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11 Gennaio 2014

Limerick e la decrescita infelice

Tempo di lettura: 4 minuti


irlanda

DUBLINO – Happy new year Ireland. Giornate grigie che finiscono in un attimo, nuvole basse, pioggia e flooding alerts. Tempo per starsene a casa, annoiarsi su internet, al limite chiacchierare davanti alla stufa in un pub, una buona stout in mano. I banshee e il loro lamento sono solo leggende ma non si sai mai, e fuori dalla città sai che ti aspetta l’inverno irlandese. Panorami da cartolina in questa stagione cambiano faccia, diventano colline sassose e campi battuti dal vento. Il verde dell’isola di smeraldo assume toni scuri. Foschia e vegetazione che non cresce oltre il metro, as nature intended.
Giornata ideale per una gita fuori porta quindi, e la N20 che da Cork ti porta a Limerick a gennaio più che una promessa sembra una minaccia: 98km che tagliano l’Irlanda rurale, la food valley locale del burro, del latte, dei salumi e formaggi. Strada a “scorrimento veloce” che collega i grossi centri agricoli di Mallow e Charleville, in altri punti si restinge su una corsia. Sterpaglie e cottages a bordo strada. Tempo di percorrenza indefinito. Dipende dal traffico ed anche un po’ dal culo: se ti trovi davanti un trattore o un calessino stile tris condotto da un paio di ragazzini – si entra nelle midlands, le zone dei Tinkers, i gitani Irelandesi, e tutto e possibile – sit back and relax. Potresti averne per un po’.

La voce di Dolores O’Riordan, cantante dei Cranberries, è la musica ideale per accompagnarti in questo viaggio. Ode to my family il pezzo forte (ascolta). Le immagini quelle di Angela Ashes, per chi ha visto il film, tratto dal romanzo autobiografico di Frank McCourt. Entrambi di Limerick. Più o meno. Sicuramente più attuali che mai.
Perché non si arriva in un posto facile facile. Sei nelle Midlands, e qui la crisi ha colpito pesante. Ne vedi gli effetti reali. Limerick, terza citta’ della repubblica, 90.000 anime circa sulle sponde del fiume Shannon, si ritrova una percentale di disoccupazione attorno al 23%, il tasso di abbandono scolastico più alto d’Irlanda e quartieri popolari realmente degradati e no-go come la nota area di Moyross.

Come se tutto ciò non bastasse il colpo di grazia alla città ha provato a darlo Dell Computer nel 2008. E ci sono quasi riusciti. Riorganizzazione e trasferimento della produzione, 1900 dipendenti a casa. Goodbye and Good luck. L’indotto locale che viene giù come un domino. Non pochi negozi del centro abbassano le saracinesche. Tutto un fiorire di cartelli for rent e for sale. Tiene botta la grande distribuzione anonima. Grandi magazzini tra angoli di città che ricordano l’America delle grande depressione. Alberghi di lusso per americani e beggars per la strada. Il settore edilizio che si ferma, con esso I progetti di rinnovo della città. Decrescita decisamente infelice.
Uno spaccato di Irlanda contemporanea, ed una città che nonostante tutto mantiene una bellezza dura, un rapporto inscindibile col fiume Shannon. Proprio su un isolotto dell’estuario nasce e si sviluppa attorno all’800 il primo nucleo urbano di origine vichinga, successivamente passato sotto controllo Inglese , dove sorge l’imponente King Johns Castle fatto costruire nel 1200 da Giovanni Senzaterra. Non a caso l’area viene chimata Englishtown. A cento metri di distanza l’altrettanto grande ed antica St. Mary Cathedral. Il diavolo e l’acqua santa fianco a fianco. Sull’altro lato del fiume Georges quay. Ristorantini e bars, tavolini all’aperto, le poche vie del centro rinnovate con negozi e attività salvatesi dal disastro economico (l’area di Irishtown). Nemmeno 10 minuti a piedi e ti ritrovi nelle zona di Newtown Pery – che assieme a Englishtown e Irishtown forma il centro cittadino – tra quello che rimane degli imponenti edifici georgiani che caratterizzavano la città ad inizio ‘800. Le strade sono quelle di Mallow street, O’Connell street, Pery street, The Crescent. Specchio di una grandezza passata, di quando il porto sullo Shannon era tra i piu importanti dell’Isola, commercio febbrile e navi che esportavano senza sosta i prodotti della food valley.

Come nel romanzo di Frank McCourt, dove la lista dei debitori della strozzina viene gettata e cancellata nelle acque dello Shannon, mi piace vedere il lato positivo di questa città. In particolare il panorama artistico vibrante e sempre in evoluzione, Limerick rimane sede dell’Irish Chamber Orchestra, dell’Irish World Music Centre, dell’Hunt Museum e Belltable Arts Centre. Nominata City of Culture per il 2014 vi è un calendario ricco di attività ed eventi (vedi). Ed accanto a spazi istituzionali non è raro vedere sottoscala di palazzi che diventano spazi espositivi per designer e giovani artisti. Voglia di sfidare la crisi e riemergere, come e dove si può. Chissà, forse senza troppe polemiche su permessi ed autorizzazioni varie.
A gennaio fa buio presto. E ora di rientrare. Un gruppo di ragazzi in tuta ti chiede una Fag (sigaretta). Meglio dargliene due con un sorriso in faccia, cosi tanto per non correre rischi. Dall’aeroporto internazionale di Shannon arriverà l’ennesima comitiva di yankees in cerca delle loro radici. Per loro percorso differente: Hilton Hotel, Bunratty Castle e ricostruzioni storiche con uomini in calzamaglia 365 giorni all’anno, gita ai laghetti di Killarney. Atmosfere alla Walt Disney. Le luci della città si accendono, riflettono nel fiume i nuovi palazzi di vetro venuti su come I funghi negli anni del boom. Guai a farsi mancare il proprio Palazzo degli Specchi, anche qui competizione tra città per vedere chi c’e l’ha più lungo. Luci che promettono una notte tipicamente Irish di birre e danze, mentre lo Shannon ti scompare alle spalle e torni a casa sulle note dei Cranberries.

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Vittorio Sandri

Vittorio Sandri, nato e cresciuto a Ferrara, si e’ diplomato al Liceo Ariosto della città estense, al quale ha fatto seguito un percorso di studi in scienze politiche iniziato presso l’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna e proseguito a Parigi presso l’Institut d’Etudes Politiques (Sciences Po) con l’ottenimento del Diplôme du programme international e terminato con il successivo conseguimento della Maîtrise en science politique all’ Université Paris Nanterre. L’autore ha trascorso lunghi perriodi in Europa tra Spagna, Francia e Inghilterra. Tutt’ora vive e lavora all’estero anche se considera la citta della metafisica, immutabile nella sua bellezza, un porto senza mare nel quale e’ sempre possibile fare ritorno.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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