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Per ritrovare Pietro Malatesta, bisognerà aspettare settembre. Lorenzo Mazzoni, affermato scrittore ferrarese, noto per i noir ambientati in città, ha pubblicato “Quando le chitarre facevano l’amore“, edizioni Spartaco, un romanzo che viaggia fra l’America e Singapore. È il 2 maggio del 1945. Martin Bormann, braccio destro di Adolf Hitler, scompare per le strade di Berlino durante l’avanzata sovietica. Vent’anni dopo, fonti prossime alla Cia lo identificano come Martin Weisberg, finanziatore eccentrico e pacifista della rock band The love’s white rabbits vicina al movimento radicale. Da qui ha inizio una caccia all’uomo che coinvolgerà settori deviati dei servizi segreti americani e israeliani, uno scovanazisti italiano, un attore cieco fan di Charles Bronson, un reduce dal Vietnam fuori di testa

Da una dimensione urbana, com’era quella dello sbirro anarchico Malatesta, a un mondo e un tempo lontani da noi. Perchè questo salto?
In questo romanzo propongo tematiche che amo, gli anni ’60 fatti di slanci e contraddizioni, il movimento contro la guerra in Vietnam, la musica psichedelica. Sono i miei interessi che ho inserito in una realtà diversa rispetto a quella della serie Malatesta. Il libro prende le mosse da fatti storici avvenuti in quegli anni su cui mi sono divertito a creare una finzione letteraria.

Un nazista che diventa un finanziatore pacifista di una rock band, un killer del Mossad che indossa scarpe rosa… l’impressione è che colpi di scena e contraddizioni non manchino.
Sì, preferisco non creare barriere. Perché pensare che esista solo bene o solo male? Le contraddizioni ci sono e in questo romanzo i personaggi le rappresentano. Del resto, la colonna sonora del libro è la musica psichedelica, l’effetto di straniamento è congeniale.

Quando le chitarre facevano l’amore non ha un protagonista, ma tanti tipi. Perché?
Perché c’è un noi. È un libro corale dal ritmo veloce, i capitoli sono brevi, è come se passassero, una dopo l’altra, tante diapositive di un viaggio.

Dalla critica lei è stato definito uno “scrittore estremo”. Si riconosce?
E’ una definizione che mi rappresenta. Estremo perché non mi interessa parlare di tematiche sentimentali, care a molti scrittori italiani, e non cerco temi comuni. Propongo da sempre la marginalità delle persone e dei luoghi. Anche nei romanzi di Malatesta è stato così.

Malatesta, appunto. Confermato per settembre?
Il nuovo Malatesta è già pronto e uscirà dopo l’estate.

Avevamo temuto che, come capita a molti autori seriali, le fosse entrato in antipatia il personaggio da lei creato…
No, no… il prossimo Malatesta sarà dedicato alla Spal, un’altra mia grande passione.

Lorenzo Mazzoni presenterà “Quando le chitarre facevano” l’amore sabato 9 maggio alle 17,30 alla libreria Feltrinelli. Lo scrittore, prossimamente, sarà anche a Milano, a Piacenza, al salone del libro di Torino, a Roma, Pavia e Lecco.

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Riccarda Dalbuoni

È addetto stampa del Comune di Occhiobello, laureata in Lettere classiche e in scienze della comunicazione all’Università di Ferrara, mamma di Elena.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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