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Di Mauro Marchetti

Una nota catena svizzera di supermercati ha deciso di eliminare un cioccolatino (il “moretto”) perchè quella denominazione aveva, secondo alcuni consumatori, connotazioni razzistiche.

Altre catene non vendono più il presepe (che potrebbe offendere i non cattolici) o propongono viaggi illustrati da foto che ritraggono campanili privati della croce.

Mi sembra di vivere in un mondo nel quale,ormai, il buon senso viene stravolto e la logica viene mandata “a ramengo”.

Ho scoperto che in Italia c’è un comitato che lotta per far togliere il termine “razza” dalla Costituzione (come se i padri costituenti fossero stati degli incalliti razzisti) mentre a Milano c’è chi vuole abbattere la statua di Montanelli (noto razzista, che guarda caso fu condannato a morte dai nazisti e da essi rinchiuso nel carcere di San Vittore).

E Guillermo Mariotto ha rivelato a “Porta a porta” che negli USA, a partire dalla California, è in atto una campagna per avere toilettes “gender free”, al fine di abolire nei bagni pubblici l’odiosa e discriminante differenziazione fra maschi e femmine. Invece di combattere il Coronavirus, negli USA c’è chi pensa che la vera battaglia parta dai gabinetti…

Tornando al “moretto”, mi chiedo se fra poco qualcuno chiederà di abbattere la celebre fontana di Livorno che ci mostra quattro mori incatenati o di cambiare lo stemma della Regione Sardegna che ritrae quattro mori bendati.

Ci sarà poi da compiere un’opera di revisione contro i titoli e i testi non “linguisticamente corretti”. Come possiamo infatti tollerare che circoli un romanzo intitolato “Ragazzo negro” o che si trasmetta una canzone che ha per titolo “Angeli negri”?  E poco importa se è rimasta nella nostra memoria la voce del “colored” (Marino Barreto juonior) che la interpretava.Per non parlare di quel noto razzista nazistoide di Vasco Rossi, che usa il termine “negro” nella canzone “Colpa di Alfredo”.

E anche Léopold Sédar Senghor, che esaltava la “négritude” dovrebbe essere censurato.

Non vorrei poi essere nei panni di Mons. Negri o dell’On. Alesssandra Moretti, i cui cognomi sono assai poco “politicamente corretti”.

Mi chiedo anche : chi oserà, d’ora in poi, chiedere al bar un “Negroni”?

Alla fine, paradossalmente, i talebani del “linguisticamente corretto” (quelli che guardano di traverso una donna che si fa chiamare “sindaco” e non “sindaca”, come se fosse una traditrice della causa) dovrebbero rivalutare testi come “Faccetta nera”. In fondo nella canzonetta si usava rispettosamente il termine “nera” (in luogo di “negra”) e si indicava come scopo della guerra d’Abissinia la liberazione dalla schiavitù della ragazzina etiopica, che veniva per giunta parificata ai gloriosi combattenti di Mussolini (…sarai camicia nera pure tu…).

Meglio “Faccetta nera” di Vasco Rossi?

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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