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da: Francesco Introzzi

L’ITALA LEOPOLDA
/ La prefigurazione di una costituzione incostituzionale
/ Partito Nazionale Mediatico: Renzi ha tentato di supplire alle deficienze della partitocrazia italiana con un’azione politica di svuotamento del parlamento per arrivare ad una specie di regime super-tecnologico, ma culturalmente auto-referenziale e strutturalmente monarco-mediatico

Testo di riferimento:
Giovanni Orsina, sta in “La Stampa” 15/03/2015, Il comando che manca all’Italia.
è http://www.lastampa.it/2015/03/15/cultura/opinioni/editoriali/il-comando-che-manca-allitalia-Tchr6EspYJv3lJzO33uXLL/pagina.html

Più di un anno orsono un editoriale de “La Stampa” affrontava la questione di un paese, l’Italia, incapace di autogoverno, incapace di decidere di se stesso e di tutta una serie di questioni fondamentali.
A più di un anno dall’editoriale di Giovanni Orsina (agevolmente recuperabile dal sito internet del quotidiano “La Stampa”) possiamo valutare il lavoro del governo di Matteo Renzi. Per prima cosa dobbiamo riconoscere che il compito obbligato di Renzi – dato lo stato comatoso dello Stato italiano – era quello (1) di dare operatività alle capacità imprenditoriali del paese, (2) di dare credibilità internazionale alla finanza pubblica e (3) di salvare il salvabile per le questioni sociali di base, come la salute, la casa e la sicurezza dei cittadini e dei loro patrimoni.
Mentre a livello di credibilità internazionale il governo italiano si sta, bene o male, barcamenando, quello che sta sempre più emergendo in modo preoccupante è il problema della tenuta democratica del paese.
L’esigenza della “maggiore capacità decisionale” del sistema nazionale è stato impostato da Renzi in termini di “auto-crazia governativa” riducendo il parlamento a una struttura esecutivo-dipendente che semplicemente ribalta il rapporto fisiologico tra l’organo costituzionale legislativo e un esecutivo che, invece di essere “controllato” si vuole proporre come organo “controllore”, esercitando apertamente quella “sovranità” che finora , invece di essere esercitata dal suo titolare – il “popolo sovrano” – era stata (a mio parere in modo surrettizio) esercitata da una partitocrazia che – in espliciti termini costituzionali – aveva “limitato” la stessa “sovranità popolare” (vedi il secondo comma dell’articolo 1).
Stiamo assistendo quindi ad una sceneggiata incredibile, ad un incredibile ribaltamento dei ruoli con un esecutivo che controlla quel parlamento che, in teoria, quell’esecutivo dovrebbe invece controllare. Siamo al paradosso del controllato che, di fatto, si propone come controllore del controllante!!!
Dal punto di vista dell’ingegneria costituzionale siamo al paradosso, ci troviamo di fronte ad una sceneggiata tragi-comica sperando che il “risibile” faccia desistere dal “tragico”!
Invece di migliorare la responsabilizzazione democratica delle Comunità politiche locali – trasformando semmai le province in “cantoni federati” – con una protervia incredibile – le province sono state svuotate e ridotte a uno “stato pre-agonico”.
La centralizzazione spinta, che Renzi sta sempre più consolidando, sta soffocando, sia “l’auto-partenogenesi sociale” di base, sia la forza propulsiva che la società civile sarebbe in grado di per se stessa di sviluppare, se da un lato le sue proprie risorse non le fossero indebitamente sottratte, e se le “quantitative facilities” – positivamente rese disponibili dalla BCE di Mario Draghi – non fossero malamente gestite da un sistema bancario certo non molto socialmente consapevole e promozionale.
[ http://www.koonylabss.eu/945KlsSurnameIt/KlsSrIntrozziFrance19630000DevFactors_01_It.html
F.I., Fattori dello sviluppo, commento a Giovanni Demaria, rinvio al testo cartaceo, pagina 13]
Mi riallaccio al monito di Domenico De Masi il quale, a ragion veduta, stigmatizza come “insensata” la paura di una crisi economica dovuta a un impoverimento progressivo dei paesi avanzati. De Masi ricorda chela ricchezza disponibile è assolutamente cresciuta anche nei paesi ad economia avanzata soltanto che ampie fasce di popolazione ex-benestante viene penalizzata da un sistema distributivo fortemente sbilanciato a vantaggio di una minoranza sempre più ristretta e sempre più ricca (e politicamente potente).
Ricordiamo che le crescenti risorse prodotte dal poderoso incremento sociale della produttività tecnologica, dovrebbero in teoria favorire l’ulteriore benessere della generalità delle popolazioni se quelle risorse non venissero loro sottratte da un sistema planetario di spossessamento finanziario, mimetizzato dalle istituzioni finanziarie dominanti tramite una gestione selvaggia e incivile del fenomeno dalla globalizzazione, fenomeno di fronte al quale siamo politicamente impreparati e, per i suoi devastanti effetti, assolutamente indifesi.
Cosa può fare l’Italia di fronte a questo sconvolto – e sconvolgente – frangente?
La prospettiva obbligata immediata è quella di attivare senza remore un rapido processo di analisi, di comprensione diffusa e di gestione integrata di tutti i diversi aspetti di una realtà complessa e dinamica che rischia di travolgerci (e non soltanto a livello nazionale italiano).
Occorre quindi affrontare con nuova consapevolezza una realtà profondamente cambiata rispetto ai secoli andati e incardinare su delle “Comunità locali sovrane” un processo epocale di maturazione culturale civile delle giovani generazioni. Faranno degli errori (speriamo contenuti al minimo), ma saranno degli errori che devono loro servire per auto-educarsi alla libertà e a caricarsi delle loro proprie “responsabili” scelte politiche. Una rete nazionale di comunità – adulte e civilmente responsabili – deve abituarsi all’auto-determinazione, ad auto-organizzarsi e ad auto-governarsi.
Allora, ma solo allora, l’Italia potrà contribuire veramente alla nascita – almeno si spera – della “Repubblica federale europea”!

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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