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Da ufficio stampa MoVimento5Stelle Ferrara

Ieri, domenica 11 febbraio, è uscito sul periodico L’Espresso un’inchiesta sulla crisi che attanaglia la Città di Ferrara negli ultimi anni. Un articolo forte, intenso, sul declino della provincia benestante del Nord Italia. Un degrado dettato da una situazione ambientale difficile, da una popolazione che invecchia e da un crescente disagio sociale al quale non è ancora stato posto un rimedio soddisfacente.
Ciò che ci ha colpito è stata l’analisi effettuata in merito alla povertà: al di là di confermare gli ormai assodati dati sulla grossa fetta di cittadini ferraresi poveri, il settimanale ha analizzato la gestione dei fondi ASP destinati alla povertà cittadina, alla convenzione per l’immigrazione e ai contributi erogati alla Cooperativa Camelot per questa emergenza a livello locale. Citiamo testualmente L’Espresso: “Bisogna fare qualche calcolo per verificare se l’aiuto sia davvero efficace: sette milioni e mezzo divisi 13.227 ferraresi sotto la soglia di povertà fanno 567 euro annui, cioè un euro e cinquanta centesimi al giorno. Per ogni povero residente a Ferrara, italiano o straniero che sia, il Comune stanzia l’equivalente di un biglietto dell’autobus, un quotidiano…”.
Dove avevamo già letto queste parole? In un articolo datato 8 ottobre 2017 uscito sui quotidiani locali e sul sito del Movimento 5 Stelle di Ferrara (www.movimento5stelleferrara.it/asp-la-poverta-dei-ferraresi/) che diceva: “Si valuta che la disponibilità annua teorica disponibile per ogni individuo povero è passata da 766 euro nel 2009 a 475 nel 2015 … Il comune di Ferrara, per intenderci, statisticamente spende per ogni cittadino povero l’equivalente di un caffè al giorno”. Questa è la citazione dell’indagine che noi del M5S facemmo allora, denunciando il forte disequilibrio di risorse (sempre in calo) a sfavore delle classi cittadine povere mentre venivano incrementate quelle per la gestione migranti.
“Ma l’Asp è lo stesso ente al quale la Prefettura di Ferrara affida l’assistenza sia ai profughi che chiedono asilo sia ai migranti che chiedono asilo. Il confronto può essere diretto. La cifra che lo stato rimborsa in questi casi è indicata a pagina 4 della convenzione firmata dal prefetto Michele Tortora come determinato da una direttiva ministeriale: sono 35 euro al giorno per persona. Per il 2016 l’Asp ha fatturato alla prefettura 8,490 milioni di euro per avere ospitato una media mensile di 677 richiedenti asilo” a fronte dei 7,5 per la povertà (sempre fonte L’Espresso).
Noi a ottobre scrivemmo: “la spesa per la gestione migranti di ASP ha superato la spesa complessiva per i servizi alla persona e vede tali somme incrementarsi nel 2017 all’interno della convenzione con la Prefettura che è di 35 euro al giorno per migrante in gestione”. Allora vi fu una profonda indignazione da parte della Giunta di Ferrara a questa nostra analisi, con replica della presidente ASP, la dottoressa Alvisi che bollò come errati i nostri dati, dicendo che in realtà i fondi erano stati erano incrementati e che le risorse per la povertà erano almeno il triplo di quello che noi dichiaravamo.
Oggi siamo felici di notare che un periodico come L’Espresso, che non ha sicuramente posizioni vicine al Movimento 5 Stelle (!), riporti e confermi quanto detto da noi più di sei mesi fa analizzando i documenti ufficiali della stessa Asp. Se siamo felici di averci visto giusto, lo siamo molto meno nel sapere che le risorse per i poveri ferraresi sono limitatissime ed insufficienti. Molto meno ancora, aggiungiamo, di vedere che la presidente Alvisi non conosce neanche le cifre del bilancio dell’ente che dirige e che firma ogni anno assumendosene la responsabilità civile e penale.
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Questi sono gli “esperti” del Partito Democratico. Sappiamo che ora diranno che L’Espresso sbaglia pure lui. Evidentemente a Ferrara abbiamo tutti delle “percezioni” sbagliate su criminalità, immigrazione e povertà. Speriamo che, come ad ottobre, insinuino anche oggi che L’Espresso ha assunto un atteggiamento vagamente razzista nell’accostare i poveri nostrani agli immigrati come fecero con il Movimento 5 Stelle ferrarese. Se un Dirigente e un Assessore al Bilancio comunale arrivano a conclusioni opposte a tutti gli altri, noi riteniamo, ci sia davvero da preoccuparsi su come vengono gestiti i servizi sociali per i ferraresi e forse è la ragione aggiuntiva per mandarli a casa molto presto.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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