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Noi occidentali siamo proprio fortunati! Sappiamo che la Russia è l’impero del male e che, quindi, nulla dalla Russia può venire che non sia menzogna. Pensate che disastro, se non fosse così… (Fulvio Scaglione, Famiglia Cristiana, 3/12/2015)

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MOSCA – Finalmente. Finalmente una voce fuori dal coro. Qualcuno che riconosce che oltre l’ex cortina di ferro, che oggi pare quasi riprendere forma, non è tutto poi così sbagliato. Qualcuno che vede oltre, che ragiona, che pone nuove domande e nuove risposte.

Quella cortina, termine usato per la prima volta da Winston Churchill in un discorso tenuto il 5 marzo 1946 a Fulton, nel Missouri, oggi aleggia nuovamente come un vecchio fantasma risvegliato da un lungo sonno agitato, per volontà di chi vuole trovare un nemico a tutti i costi. E che oggi è un altro, anzi sono altri, violenza, guerre, armi, esseri umani in fuga, disperazione, povertà, incomprensione, incomunicabilità, insicurezza, paura, terrore.

Ci è sempre stato insegnato che a est c’era l’impero del male, quasi una parte di mondo dominata dal temuto Dart Fener di Guerre Stellari, il luogo del vuoto, del grigio, abitato da una storia marginale o che per lo meno non ci dovesse troppo interessare. Qualcuno crede ancora che qui si nasconda Anakin Skywalker, ossia l’oscuro Sith Dart Fener?

La Russia, questa sconosciuta. Un paese, come diceva Fedor Ivanovic Tjutcev (1803-1873) che “non si intende con il senno, / né la misura col comune metro: / la Russia è fatta a modo suo, / in essa si può credere soltanto”. Nulla di più vero, di più attuale. Credetemi.

P1060859Da non esperti di politica internazionale quali siamo, non intendiamo avventurarci in analisi e opinioni che sarebbero superficiali ed emozionali. Ognuno è poi libero di pensare. E questa libertà bisogna guadagnarsela, alla storia dell’uomo di cui si fa (piccola) parte si deve il diritto di cercare di capire, bisogna pensare, ragionare, analizzare, non lasciarsi trascinare da stampa e informazioni spesso non obiettive. È molti di noi sanno il perché. Propaganda, se ne legge tanta, soprattutto quando si vive, anche se per poco, aldilà di quella cortina, quando giunti in Russia con una quasi totale ignoranza del paese, se ne scoprono lati chiari e trasparenti, una storia comune negli ideali e nell’arte, un gemellaggio in un bello che costruiva palazzi e cultura. Italia e Russia hanno a lungo fatto parte di una vita culturale che le vedeva a braccetto, dagli architetti del Cremlino a quelli dell’Ermitage. Nei balletti ci sono le punte di Maria Taglioni, i palazzi e i cortili parlano italiano. La gente è operosa, eredi di quegli udarnik che abbiamo avuto anche noi nelle fabbriche degli anni Cinquanta che cercavano di dare energia a un paese distrutto dalla guerra. Quegli stessi lavoratori che con energia volevano costruire un futuro, rivendicando i propri diritti e guadagnando i propri spazi.

I russi sono forti, non solo per il loro dover sopravvivere a inverni rigidissimi, che sicuramente ne forgia corpo e carattere, ma hanno coraggio, sono uniti, legati alla Madre Patria, hanno ancora i valori di un popolo. Quelli che noi non abbiamo più, che molti hanno dimenticato. Hanno la memoria, quella della Vittoria sul nazismo, quelli dei giovani che ricordano i nonni caduti per la libertà, quella del passato, della loro storia.

P1090535Ognuno ha un veterano in casa, una bandiera, un vessillo, una fotografia, una medaglia, una lettera stropicciata dal fronte, ognuno lo ricorda quell’anziano combattente, i nostri nipoti non sanno nemmeno più cosa quel momento abbia significato per il nostro Paese. In Russia c’è arte, ovunque, ci sono rispetto, voglia di crescere, di uscire da un isolamento storico. Talora c’è nostalgia, ancora più grande di quella di Tarkovsky, più struggente e disperata. Più intensa.

Si approda qui sapendo poco di un così grande paese, anche chi ha studiato nei licei più importanti e prestigiosi, ha trovato poco sui libri di storia, qualche cenno, qualche pagina dedicata agli Zar e alla rivoluzione d’Ottobre, poco sull’assedio di Stalingrado e su cosa abbia significato quella tenace ed eroica resistenza, dall’8 settembre 1941 al 18 gennaio 1944. Molto su grigio e sospetto, immagini di spie veicolate da superficiali e animati film d’oltreoceano. Ripeto, con questo non voglio sottovalutare gli episodi grigi e oscuri della storia di questo paese, il periodo delle purghe o degli errori che molti regimi totalitari hanno perpetrato. Ogni Paese ha la sua croce. Voglio solo far cadere quel velo di demonizzazione che ha avvolto la Russia per tanto tempo, un velo che molti continuano a volte mantenere, voglio solo aprire una tenda, uno spiraglio da cui provare a vedere diversamente, sotto e da un altro angolo, spezzare una lancia a favore del bello che si trova qui, di quanto ancora ci sia da sapere e da scoprire. Perché qui ci sono creatività, speranza, istinto, volontà, movimento, cambiamento. Perché l’Impero del Male è altrove.

A proposito…

8 Marzo 1983: Il presidente statunitense Ronald Reagan definisce l’Unione Sovietica l’Impero del Male. Lo fa a Orlando in un discorso davanti all’Associazione Evangelica Nazionale. Lo slogan, caro agli ambienti conservatori, s’inquadra nella politica reaganiana di fronteggiamento diretto del comunismo con l’inasprimento della guerra fredda e l’abbandono dei processi di distensione. Da questo momento si intensifica la retorica antisovietica e si allarga il divario fra le superpotenze. (Vedi il video di RaiStoria)

 

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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