Skip to main content

Vent’anni di Feltrinelli a Ferrara. Il compleanno è proprio oggi. Il programma di eventi per la celebrazione del ventennale della libreria si è aperto già nei giorni scorsi con l’interventi, fra gli altri di Tiziano Scarpa.
Pagine spassose ma anche serie, raccontate con sentimento e con perizia, con minuziosità quasi tecnica, accompagnate da una gestualità vivida e ricca, che fluisce senza intoppi regalando riflessioni surreali e delicate, struggenti e umoristiche. A raccontarle, uno Charlot dal pacato accento veneto, un Premio Strega che introduce la sua ultima opera letteraria, “Come ho preso lo scolo”. Comica e surreale, ironica – qualità fortemente raccomandabile in uno stile di vita, assicura – e verista. “Vengo contattato da una rivista pop-medica, patinata. Hai una malattia da raccontarci? mi viene chiesto. Ripercorro mentalmente la mia storia medica – imbarazzantemente senza grossi problemi, unica cosa degna di nota la scarlattina. Sino a quando, dopo alcuni momenti di pensiero libero, non racconto di essermi preso lo scolo, con tutto il parterre psicologico e imbarazzanti disavventure personali che ne seguono”.

Ma questo è solo l’anticipo di una lettura scenica che si rivela riflessiva, senza essere pretestuosa: Scarpa osserva il mondo attraverso una vicenda personale mostrandoci qualcuno che fa rientrare il linguaggio dentro di sé attraverso le proprie esperienze restituendolo al pubblico. Stimolare il lettore a sfondare le sue esperienze personali per andare oltre, aprire una singola anta di una finestra e incoraggiarlo ad aprire la seconda. Così racconta di come, durante una lettura pubblica in piazza a Treviso contro ordinanze razziste pane quotidiano delle amministrazioni leghiste – il razzismo istituzionale che limita l’uguaglianza di fatto tra le persone – arrivi a interrogarsi sul valore della voce e sull’importanza del microfono e, in generale, di qualunque strumento di amplificazione della voce quale mezzo del potere – quale veicolo della possibilità di farsi ascoltare, negata ai più.
La voce è strumento, che necessita però di farsi sentire ed essere trasmessa, per essere completamente realizzata. Ne esistono molti esempi: da San Francesco, che in una delle sue prediche zittisce le rondini, a Mussolini, che utilizza per la prima volta il microfono nel 1926, al fenomeno dell’urlatore Beppe Grillo, e sullo stretto legame tra strumenti di comunicazione e potere.

Ne è perfetto esempio la manifestazione pacifica del 2011 Occupy Wall Street contro gli abusi del capitalismo finanziario. Privati del microfono in virtù di una legge interpretata restrittivamente, risolvono il divieto creando uno human mike, un microfono umano, causando un effetto a catena nella ripetizione di una stessa frase, partendo da molti singoli per poi “contagiare” gruppi sempre più folti. Nel quale l’ascolto non è passivo ma rende chiunque responsabile e partecipe di ciò che dice, in quanto ogni persona è veicolo e primo passo verso il diffondersi di un contenuto. Diffusione che è virale, secondo una classica definizione della sociologia contemporanea, ma che porta, a differenza dell’ambito da cui è presa in prestito – quello medico – qualcosa di buono e inaspettato. Portandogli in dono, attraverso il romanzo Stabat Mater. Una sorpresa: un romanzo ambientato nella Venezia del XVII secolo ambientato in un definito lirico e intimista, nato anch’esso da una storia personale – il luogo di nascita di Scarpa, un ex orfanotrofio musicale – viene regalato dal Comitato Nazionale per il diritto alle Origini Biologiche ai componenti della Commissione di Giustizia della Camera dei Deputati mettendo in discussione una legge la cui assurdità – la possibilità, da parte delle persone orfane, di essere messe a conoscenza della propria famiglia di origine al compimento dei 99 anni di età – nega di fatto questo diritto a chiunque voglia conoscere le proprie origini; e diventando simbolicamente il luogo – l’unico – in cui il silenzio è ammesso, cioè la lettura.

Perché forse, come suggerisce Travaglio, le vittime della censura non sono solo i personaggi imbavagliati per evitare che parlino, ma anche e soprattutto quei cittadini che non possono più far sentire la propria voce.

tag:

Giorgia Pizzirani


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it