Skip to main content

3. SEGUE – Il breve governo di centrosinistra crollò e il redivivo Berlusconi affidò nel 2008 il ministero dell’Istruzione Maria Stella Gelmini. Che la scuola italiana avesse necessità di risorse e competenze per innovarsi e portare i ragazzi italiani a livello dei loro coetanei europei, statunitensi, indiani e cinesi nel mondo globale era un’esigenza ormai nota, come soddisfarla è sempre stato un tema dibattuto e mai risolto. Così, mentre il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, con la legge n.133 del 2008, avviò una vasta operazione di razionalizzazione del sistema di istruzione tagliando soprattutto sul personale scolastico, riducendo il numero delle cattedre e ridimensionando il tempo scuola, eliminando le troppe sperimentazioni che si erano andate accumulando nel tempo in numero abnorme, il ministro Gelmini ripristinò un modello di scuola elementare obsoleto e tradizionale, rintroducendo la valutazione in voti numerici, che erano stati abrogati nel 1977, e riportando in cattedra la figura del maestro unico. Per le scuole superiori rispolverò il vecchio ordinamento che la vedeva rigidamente organizzata in quattro segmenti: i licei, l’istruzione tecnica, l’istruzione professionale e la formazione professionale. Forte le voci di protesta che si sollevarono dal mondo studentesco e da quello degli insegnanti, appoggiati dal mondo della cultura italiano, con scuole e università occupate, manifestazioni in ogni città, appelli e raccolte di firme “eccellenti”.
Al grido “Arriva l’Onda” e “Noi la crisi non la paghiamo”, un fronte organizzato smosse l’Italia dal Piemonte alla Sicilia: a Ferrara quelli dell’autunno del 2008 furono mesi di passione, la città fu colorata in più occasioni dagli striscioni di protesta degli studenti che spesso si univano in delegazione ai compagni di Bologna e Venezia, Roma. A Napoli le insegnanti del 73°circolo, per sostenere la lotta studentesca, indissero i funerali della scuola pubblica, commemorando le buone prassi dell’accoglienza, della continuità educativa, dell’uso di laboratori e del pensiero scientifico e plurimo, la biblioteca di scuola e il suo utilizzo, i progetti di accompagnamento alle diverse esigenze didattiche degli studenti, filmando la manifestazione e mettendola in rete. La protesta montò: nel novembre 2010 un gruppo di studenti universitari durante una manifestazione a palazzo Madama riuscì a rompere il blocco delle forze dell’ordine creando caos proprio dinanzi alle stanze del potere. Per la cronaca, è di questi giorni la notizia che i 19 imputati rischiano ora condanne comprese dai 6 mesi ai 2 anni e 10 mesi di reclusione, per aver turbato i senatori che, spaventati, non hanno potuto regolarmente svolgere le proprie funzioni istituzionali.

E giungiamo a noi, Ferrara 2015: sventolata come una conquista fondamentale per la crescita del Paese e osannata perché moderna è arrivata la “Buona Scuola”. Un’altra riforma. C’è da chiedersi: ma perché un’altra? Ma quando è successo che la scuola italiana sia stata riformata?
Nella sua struttura restano 5 anni di elementari e 3 di medie (pardon, scuola primaria di primo e secondo grado), con il maestro unico (detto prevalente, ma uguale nell’esercizio delle sue funzioni alla maestrina dalla penna rossa di De Amicis, nel libro “Cuore”, correva l’anno 1886) e una pletora di prof alle medie – dove si insegna educazione tecnica e si studiano le caratteristiche tecnologiche del legno, mentre il nostro mondo si muove su lastrine di atomi di silicio, dei quali nessuno ha informazioni. Per quanti riguarda le superiori c’è un ginepraio di indirizzi e possibilità ma, in fondo, siamo fermi al trittico liceo/ragioneria/istituto professionale. La scuola, buona, nuova, super-riformata è rimasta in sintesi a quella strutturata nel periodo fascista.

3. CONTINUA [Leggi]

Leggi la PRIMA  e la SECONDA PARTE

 

tag:

Ingrid Veneroso

I commenti sono chiusi.


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it