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Da: Organizzatori

Domenica 10 febbraio

Ore 17

Presso la storica sala dell’Oratorio San Crispino

Libreria Ibs+Libraccio di Ferrara

In Collaborazione con Arcigay Ferrara

Camilla Vivian

Presenta

“Mio figlio in rosa

“ti senti maschio o femmina?” “io mi sento io!”

(Manni)

Dialoga con l’autrice Federica Caracciolo

Camilla ha 46 anni, vive con tre figli dai 14 agli 8 anni e un cane. La sua è una famiglia “normale”, con la particolarità che Federico, il secondogenito, biologicamente maschio, fin da quando ha un anno e mezzo ha manifestato il desiderio e l’esigenza di essere (anche) una bambina: vuole indossare gonne e abiti rosa e sbrilluccichini, preferisce la compagnia di amiche femmine, nei giochi si identifica con le fatine e non con Spider-Man. E Camilla ha deciso di non ostacolarlo, di mettersi in ascolto, di assecondarlo. Perché così Federico è più felice. Ha iniziato a documentarsi, a leggere, a trovare in Internet delle storie simili alla sua. Ha scoperto che esiste la disforia di genere, ed esistono i bambini transgender, quelli gender fluid, quelli gender smoothie, i non binari, e altri ancora. Esistono insomma molte strade in cui si incanalano gli sviluppi atipia dell’identità di genere, e Federico percorre la sua. Con determinazione e delicatezza, e una buona dose di ironia, Camilla racconta la storia di Federico, 9 anni, bambino sereno e consapevole, con i capelli lunghi e lo smalto rosa. Racconta la quotidianità della sua famiglia, con la scuola e la piscina, la spesa dal salumiere, le festicciole di compleanno, le pressioni del contesto sociale. Racconta i propri dubbi e timori, il suo continuo interrogarsi e cercare di comprendere. È tutto alquanto complicato, ma di una cosa Camilla è certa: non è la persona non conforme che deve adeguarsi, non sono i genitori a dovere ‘accordare’ il figlio per proteggerlo, ma sono gli altri che devono imparare a conoscere, capire e accogliere.

Mi chiamo Camilla e vivo a Firenze. Il mio blog Mio Figlio in Rosa nasce dalla necessità mia e dei miei figli di condividere la nostra esperienza. Siamo una famiglia normale, ricca di fantasia e di animali da compagnia, a cui piace leggere e viaggiare e giocare e passeggiare in montagna.

Nulla di più normale se non fosse per il mio secondogenito che vorrebbe essere (anche) una bambina pur essendo biologicamente maschio. Accettato fin da subito per quello che è, perché nessuno di noi ci ha mai visto nulla di male, io, da madre, notando la costanza, la forza e la determinazione delle sue idee, ho iniziato a domandarmi se i suoi gusti potessero nascondere qualcosa di più. Così negli anni, leggendo e studiando e confrontandomi con famiglie all’estero, sono entrata nel mondo della fluidità di genere, della disforia di genere, della transessualità, del queer, di ogni sfaccettatura dell’identità di genere. Un mondo, in Italia, in gran parte sconosciuto e molto ostacolato. Riconosciuto quasi come selvaggio e diabolico.

Non vedendo nulla di diabolico né di selvaggio in mio figlio, se non quando si arrampica su per i muri a mo’ di scimmia, ho creduto necessario condividere la nostra normalità e allo stesso tempo passare ad altri le informazioni che a me sono state e sono utili per stare vicina ai miei figli. Parlo dei miei figli al plurale perché chi vive una condizione atipica sa che l’intero nucleo famigliare ne viene coinvolto. Mio figlio in rosa non è l’unico a doversi giustificare perché si veste di rosa o gioca con le fatine.

Deve giustificarsi anche il piccolo e anche la grande, perché hanno un fratello COSI’.

E devo giustificarmi io, madre degenere, che espone il proprio figlio a critiche e disappunto non imponendogli un bel punto di blu. Ecco io vorrei far capire che dobbiamo invertire il paradigma: non è la persona non conforme che deve adeguarsi per proteggersi, non sono io madre che devo conformare mio figlio altrimenti lo espongo a sofferenza certa ma sono gli altri che devono imparare a conoscere, capire ed accettare.

Bisogna capire che la normalità non esiste e che la diversità, intesa come varietà, è la vera ricchezza del genere umano. Spero che la nostra storia possa aiutare qualcuno e spero che le informazioni passate possano aiutare a fare un po’ di chiarezza. E spero di conoscere tanti, fantastici bambini/e come mio figlio in rosa!

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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