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Renzo Zenobi, come scrive Pino Stillo nella biografia inserita nel libro “Canzoni sulle pagine”, è un protagonista atipico del filone della canzone d’autore italiana. Con un linguaggio a volte sofisticato, altre volte semplice, ma sempre finemente poetico, è riuscito a imporsi come un delicato inventore di atmosfere liriche e musicali, in anni in cui le ‘mode’ indicavano prevalentemente tutt’altre direzioni.

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‘Canzoni sulle pagine’, il libro con tutti i testi di Renzo Zenobi e un cd di inediti

Come è iniziata la sua carriera?
Tutto è cominciato quando Edoardo De Angelis mi chiese di suonare la chitarra nel disco di De Gregori “Alice”. Da quel momento Francesco mi portò al Folkstudio e in seguito anche alla Rca, dove mi fecero un contratto per incidere dischi. Con la Rca ho inciso 7 Lp e naturalmente 7 singoli, com’era d’uso in quegli anni.

Recentemente lei si è esibito alla Sala Estense, com’è stato accolto dal pubblico ferrarese?
Il pubblico di Ferrara ha gradito le canzoni e devo dire che sicuramente doveva essere già preparato a gradirle; la serata, infatti, comprendeva anche l’esibizione di Massimo Bubola dunque chi è venuto ad ascoltarci sapeva benissimo a cosa andava incontro. Aggiungo che il pubblico di Ferrara, che comprendeva anche gente mai vista ai miei concerti, si è dimostrato molto affettuoso verso di me e anche i giornalisti locali che voglio ora, da qui, ringraziare.

“Silvia” è dedicata a Silvia Draghi, com’è nata questa bella canzone?
La canzone “Silvia” prende spunto da un week end trascorso a Firenze presso Silvia Draghi che avevo conosciuto tramite amici comuni, lei all’epoca cantava canzoni folk, una sorta di stornelli toscani, ma la canzone è una costruzione trasfigurata che dalla realtà passa alla fantasia.

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Renzo Zenobi in un momento di relax

Sono passati più di 40 anni da “Silvia”, com’è cambiato il suo pubblico?
Il pubblico che viene ad ascoltarmi è sempre lo stesso, cioè gente che rispecchia i propri pensieri e le proprie sensazioni nelle mie canzoni. Alcune persone sono proprio le stesse di tanti anni fa, altri sono giovani ma con lo stesso sentimento. Ricevo però, a volte, e-mail di giovani che vogliono discutere con me delle mie canzoni e spesso ricordano “Silvia”, che avranno sicuramente ascoltato su qualche vecchio disco dei genitori o degli zii: la cosa mi fa piacere.

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Renzo Zenobi, ha suonato la chitarra nell’album “Alice” di Francesco De Gregori

Il Folkstudio e il Cenacolo Rca, erano punti di aggregazione della creatività?
Il Folkstudio sì. Era un punto di aggregazione in cui tutti erano liberi di fare ascoltare le proprie invenzioni e, infatti, la domenica pomeriggio bastava dare il tuo nome ed eri messo in scaletta e cantavi la tua canzone. Se la gente reagiva bene, potevi tornare altrimenti…
il Cenacolo no. Era un posto della Rca in cui si facevano i provini dei dischi o le prove dei tour. C’erano vari studi con un registratore e prenotandoti potevi provare le tue canzoni e le musiche, almeno per noi cantautori, gli altri provavano ciò che creavano in base al loro mestiere. A pranzo poi arrivavano, a volte, i capi dalla Rca e si mangiava tutti insieme, si mangiava benone!

Ennio Melis è stato un grande manager per la discografia e un punto di riferimento per gli artisti, che ricordo ha di lui?
Si direi che Melis è stato uno dei più ispirati direttori di case discografiche. Lui sceglieva seguendo il proprio gusto più che il mercato e questo al 90% lo ripagava in pieno. È questo suo modo di fare che ricordo con grande stima e affetto, perché certo mi riporta a un tempo e a uomini ormai difficili da trovare.

Il direttore della Rca non riusciva a spiegarsi perché il pubblico non la seguisse come riteneva che lei meritasse, ha mai sofferto di questo?
No perché, nonostante io vendessi forse meno dischi degli altri, comunque facevo parte di quella grande squadra e questo non mi faceva sentire solo e neppure meno importante.

“Telefono elettronico” ci riporta a Lucio Dalla, cos’ha rappresentato per lei il cantautore bolognese?
Lucio per me è stato dapprima un grande amico e poi un grande professionista da cui si poteva soltanto imparare. Imparare tanti modi diversi di affrontare la registrazione di un disco, dunque quando scrissi le canzoni di “Telefono Elettronico” e lui le lesse decidemmo insieme che fosse lui a farne l’arrangiamento e la produzione.

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Renzo Zenobi prosegue la sua attività live

Lei, Piero Ciampi, De Angelis e Nada avete cantato insieme in alcuni concerti e registrato uno special tv…
Furono le prime date che io feci per la Rca: eravamo io, Nada, De Angelis e Ciampi in un teatro qui di Roma, se non ricordo male era il Teatro dei satiri. Ricordo che Piero qualche volta recitava delle sue poesie e che Nada cantava le canzoni che lui aveva scritto per lei. Da quell’esperienza credo che poi nacque il desiderio di Nada di incidere la mia canzone “Giornate di tenera attesa”. Una canzone che lei cantò magnificamente.
Lo special fu organizzato dopo i concerti, con Paolo Conte. Registrammo questa trasmissione per la Rai a Torino che si chiamava “Tre Uomini e una Donna”. Cioè Nada, Paolo Conte, Piero Ciampi e Renzo Zenobi: cantavamo dal vero e la trasmissione credo sia andata in onda alle due di notte in agosto! Pochi l’hanno vista e ancor di meno la ricordano.

“Bandierine” è l’album della sua collaborazione con Morricone, il brano “E ancora le dirai ti voglio bene” lo troviamo anche nel suo ultimo cd…
A me era sempre piaciuto il modo di arrangiare di Ennio Morricone e quando scrissi “Bandierine”, facemmo con Melis il tentativo di proporglielo e a lui le canzoni sono piaciute e accettò di realizzarle. Il disco non passò mai per radio o tv ma secondo me è stato ed è un bel disco. Ho deciso di inserire “E ancora le dirai ti voglio bene”, brano di quell’album, nel mio nuovo cd perché credo sia una delle mie canzoni più belle, senz’altro fra le mie preferite, che se caso mai questo nuovo album dovesse capitare in mano di chi non conosce il mio passato musicale ritengo sia giusto ne venga a conoscenza.

Quando usci “Proiettili d’argento”, Dalla fece un gesto inusuale, scrisse alle radio chiedendo di prestare attenzione al suo nuovo lavoro…
Come dicevo prima Lucio era un grande amico, dunque a lui piacque molto la canzone “E noi piccoli piccoli” così decise di scrivere una lettera alle radio per chiedere, se non altro, di ascoltare il disco che gli era stato mandato. Ricordo con grande nostalgia che Lucio ascoltava questa canzone anche negli anni successivi e sulle sue note spesso mi chiamava per salutarmi: prima dai telefoni fissi, poi da quelli elettronici …

“Il ritratto” apre il nuovo cd, è da ritenersi il manifesto di quest’ultimo lavoro?
“Il Ritratto” a me piace abbastanza, specialmente l’arrangiamento, e mi sembrava giusto aprire il cd con questo brano. In effetti, le canzoni sono un po’ dei ritratti dunque quale pezzo migliore per iniziare e per presentare un album?

“… stiamo come due caffè che aspettano sul tavolino, freddi perché è tardi ormai, tragici perché tu non arriverai…” rendere semplici figure e situazioni complesse è poesia?
Non ne ho idea! Non è il mio mestiere quello di critico ma spesso capita di leggere nelle poesie queste trasfigurazioni della realtà quotidiana come le intende lei. Non so dirle effettivamente se quei versi della mia canzone sono poesia, in fondo non sta a chi scrive giudicarlo, posso però dire che io scrivo e musico e se la poesia è solo scrittura, come ci hanno abituato a scuola, tragga lei la risposta…

Lei, che è un “Aviatore”, ci presta un sogno per volare via?
Io credo che tutta la vita sia fatta di sogni e di mete da raggiungere. I sogni, infatti, secondo alcuni ci indicano le mete che vogliamo raggiungere, poi sta alle persone tenerseli ben stretti e farsi portare fino allo scalo, magari da un volo che ci accompagna solo fino a casa!

Si ringraziano Renzo Zenobi e Pino Stillo per la gentile collaborazione.

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William Molducci

È nato a Forlì, da oltre 25 anni si occupa di giornalismo, musica e cinema. Il suo film “Change” ha vinto il Gabbiano d’argento al Film Festival di Bellaria nel 1986. Le sue opere sono state selezionate in oltre 50 festival in tutto il mondo, tra cui il Torino Film Festival e PS 122 Festival New York. Ha fatto parte delle giurie dei premi internazionali di computer graphic: Pixel Art Expò di Roma e Immaginando di Grosseto e delle selezioni dei cortometraggi per il Sedicicorto International Film Festival di Forlì. Scrive sul Blog “Contatto Diretto” e sulla rivista americana “L’italo-Americano”.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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