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2 maggio 1940:
vengono rinviati i giochi Olimpici, li svolgeranno i prigionieri di guerra

Tutti quanti conoscono le Olimpiadi dell’era moderna: l’evento sportivo quadriennale che racchiude i migliori campioni in quasi tutte le discipline praticate nei cinque continenti mondiali.
La competizione mondiale come la conosciamo noi si svolge per la prima volta nel 1896 nell’antica patria delle Olimpiadi, ad  Atene. Il neonato Comitato Olimpico Internazionale (CIO) radunò 241 atleti da tutto il mondo, il più grande evento sportivo mai organizzato nella storia.
Da subito un successo planetario, le Olimpiadi hanno sempre sfidato le avversità di un mondo in continua competizione, cercando di superare le avversità che nella storia hanno coinvolto i paesi di tutto il mondo.
Contrariamente alle speranze del barone De Coubertin, colui che presentò per la prima volta l’organizzazione dei giochi, in tre distinte occasioni i giochi non furono organizzati. Nel 1916 per la prima volta nella storia, a causa della prima guerra mondiale, i giochi Olimpici furono annullati. La stessa cosa avvenne a causa della seconda guerra mondiale nel 1940 e nel 1944.

Un anno dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale, nel settembre 1940, la XII edizione dei Giochi Olimpici sarebbe dovuta andare in scena nella capitale Giapponese, a Tokyo.
Il Giappone era flagellato ormai da tre anni dalla seconda guerra sino-giapponese, il maggior conflitto mai scoppiato tra la Repubblica Cinese e l’Impero Giapponese. Il CIO non volle però rinunciare alla speranza di organizzare il maxi evento sportivo, convinti che potesse riunire le nazioni in un momento di altissima tensione. Fu così che nell’agosto del ’39 la sede della competizione fu spostata ad Helsinki, in Finlandia. Passano pochi mesi e nel settembre del ’39 scoppia ufficialmente la seconda guerra mondiale, coinvolgendo il suolo europeo nel grande conflitto.
I giochi non vengono annullati subito e il CIO continua ad incontrarsi in sedi neutrali e con permessi speciali per passare da un confine all’altro.
La guerra divaga in tutta Europa, sempre più nazioni vengono coinvolte e sempre più uomini vengono mandati al fronte a combattere. Tra guerra e devastazione questo stesso giorno, il 2 maggio 1940, gli ultimi rappresentanti del CIO si incontrano per l’ultima volta e decidono di sospendere l’imminente edizione dei giochi. In stessa sede si decide la sospensione a tempo indeterminato delle attività del Comitato Olimpico Internazionale, il quale si riunirà di nuovo solo nel 1946.

Mentre durante la guerra l’importanza dei giochi Olimpici passò in secondo piano, qualcosa di straordinario stava per succede. A pochi mesi dall’annullamento ufficiale della XII edizione, si celebrò un’edizione senza precedenti nella storia: nell’agosto 1940 si tennero i Giochi dei prigionieri di guerra internazionali.
Alcuni km fuori Norimberga, allo Stalag XIII-a, un campo di prigionia per prigionieri di guerra, detenuti belgi, francesi, britannici, norvegesi e polacchi si sfidarono in competizioni sportive clandestine.
Uno straccio rotto con cinque cerchi ad acquerello colorati sopra al posto del vessillo e l’inno olimpico suonato dall’armonica a bocca di Teodor Niewiadomski, una delle menti che organizzarono l’evento. Le gare che erano un insieme di spot, coraggio e furbizia, si tennero di nascosto dalle guardie. I detenuti si sfidarono in discipline come il lancio della pietra, il salto della rana ( una delle punizioni fisiche trasformate in sport) o addirittura in partite di pallavolo giocate in un campo disegnato per terra con gli indumenti degli stessi detenuti. Un parroco norvegese procurò palloni e alcuni attrezzi per le gare. Ai vincitori coppe ricavate dalle gavette, medaglie di cartone o un gagliardetto circondato da filo spinato. L’importante però non era vincere quei premi costruiti grossolanamente, quanto più avere un momento di libertà durante la spietata prigionia. Fu decisivo fare qualcosa per tenere occupata la mente, sentirsi per pochi istanti vivi e liberi.
Nel ’44 in molti campi di prigionia si replicò questa dinamica, persino con militari e carcerieri a competere con i detenuti durante le attività.

Sebbene negli annuali i Giochi Olimpici del ’40 e ’44 risultano non disputati, il museo dello sport di Varsavia in occasione dei Giochi del 2012 a Londra scrisse:
“No, furono disputate [le olimpiadi], in maniera precaria e al di fuori dei canoni classici, ma pur sempre tenute”

Cover: September 1964: A Japanese policeman checking the signs to be used during the opening parade at the Olympic Games in Tokyo. (Photo by Douglas Miller/Keystone Features/Getty Images) – licenza wikinedia commons

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Filippo Mellara

Abito a San Lazzaro (BO) e sono uno studente universitario di scienze della comunicazione. Impegnato socialmente nel cercare di creare un futuro migliore, più equo e giusto per tutti. Viaggiatore nel mondo fisico e spirituale, ritengo che la ricerca del sé sia anche la ricerca del NOI. Cresciuto tra Stato e Rivoluzione e Bertolt Brecht.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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