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di Eleonora Rossi

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“Non vogliamo fermare la ricerca. Vogliamo promuovere una ricerca che protegga e rispetti tutte le forme di vita”, spiega Gianmarco Prampolini, presidente nazionale Leal, Lega Antivivisezionista, impegnata da 40 anni per una ricerca senza animali.
Il convegno nazionale “Perché è giunto il tramonto della sperimentazione animale” è il biglietto da visita della nuova sezione Leal di Ferrara (www.leal.it).
L’8 ottobre 2016 il Palazzo della Racchetta ha ospitato un’intera giornata di studi, aperta a tutti i cittadini, con oltre 70 partecipanti, organizzato da Leal Ferrara insieme a Riscatto Animale. Nei diversi interventi sono stati messi a confronto “gli aspetti scientifici, etici, giuridici e legislativi della sperimentazione animale”. Il convegno è stato pensato per approfondire questi aspetti con le autorità, le istituzioni e gli istituti di ricerca universitari.
“Abbiamo inaugurato la sezione ferrarese con un evento importante – prosegue Prampolini – che ci offre l’opportunità di entrare nel tessuto sociale della città, abbiamo invitato le istituzioni per avviare un dialogo e vorremmo entrare in contatto con le biblioteche per diffondere le nostre pubblicazioni scientifiche. La sensibilità nei confronti degli animali è diffusa, ma c’è molto ancora da fare per cambiare la mentalità e non lasciare più spazio alle strumentalizzazioni”.

“Un convegno per aprire le coscienze”, lo definisce Stefania Corradini, responsabile della sezione Leal di Ferrara dal 4 luglio 2016, attivista e volontaria; sue collaboratrici Beata Stawicka e Anna Barbieri, moderatrice del convegno. Per Stefania Corradini “molti non conoscono il problema. Ma non è semplice farsi ascoltare e scuotere l’indifferenza”. Da qui l’esigenza dei volontari di una giornata di riflessioni e analisi, dati e video alla mano, “per dimostrare come l’abbandono della sperimentazione animale non sia soltanto possibile, ma doveroso. Esiste una ricerca che non fa uso di animali ormai consolidata, scientificamente valida, innovativa ed etica, per la quale Leal e Riscatto Animale chiedono sostegno e implementazione”.

Dopo un’introduzione di Gianmarco Prampolini e Claudia Corsini, presidente di Riscatto Animale, la mattinata ha visto l’intervento di Bruna Annamaria Monami, vicepresidente LEAL, che ha illustrato “Il valore dell’etica nel tempo della Sperimentazione Animale”, evidenziando la “contrapposizione tra i termini ‘vivisezione’ e ‘sperimentazione’, sottolineando l’“urgenza di un cambiamento che metta d’accordo etica e scienza e protegga ogni forma di vita”. La Monami ha lanciato un appello “perché nessuno dimentichi mai quello che succede ogni giorno nei laboratori di tutto il mondo”.
Yuri Bautta, responsabile del settore Vivisezione di Lav Modena, ha portato la sua testimonianza: “I Macachi di Modena: una battaglia vinta”. Attraverso un’azione diplomatica durata anni, con manifestazioni, banchetti informativi, raccolta di firme, flash mob e un tavolo di confronto che ha coinvolto gli amministratori, i cittadini e la stampa, si è riusciti ad affermare una prospettiva diversa: “La nostra proposta è stata quella del superamento degli esperimenti sui primati. Alla fine di questa battaglia, nella primavera del 2015 l’Università si è arresa, accettando la chiusura dell’esperimento e la cessione di tutta la colonia di Macachi”.
Oriano Perata, dirigente medico di Chirurgia Generale dell’ospedale Santa Corona-Pietra Ligure si è soffermato sui “Test su animali in chirurgia”: “Le esercitazioni chirurgiche su animali non umani sono inutili, dannose e fuorvianti per la formazione dei chirurghi – ha osservato Perata -. Le reazioni degli animali non umani sono diverse e quindi prive di predittività per la specie umana. Abissali le differenze anatomiche, le complicanze intra e perioperatorie, differente la fisiologia e la fisiopatologia d’organo e sistematica tra gli animali e l’uomo. Fondamentali per la formazione dei chirurghi le esercitazioni su cadavere umano specie se inserito in un sistema di Cec, un sistema di Circolazione Extra-Corporea, che sostanzialmente riproduce le condizioni operative in vivo”. Ha riportato l’esempio del “Progetto Penco BioScience ONG” che prevede si possa studiare e testare su cellule e tessuti umani, e non su animali, per una ricerca dedicata alla specie umana”. La biologa Susanna Penco, ricercatrice all’Università di Genova, obiettrice di coscienza, ha apportato il suo contributo via Skype.
Marco Mamone Capria – matematico ed epistemologo dell’Università di Perugia e presidente della Fondazione Hans Ruesch -: nel suo intervento “Come (non) è finita l’iniziativa Stop Vivisection” ha descritto alcuni aspetti di tale iniziativa “nel contesto della critica della ricerca biomedica degli ultimi decenni, sottolineando alcuni insegnamenti che se ne possono trarre sul rapporto tra cittadini, associazioni e governi”. 
 L’avvocato David Zanforlini, del Foro di Ferrara e presidente nazionale dei Centri di azione giuridica di Legambiente, ha sviluppato il tema “Forse che gli animali hanno diritti?” attraverso un excursus legislativo dal Codice Civile al Codice della Strada, passando per il Trattato di Lisbona e la Costituzione, per arrivare ad affermare che “nel momento in cui si riconosce la qualifica di ‘essere senziente’ ad una forma di vita animata e se ne dichiari la tutela del suo benessere, cioè il suo diritto a stare bene, questo soggetto diventa titolare del diritto di vedere rispettata la sua sensibilità, a fronte del nostro dovere di rispettare gli animali non umani”.
Ha chiuso il convegno Paolo Bernini, onorevole del Movimento 5 Stelle; nel suo intervento: “La politica delle gabbie vuote e dei metodi sostitutivi” ha riportato i motivi dei “no” alla ricerca sperimentale sugli animali, la sua “pericolosità per l’uomo”, descrivendo “qual è la posizione della bioetica” e richiedendo “l’implementazione dei metodi sostitutivi alla sperimentazione animale”; pur “NON sostituendo la sperimentazione, obiettivo al quale dobbiamo puntare non solo per ragioni etiche, ma soprattutto per il vero progresso della scienza medica”.
Leal ha sostenuto Stop Vivisection e dal 1981 finanzia borse di studio per una ricerca con metodi sostitutivi. Ma “i metodi sostitutivi non godono di sufficienti sussidi che permetterebbero uno sviluppo tale da eliminare la vivisezione”.

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“Lo scopo dell’intero movimento di cui faccio parte dal 1975 è educare la popolazione: non si possono cambiare le cose se l’opinione comune è che gli animali servano per la ricerca e l’alimentazione”, ha spiegato Bruno Fedi, professore di Urologia, primario anatomopatologo, referente scientifico di Leal. “Credo senza presunzione di aver dato una svolta in senso scientifico al movimento animalista, con osservazioni genetiche e di tipo evoluzionista, oltrepassando l’interpretazione pietista e filosofica. La società deve totalmente cambiare prospettiva, adottando il punto di vista scientifico e globale”. Nel suo intervento “Vivisezione, Animalismo e Società” il professor Fedi ha sottolineato la necessità di una svolta anche in senso sociale, auspicando il superamento del principio “antropocentrico”, che vede l’uomo “misura di tutte le cose”.
“Questo principio ha generato una società competitiva, che è stata importante per il nostro successo biologico (insieme all’empatia), ma, attualmente, ci sta portando ad un mondo invivibile, al suicidio climatico. Dobbiamo sostituire i principi fossili ancestrali ed edificare una società che superi il sessismo, il razzismo, lo ‘specismo’. Non la società competitiva, ma la società fraterna”.

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Redazione di Periscopio


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Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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