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4. SEGUE – La scuola, ‘buona’, ‘nuova’, ‘super-riformata’ in realtà è rimasta in sintesi ancorata alla struttura di quella del periodo fascista. Non sono cambiati gli strumenti a disposizione degli studenti, non sono cambiate le opportunità che la scuola dovrebbe dare ai giovani. Provate a chiedere a un coordinatore didattico di caricare i libri di testo sull’e-reader per non portare a spasso 20 chilogrammi di zaino ogni giorno. Nella maggior parte dei casi la risposta sarà che “secondo il dirigente scolastico si creerebbe un precedente inammissibile, in classe i ragazzi sarebbero tutti con il tablet in mano invece che seguire le lezioni.”. E sia, evviva il tablet se diventa un mezzo di conoscenza e approfondimento. “Evviva il tablet se, come in alcune rare scuole accade, diventa supporti multimediale per i libri di testo e una finestra sul mondo del sapere che cambia. – ha spiegato un docente di scuola media – Dentro la scuola e le sue riforme dovrebbe esserci il percorso per aiutare i ragazzi a crescere, diventare cittadini consapevoli, fornendo loro gli strumenti per analizzare, capire, sfornare idee e farle diventare futuro”.
“Quello che chiediamo è una scuola accessibile, moderna, libera, adeguata alle necessità di questo secolo. – hanno dichiarato ai giornalisti gli studenti che hanno manifestato per le strade di Ferrara sabato scorso – Invece, le riforme alla scuola per il nostro Paese sono una razionalizzazione di tempi e spese, non a favore degli utenti ma dell’economia italiana a breve termine. Per noi diventa un saccheggio”.
Eppure la Treccani dice che una riforma è “modificazione sostanziale, ma attuata con metodo non violento, di uno stato di cose, un’istituzione, un ordinamento, ecc., rispondente a varie necessità ma soprattutto a esigenze di rinnovamento e di adeguamento ai tempi, l’effetto, il risultato stesso di tale attività, cioè i cambiamenti che si sono operati, le modificazioni che si sono compiute”. Per questo gli studenti e alcuni dei loro insegnanti hanno voluto mettere ‘i puntini sulle i’. “La riforma della Buona Scuola non esiste. La legge, travestita da riforma, ha previsto l’assunzione di migliaia di lavoratori precari della scuola, ma pochi ricordano che la Corte di giustizia dell’Unione Europea, l’anno passato, aveva intimato all’Italia di procedere all’assunzione del personale scolastico con contratti a tempo determinato in ottemperanza alla direttiva 1997/70, pena la sanzione di diversi milioni di euro. – ha spiegato Mauro Presini, insegnante di Ferrara – Inoltre, essa non agisce sul sistema dell’istruzione in modo da renderlo più fruibile, accessibile anche ai ragazzi provenienti da famiglie a basso reddito, né lo rende vivo e responsabile verso il mondo del sapere, della scienza e della tecnologia che cambiano a ritmi serratissimi. Questa idea di buona scuola è buona solo per delegare ai privati il sostegno di un sistema che cola a picco”. L’immagine della scuola che va a fondo riporta a quella dei i musicisti dell’orchestra che suonavano sul ponte mentre il Titanic affondava e “Sicuramente i giovani meritano qualcosa di meglio, loro lo sanno e lo sappiamo anche noi. – ha ammesso Fausto Chiarioni, sindacalista di Ferrara che in passato si è occupato di istruzione pubblica – Per lavorare in una direzione di miglioramento, crescita reale, il primo passo è chiamare a dialogo tutte le voci che hanno il dovere e il diritto di parlare di scuola: studenti, insegnanti, sindacati, presidi, amministrazioni. Bisogna in primis riaprire il processo democratico del confronto, spesso tralasciato volontariamente in nome di un’urgenza fittizia.” . E sia.

4 – fine

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Ingrid Veneroso

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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