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Rubrica a cura di Fabio Mangolini e Francesco Monini

Domenico Bedin non è scrittore di professione. Fondatore e animatore di una attivissima associazione di volontariato sociale, si occupa tutti i giorni (e molte notti) di quelli di cui nessuno si occupa, Incontrare e soccorrere gli ‘ultimi’ significa camminare molto, percorrere molte strade, ascoltare molte voci, così Domenico ha accumulato uno straordinario catalogo di incontri e di storie. Alcune di queste storie, intense ma spesso piene di umorismo, le ha prima scritte per un settimanale locale, e quindi raccolte in un piccolo libro. Peccato che Domenico Bedin abbia sempre mille cose da fare e mille persone da soccorrere. Avrebbe potuto scegliere un’altra strada, scrivere ‘a tempo pieno’: il gustoso racconto che presentiamo ai lettori di Ferraraitalia ne è una piccola dimostrazione.
(I curatori di Lo Cunto de li Cunti)

Domenico Bedin, Le uova e i salami, letto Teresa Fregola

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LE UOVA E I SALAMI

Alcuni giorni fa ero a tavola a mezzogiorno e si presentano due giovanotti. Uno è di Bondeno e mi dice che ha sentito che da noi si accolgono le persone che sono sulla strada, così ha accompagnato un uomo che da alcuni giorni è sulla strada e si arrangia come può, non sapendo dove dormire. Avevo ospiti, ma li invito a mangiare con noi qualcosa e osservo attentamente il bondenese, perché mi sembra di conoscerlo. Un paio di domande ben assestate e scopro che è un Costanzelli e che conoscevo la sua famiglia da quando ero stato cappellano a Bondeno.
Gli chiedo se, per caso, da bambino avesse abitato in campagna sotto l’argine del Panaro verso Scortichino… è sorpreso e mi conferma che lì abitava il nonno con tutta la famiglia.
“Allora ti racconto questa storia, che mi è successa proprio a casa tua”.
Lui è curioso, e siccome è quasi una parabola della vita, vogliamo fare partecipi anche voi.

Nel 1981 ormai le stalle nel territorio della parrocchia di Bondeno erano rimaste poche, ma la tradizione della benedizione per S. Antonio Abate, verso la fine di gennaio era consolidata e toccava al cappellano. Accompagnato da Armando il campanaro, partii in bicicletta alle otto, nella nebbia, tra i campi bianchi di galaverna.
La Nives e la Teresa ci avevano appeso al manubrio due sporte e Monsignore, come ogni anno, aveva proclamato solennemente, prima guardando Armando e poi il sottoscritto: “I salami all’arciprete, le uova al cappellano”.
La Teresa, che tifava per il pretino, rincorrendomi, mi assicurò che le uova si potevano vendere e comprare un paio di scarpe…
Il giro, mi accorsi subito, era già collaudato e programmato nei minimi particolari. Armando mi tirava per la manica facendomi fretta, se mi fermavo in qualche stalla a fare un complimento o un rilievo competente, visto che da ragazzo avevo fatto anch’io il bovaro e mi intendevo di vitelli, mangime e mungiture. Armando, invece, dopo la benedizione, porgeva subito il cartoncino con S. Antonio e maialino e la arzdora metteva, con gesto collaudato da secoli, un salame nella sporta di Armando e una dozzina di uova nella mia e si ripartiva  tra la nebbia e il ghiaccio. Dopo questo rally studiato tra stradoni e capezzagne, a mezzogiorno in punto arriviamo dai Costanzelli. Evidentemente tutto era concordato perché, sbrigata la benedizione, ci ritroviamo a tavola. Il pranzo tradizionale fu sontuoso e, visto che fuori faceva un freddo cane e gli ospiti erano generosi, si mangiò e bevve a sazietà. Ormai cominciava a far buio e ci congedammo. Inforcai la bici, vi appesi la sporta rigonfia di uova e, con la forza dei 24 anni e del vinello in testa, mi sollevai sui pedali per affrontare la salita dell’argine del Panaro. Il ghiaccio mi tradì e ruzzolai sotto gli occhi di Armando che, prudentemente invece mi seguiva a piedi. Non mi feci neppure un graffio, ma le uova nella sporta erano diventate frittata.

Tornai a casa umiliato e fissai Monsignore con occhi supplici, guardando prima le uova rotte e poi i salami, ma lui ripeté l’antico detto, che in canonica a Bondeno forse risaliva all’alto Medioevo: “I salami sono di Monsignore, le uova del cappellano”. Quante volte nella vita si è ripetuta questa situazione. Anche oggi, quando mi capita, sorrido e mi tengo la frittata.

Domenico Bedin, Le uova e i salami, tratto da Viandanti : racconti, Alessio (Albania) / Ferrara, Agire Sociale, 2009
Vuoi scaricare il testo? Clicca qui:  Domenico Bedin – Le uova e i salami

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Cover: elaborazione grafica di Carlo Tassi

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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