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Nato e cresciuto a Cento, Marco Cantori è oggi alla guida del Teatro Troisi di Nonantola. Un incarico prestigioso che si affianca alla sua carriera di attore, se ne nutre e la alimenta. In questi giorni Cantori è sia dietro il palco come organizzatore, che sopra come interprete, lo abbiamo intervistato per farci raccontare la sua storia, i suoi progetti e per scoprire le offerte teatrali nelle province attorno a Ferrara.

Qual è la tua formazione?
Mentre seguivo i corsi di Filosofia a Ferrara, ho partecipato ad un laboratorio settimanale del Centro teatrale universitario; allora era tenuto da Horacio Czertok del Teatro Nucleo, che una volta mi fa cantare una canzone ed io scelgo di cantare “La fira ed San Lazer” nel mio dialetto (una variante del bolognese) e sento una grande forza nel farlo. L’insegnante mi incita a continuare e quando finisco mi accorgo che per la durata del tempo della canzone ero stato trasportato in una dimensione dove non ero mai stato prima: il Teatro. Questo è stato il primo passo, dopodiché ho continuato a partecipare a corsi teatrali, anche quando sono andato in Erasmus a Toulouse in Francia. Poi sono tornato a Ferrara dove c’era un laboratorio diretto dal regista polacco Lech Rackzak, che un giorno mi propose di prendere parte ad uno spettacolo, le cui prove si tenevano ad Urbino e quello è stato il mio primo vero lavoro a teatro. In seguito ho continuato a formarmi con il corso di formazione annuale promosso da Ert e da Santarcangelo dei Teatri e l’anno successivo frequentando un altro corso di formazione per attori, presso il Teatro del Lemming di Rovigo, dove sono rimasto nella compagnia per diverso tempo prima di iniziare con i miei progetti. Penso che il teatro sia stata per me la continuazione naturale, pratica degli studi di filosofia.

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Marco Cantori

Come sei arrivato alla direzione artistica del teatro di Nonantola?
La direzione artistica del Teatro Troisi di Nonantola è arrivata nel 2014. Quella in corso è la seconda stagione che curo. Ho presentato un progetto al Comune di Nonantola. Il progetto comprendeva: la stagione di prosa; la proposta di rinnovare il teatro, nel senso di renderlo non solo luogo di spettacolo, ma anche spazio di socialità aperto a tutti; il coordinamento delle altre attività già presenti in teatro e curate da altri, che si è tradotto nella realizzazione di un libretto che per la prima volta comprende tutte le varie rassegne presenti al Teatro Troisi (prosa, teatro ragazzi, musica, ecc.).

Di cosa ti occupi?
Dell’organizzazione, della pubblicità in generale (creazione col grafico del materiale pubblicitario e sua distribuzione, ufficio stampa tramite giornali, siti e social network), e dell’accoglienza del pubblico la sera dello spettacolo. In tutto ciò sono supportato dalla grande collaborazione dell’ufficio cultura, degli operatori dei servizi culturali di Nonantola e dallo staff tecnico.

Come hai scelto gli spettacoli in cartellone?
Vedendoli e cercando di captare cosa fosse più bello per Nonantola in questo momento. Per me gli spettacoli devono offrire una chiave agli spettatori, i quali possono accoglierla o rifiutarla. Ma non amo il teatro troppo difficile e cervellotico fatto per gli habitué; bisogna contaminare la gente che a teatro non ci va con questa “malattia” bellissima e rigeneratrice. Mi piace il teatro quando riesce ad essere allo stesso tempo ricercato e popolare, semplice ed efficace, profondo e divertente, impertinente e non volgare.

Quali sono i prossimi spettacoli?
Sabato 13 Dicembre
“C-Credo, l’unico spettacolo al mondo con una sola lettera” di Teatro Belcan: dove l’attore interpreta in modo divertente e sorprendente uno spettacolo in cui tutte le parole iniziano solo ed esclusivamente con la lettera “C”. E’ rivolto agli adulti ed ai ragazzi a partire dagli 11 anni;
Sabato 17 Gennaio
“Invisibilmente” della Compagnia Menoventi: un meccanismo geniale dove lo spettatore rimane intrappolato, ma con l’illusione di essere lui stesso il carnefice.
Sabato 7 febbraio
“Stasera Ovulo” di LaQProd con Antonella Questa: dedicato al tema della maternità e della sterilità femminile. Un monologo emozionante e profondo che fa anche ridere.

Continui con la tua attività di attore?
Certo, la ritengo la mia missione e dà senso a tutto il resto.

In che modo?
Immaginando e facendo spettacoli di fantasia. Poi insegno anche teatro alla sera per gli adulti e a volte per i ragazzi. Mi appassiona molto perché trovo il fare teatro un momento necessario per tutti.

A cosa stai lavorando?
Ho appena finito di rimettere in scena “Eroi e Supereroi. Sinfonia in 3 facce”, uno spettacolo pensato un paio di anni fa in forma di studio e che ora si presenta per la prima volta come vero e proprio spettacolo. Lo spettacolo andrà in scena venerdì 12 dicembre al Teatro Studio di Rovigo all’interno della rassegna “Be” organizzata dal Teatro del Lemming. Parlo al plurale perché in “Eroi e Supereroi” sono insieme al musicista e disegnatore Giorgio Casadei con il quale giochiamo con il tema dei supereroi e con la forza mitica che queste figure sono in grado di trasmettere. È nato così, è uno spettacolo costituito da tre monologhi: il primo “Cari Supereroi…”, è una disperata lettera proveniente dalla pianura più profonda; il secondo, “Fai la cosa giusta”, è la confessione di un supereroe che ci ricorda come da un grande potere derivino grandi responsabilità; il terzo, “Concime di pace”, è una leggenda metropolitana sulla debolezza del supereroe e l’utopia di un mondo unito.
Inoltre ho finito di scrivere da poco il copione di uno spettacolo per i più piccoli dedicato ai segni grafici che l’essere umano utilizza: lettere, numeri… Mi appassiona molto la storia che è nata e da metà dicembre inizierò a lavorare sulla messa in scena per presentarlo verso fine febbraio

Come si conciliano le due attività?

Fare l’attore e l’organizzatore e l’insegnante e l’attacchino… tutto ciò si concilia perché dietro c’è il Teatro. Provare le parti o immaginarsi uno spettacolo significa aprire le porte di nuovi mondi e a volte è fatica, non vorresti, preferiresti fare altro. Ma poi non puoi e ti tocca fare l’attore a volte anche quando non sei a teatro, mentre fai altro. Il teatro si materializza ovunque e tu fai le prove o inventi o pulisci il palco ovunque ti trovi.

Di teatro si vive? (O si muore?)
Non so se senza teatro potrei vivere e quindi neanche se potrei morire. Però sono sicuro che il teatro mi ha salvato e non me lo dimentico più. Poi è così accogliente… Ci sta tutto dentro: la musica, la poesia, l’arte figurativa, la danza, la parola e anche la ricchezza e la povertà.

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Stefania Andreotti

Giornalista e videomaker, laureata in Tecnologia della comunicazione multimediale ed audiovisiva. Ha collaborato con quotidiani, riviste, siti web, tv, festival e centri di formazione. Innamorata della sua terra e curiosa del mondo, ama scoprire l’universale nel locale e il locale nell’universo. E’ una grande tifosa della Spal e delle parole che esistono solo in ferrarese, come ‘usta’, la sua preferita.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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