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Vitaldo Conte/Vitaldix. Scrittore e teorico d’arte. Docente di Storia dell’arte all’Accademia di belle arti di Roma, dove vive. Come artista ha partecipato ad alcune centinaia di eventi e performance, esposizioni personali e collettive, in Italia e all’estero. Come teorico-performer ‘ri-nasce’ nel 2009 con il nome di Vitaldix.

Vitaldo, nei tuoi lavori costante l’interfaccia dell’arte contemporanea e – per dirla con lo stesso Renato Barilli o Marshall McLuhan o Carmelo Strano,dell’ estetica tecnologica? Un approfondimento?
L’arte contemporanea non può rifiutare oggi il rapporto con l’estetica, o meglio con la sinestesia tecnologica, sia in chiave di congiunzione di linguaggio e sia in chiave di riflessione critica. La tecnologia come linguaggio d’arte tende sempre più a incamerare, come nel mio lavoro teorico-artistico, le spinte visionarie e immaginali dell’essere (la spinta verso gli estremi confini del conoscibile), anche se a detrimento talvolta della sensorialità naturale che per non soccombere deve trovare in questa una propria ‘extreme extension’. Tutto ciò può divenire una meta-narrazione delle pulsioni translate nel gioco-rito della creazione.

Conte, più nello specifico, uno zoom in merito sui tuoi ultimi lavori pubblicistici?

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Opera di Vitaldo Conte

I miei attuali interessi teorici sono prevalentemente sul corpo come pagina e libro d’arte, fino alle sue estreme espressioni nel segno-ferita e nella Beauty art, presenti pure nelle sue maschere virtuali. In queste poetiche tradizione e avanguardia si congiungono nella vocazione di una scrittura che vuole evadere dai confini della pagina e tela. Un altro aspetto che sto approfondendo riguarda il Dada nelle sue molteplici anime.

Vitaldo in Vitaldix, anche costanti azioni performative, un florilegio?
Diverse sono state infatti le mie azioni performative negli ultimi tempi in rassegne varie. In queste la mia parola teorica è diventata azione-musica rituale e pulsionale di fuoriuscita espressiva, attraverso il mio avatar Vitaldix in compagnia delle T Rose. Come nel caso del mio ultimo evento: nella manifestazione sulle “Letture dell’Angelo” a Rocca Massima (Latina), ideata da Ugo Magnanti, in cui corpo e tecnologia si uniscono in un filo di una fune aerea, la più lunga del mondo, per esprimere un volo di poesia e arte. Ho dedicato il mio volo, che si svolgeva nel giorno del solstizio d’estate di quest’anno, agli “angeli tremendi” di Rilke e al Centauro auspicato da Marinetti.

Conte, riassumendo, quello che tu chiami Trans art e/o Futurdada o/e Transfuturismo, significa in un certo senso, dare un cuore e desiderio alla tecnoscienza? L’arte “elettronica” ha questo importante ruolo oggi, nonostante crisi contemporanea e economicismo dominante?
Le mie definizioni che hai citato auspicano infatti una tecnoscienza con in dotazione cuore e desiderio, che possono avere la maschera simbolica di una rosa rossa: come ho scritto in AnarChic, nel colloquio-intervista con Marco Fioramanti su NightItalia 9 (giugno 2015). Queste peculiarità sono fondamentali per esprimere una immagin/azione senza confini, che può essere un deterrente alle attuali crisi e imposizioni del cinismo economico-finanziario. La sfida alle stelle futurista può oggi essere vissuta come una reale possibilità di espressione, cercando la propria rotta nel caso come nelle vocazioni dadaiste.

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Vitaldo Conte

Fra le pubblicazioni: “Nuovi Segnali” (Antologia con audiocassetta sulle poetiche verbo-visuali e sonore italiane anni ‘70-’80, 1984); “Dispersione” (2000); “Anomalie e Malie come Arte” (2006); “SottoMissione d’Amore” (2007); “Pulsional Gender Art” (2011); “Avanguardia 21”, AA. VV.; “Marinetti 70. Sintesi della critica futurista” (a cura di A. Saccoccio e R. Guerra, Armando, 2014). Fra gli ebook: “Fuoripagina TransArt” (2014); “La Carmelina. Fra le mostre pubbliche curate: “Dispersione” (Foggia, 2000); “Malie plastiche” (Foggia, Lecce, 2002); “Anteprima XIV Quadriennale” (Palazzo Reale, Napoli, 2003-04); “Julius Evola” (Reggio Calabria, 2005-06); “Mistiche bianche” (Reggio Calabria, 2006); “DonnaArte” (Trepuzzi, 2007); “Eros Parola d’Arte” (Lecce, 2010). Poeta (lineare, verbo-visuale, video, sonoro-spettacolare) con pubblicazioni, cartelle, dvd, ecc.

Per saperne di più visita il sito di Vitaldo Conte cliccando qui.
Per vedere il video “Letture dell’Angelo” a Rocca Massima (Latina) clicca qui.

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Roby Guerra


PAESE REALE

di Piermaria Romani

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Pescando un pesce d’oro
5 titoli evergreen dall’archivio di 50.000 titoli  di Periscopio

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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Francesco Monini
direttore responsabile


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