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Da Lega Nord

Ferrara, 20-06-’17.
Parlare di un “flop” non è fuori luogo, se si guarda ad un progetto inaugurato fra mille promesse e naufragato di fronte a mancanze, orari sballati e scarichi di responsabilità. «Uno spettacolo davvero sconcertante», secondo il capogruppo regionale della Lega Nord, Alan Fabbri. Che poco più di una settimana fa aveva presentato anche un’interrogazione all’Assemblea legislativa, per capire se ci sarebbe stato o meno un futuro per la linea ferroviaria Portomaggiore-Dogato. Probabilmente, però, quando l’assessore regionale ai Trasporti, Raffaele Donini, risponderà in aula alla richiesta di chiarimenti, i treni della linea locale saranno già in pensione. «E questo è davvero desolante – spiega Fabbri – dopo un’inaugurazione della linea avvenuta soltanto il 3 ottobre scorso, fra mille promesse. Non ultima quella secondo cui il tracciato sarebbe dovuto diventare parte integrante del cosiddetto corridoio della “Romea Ferroviaria”.» Invece, dopo anni di investimenti iniziati nel 2000, fra armamenti e impianti di segnalazione, ed un finanziamento di oltre 15 milioni di euro che, a fronte della “mancanza di utenza”, andrà perduto. «Assistere allo scarico di responsabilità tra Fer, che gestisce la linea, Tper (che dovrebbe metterci treni e personale) e Regione, “cui spettano le scelte strategiche” è forse l’elemento più preoccupante. Visto che non facciamo altro che sentire, in Assemblea legislativa, di proclami relativi a rilancio del trasporto pubblico. Penso che, prima di partire con un progetto di questo tipo, venga svolto uno studio di fattibilità. Ma se i treni poi girano vuoti un problema di valutazione evidentemente esiste.» Fabbri pone la riflessione sulla promessa di una direttrice che avrebbe dovuto collegare Venezia a Bologna, in una linea alternativa a quella percorsa dai convogli regionali e ad “alta velocità” delle Fs. «I pendolari che si spostano da Codigoro a Portomaggiore avrebbero dovuto trovare le giuste coincidenze per Bologna, mentre sul tratto Portomaggiore-Dogato-Codigoro gli orari avrebbero dovuto coincidere con le esigenze di studenti e lavoratori. I risultati, però, sono stati deludenti.» La decisione finale sulla soppressione della corsa non è ancora arrivata, ma tutto fa pensare che a settembre i treni che collegheranno i 13 chilometri del percorso non ci saranno più. «A questo punto – conclude il capogruppo Ln – chiediamo almeno che i milioni non più investiti sulla corsa in questione arrivino comunque sul territorio, per finanziare opere viarie alternative, di cui abbiamo urgente bisogno.»

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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