ammiratore sia di Mann che di Croce.

“Fare della politica ma non farla”. Bassani ha così descritto una volta il suo rapporto con l’impegno politico: “Si deve fare della politica ma non farla”. Oggi si parla molto della crisi dei partiti e della democrazia rappresentativa. Allo stesso tempo però si riscontra, soprattutto tra alcuni esponenti delle generazioni più giovani, un maggiore interesse per l’impegno civile e la responsabilità globale al di fuori di partiti e associazioni tradizionali. Paul Valery a sua volta ha detto che “la politica è l’arte di impedire che la gente si interessi di ciò che li riguarda”. Sia in Italia che anche in Germania vige oggi una forte “disaffezione nei confronti dei partiti politici”, ma questo non equivale a una “stanchezza nei confronti della politica”. Non si può parlare di “antipolitica”, ma di ricerca di altre forme di partecipazione a processi decisionali, le cui conseguenze oggi non hanno più dimensioni solo locali, bensì quasi sempre anche regionali o addirittura globali. Volendo esprimere lo stesso concetto in maniera più accorata: per molti “Italia Nostra” non è più sufficiente. Per loro sarebbe più corretto parlare de “Il Mondo Nostro”, pensiamo ad esempio al grande interesse suscitato da un festival come l’Internazionale a Ferrara. “Si deve fare della politica ma non farla” potrebbe essere il leitmotiv di questo nuovo interesse politico freddo e scettico verso i vecchi partiti ma curioso verso un nuovo modo di trovare concetti e strutture di una nuova vita sociale e contro la “indifferenza globale” (Papa Francesco ).

Per far comprendere veramente ciò che lo ha mosso, sia nelle sue opere letterarie che nel suo impegno civile, Giorgio Bassani, nella conversazione con Paolo Bonetti sull’Europa, invita chiaramente e senza alcuna retorica alla lettura delle sue Storie Ferraresi: “Lo spirito insieme ebraico e cristiano è ben presente nel mio Romanzo di Ferrara… In questo libro c’è il mio messaggio all’Europa, il senso profondo del mio impegno morale e civile”.

Questa tradizione “di impegno morale e civile” viene poi ripresa dall’olandese Rob Riemen nel suo libro, pubblicato da Rizzoli, Nobiltà di spirito. Elogio di una virtù perduta. A fare da introduzione una citazione dai Giardini dei Finzi-Contini: “Nella vita se uno vuol capire, capire sul serio, come stanno le cose di questo mondo, deve morire almeno una volta. E allora, dato che la legge è questa, meglio morire da giovani, quando uno ha ancora tanto tempo davanti a sé per tirarsi su e risuscitare”.

L’istituto Nexus (con sede a Tilburg, nei Paesi Bassi) cerca da anni, così come fecero Thomas Mann e Giorgio Bassani, di dare una nuova voce alla “nobiltà dello spirito” (attraverso conferenze, network internazionali di intellettuali ecc.). Gli ideali per cui hanno combattuto Thomas Mann e Giorgio Bassani, Hannah Arendt e Norberto Bobbio, vanno però sempre adattati alle nuove realtà. “Se si vuole rimanere fedeli ai propri ideali”, scrive Rob Riemen, “si deve essere aperti al cambiamento delle forme”. Una dichiarazione che sicuramente anche Giorgio Bassani avrebbe sottoscritto.

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Carl Wilhelm Macke

È nato nel 1950 a Cloppenburg in Bassa Sassonia nel nord-ovest della Germania. Oggi vive a Monaco di Baviera e il piu possibile anche a Ferrara. Lavora come scrittore e giornalista. E’ Segretario generale della rete globale “Giornalisti aiutano Giornalisti (www.journalistenhelfen.org) in zone di guerra e di crisi, e curatore dell’antologia “Bologna e l’Emilia Romagna”, Berlino, 2009. Amante della pianura.

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Caro lettore

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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