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di Maria Paola Forlani

Non è possibile isolare la Pinacoteca Nazionale dalla sua sede storica, il palazzo dei Diamanti, esemplare dimora principesca del Rinascimento italiano e immancabile punto di riferimento per tutta l’architettura tardo quattrocentesca.
Il palazzo sorge all’incrocio fra la vecchia via degli Angeli (l’attuale corso Ercole I) e la via dei Prioni (oggi corso Biagio Rossetti), nella parte moderna della città voluta da Ercole I d’Este alla fine del Quattrocento.

Nel 1842 il Comune di Ferrara acquistò dagli eredi della famiglia Villani il palazzo dei Diamanti per sistemarvi la Pinacoteca, costituita sei anni prima, e l’Ateneo Civico. Da quel momento le sorti del patrimonio artistico cittadino furono legate a questo edificio, divenuto per la cultura locale una sorta di simbolo della signoria estense, considerata l’età dell’oro di Ferrara, in contrapposizione ai secoli della dominazione pontificia. Se tale scelta era in effetti giustificata dall’importanza architettonica e urbanistica del palazzo, episodio centrale dell’Addizione Erculea, è singolare osservare che l’edificio si trovò anche al centro dell’estrema vicenda estense a Ferrara. Infatti, a partire dal 1586 il palazzo fu residenza di Cesare d’Este, cugino del duca Alfonso II e suo successore a causa della mancanza di eredi diretti, che in seguito alla devoluzione di Ferrara al papa nel 1598 dovette abbandonare la capitale del ducato e trasferire la corte a Modena. La documentazione relativa a questi anni ci informa con una certa puntualità sui cospicui lavori di decorazione intrapresi da Cesare, che fanno seguito a un trentennio nel quale il palazzo era appartenuto al cardinale Luigi, quasi sempre assente da Ferrara.
Fu proprio alla morte del cardinale (nel 1586) che Cesare ereditò il palazzo, nel quale andò ad abitare insieme alla moglie Virginia de’ Medici, figlia di Cosimo I e di Camilla Martelli, che sposò a Firenze nel febbraio dello stesso anno. Al ritorno a Ferrara il matrimonio fu festeggiato proprio a palazzo dei Diamanti con un torneo a piedi nella sala grande e corte bandita per otto giorni.

Il palazzo, pur avendo subito manomissioni nel corso della sua storia, conserva fortunatamente ampie tracce delle decorazioni commissionate da Cesare. Al piano nobile dell’edificio, dove si snoda il percorso della Pinacoteca Nazionale, sono riconoscibili alcuni ambienti di cui i documenti ci danno notizia. In particolare si conserva l’ampio salone che fu teatro dei festeggiamenti per il matrimonio di Cesare, in cui sono esposti affreschi staccati da alcune chiese ferraresi.
La straordinaria carpenteria del soffitto, un cassettonato risalente alla seconda metà del XVI secolo, è pressoché unica per le sue dimensioni.

Le due porte che si aprono sulla parete sud del salone immettono nell’ala della Pinacoteca in cui sono esposte opere del Cinquecento, prevalentemente di scuola ferrarese. I primi tre ambienti di questa ala, che si affaccia su corso Rossetti, costituivano l’appartamento di Virginia de Medici.
Vi si conserva parte della decorazione realizzata negli anni di Cesare: ciascun ambiente reca un ricco cassettonato e un fregio in parete con ornati a grottesche. Gli sfondati del soffitto delle prime due stanze furono privati già in antico dei dipinti che vi erano inseriti.
Queste sale si sono riaperte dopo lungo lavoro di restauro e si presentano al visitatore in un allestimento più moderno, con nuovi colori alle pareti e una diversa disposizione delle opere.
La riapertura delle sale chiude un cantiere durato più di quattro anni e passato attraverso diverse fasi. All’indomani del terremoto del maggio 2012, per permettere il risarcimento delle grandi lesioni prodottesi nella parete cui è addossato il polittico Constabili, è stato necessario smontare l’imponente pala d’altare. Oltre a permettere nuove indagini sull’opera, i cui risultati sono stati esposti in una mostra, l’intervento ha permesso di collocare all’interno di una struttura posta alle spalle del polittico la centrale di un nuovo impianto di condizionamento e riscaldamento in grado di assicurare il rispetto dei moderni standard conservativi museali nelle cinque sale dell’ala del palazzo affacciatesi su corso Biagio Rossetti.
Una terza fase dei lavori avviati nel febbraio 2015 grazie a un cospicuo finanziamento del MiBACT, ha permesso il rinnovamento delle strutture tecnologiche di questa sezione della Pinacoteca e in particolare dell’impianto d’illuminazione, e di procedere a un completo riallestimento delle collezioni, dopo aver tinteggiato le pareti e rimodernato le sale eliminando il disturbo estetico provocato da interventi ormai obsoleti. Il controsoffitto della sala Costabili, concepito negli anni Sessanta dall’architetto Pancaldi, è stato parzialmente ripristinato e adeguato alle moderne tecnologie di aerazione e illuministica e ora permette di combinare un’illuminazione zenitale diffusa con una specificatamente dedicata a ciascuno dei preziosissimi dipinti esposti in sala.

Il percorso di visita culmina con il grandioso polittico dipinto da Garofalo e Dosso per Antonio Costabili, complesso cantiere artistico le cui fasi e la cui interpretazione simbolica sono ancora dibattute dalla critica. La sala si presenta ora al visitatore interamente ripensata per offrire nuove letture e nuovi confronti fra le opere dei due maggiori pittori del Rinascimento estense. Essa è anticipata da un piccolo ambiente in cui sono affiancate opere eseguite dai due artisti prima e dopo il lavoro comune al polittico e si prospetta al pubblico il problema critico della fase giovanile dell’attività di Dosso, grazie all’esposizione della tavola raffigurante Il banchetto di Erode, recentemente acquistato dal MiBACT per la Pinacoteca ferrarese.

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

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