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25 aprile 1976: Bella Ciao di Radio Alice

fm 100.6 Mhz. La frequenza utilizzata da Radio Alice dal 9 Febbraio 1976 fino alla chiusura da parte della polizia del 12 marzo 1977.
Erano anni di fervore giovanile e di lotta studentesca. Residui dei movimenti giovanili ed operai del sessantotto sfociarono in quel ’77 in un nuovo movimento politico giovanile. Il movimento che contestava società e politica, partiti e sindacati, che metteva in discussione la stessa tipologia delle organizzazioni studentesche ebbe tra gli scenari favoriti Bologna, detta la ‘Rossa’.
Proprio a Bologna, città famosa per l’Università e l’attivismo politico, un gruppo di amici in maggioranza studenti del DAMS e vicini all’area di Autonomia Operaia fecero nascere Radio Alice.
A metà di via del Pratello, utilizzando un trasmettitore militare appartenente a un vecchio carro armato americano della seconda guerra mondiale, il 9 febbraio 1976 per la prima volta andò in onda la radio libera di Bologna.

Radio Alice si distinse tra le tante radio libere. Non era solamente una radio politica. All’interno del suo palinsesto radiofonico infatti, si alternavano letture di poesie, discussioni filosofiche, stralci di libri, dichiarazioni d’amore, commenti ai fatti del giorno, ricette, comunicazioni sindacali. I ragazzi la ascoltavano per strada e in casa, quella frequenza che non smetteva mai di trasmettere. La radio era sempre sintonizzata anche durante le manifestazioni e gli scontri, in quella città presidiata dai militari la voce dei giovani passava sulla frequenza 100.6 MHz.
Come  l’Alice del film Disney insegue il  Bianconiglio nella sua tana e finisce in un mondo illusorio fatto di viaggi, paradossi e nonsense, così la radio bolognese scopre che la realtà non ha una sola faccia, ma esiste un mondo diverso.
Nel portare avanti il proprio messaggio di rottura Radio Alice fece delle rivoluzioni anche in campo radiofonico, prima di tutte mandare in onda le chiamate:

«Abbiamo occupato la presidenza e vi parliamo con il telefono del preside, sentite come
urla… Voleva impedirci lo scrutinio aperto e incularci nel quadrimestre»

«Siamo operaie in sciopero di due ore, vogliamo che ci trasmettiate della musica e vogliamo
parlarvi delle 35 ore, che è ora che se ne parli nei contratti»

«Sporchi comunisti ve la faremo pagare cara questa radio, sappiamo chi siete» [e subito
dopo, altra telefonata] «Siamo del comitato antifascista dell’Ospedale Rizzoli, non
preoccupatevi e chiamateci se succede qualcosa, siamo qui giorno e notte»

Chiunque poteva chiamare e dire la propria opinione o lanciare il proprio messaggio, e anzi, più volte
durante le trasmissioni gli speaker invitavano a farlo. Oggi questa pratica non sembra niente di particolare, chiunque in radio invita gli ascoltatori a chiamare. Allora però non era così. Questa grande rivoluzione interpretava a pieno il senso della radio racchiuso in poche parole nello slogan:  «dare voce a chi non ha voce». Durante i momenti di cronaca cittadina il telefono il punto di riferimento per i “cronisti di strada”, i giovani che erano scesi in piazza e spiegavano in diretta cosa stava succedendo.

Come ogni anno in questo stesso giorno, il 25 aprile 1976, a Bologna come in tante città italiane si scese in piazza e manifestare in memoria della liberazione dal nazifascismo.
Il fervore e la rabbia erano dominanti però nei giovani. La rottura e il contrasto generazionale muoveva quei ragazzi, studenti e non. Cresciuti con le storie della resistenza partigiana si sentivano traditi e non rappresentati. Aspiravano a una nuova liberazione da quella gabbia sociale, credevano in un mondo solidale ed egualitario.
Quel 25 aprile migliaia di radio si sintonizzarono sul 100.6MHz. C’era chi aveva portato la propria radio per strada, in piazza, chi aveva aperto le finestre dell’appartamento e aveva puntato le casse verso i tetti rossi, erano persino dentro le università. Erano migliaia le radio sintonizzate e tutte a pieno volume. Così, quando Radio Alice fece partire Bella Ciao, in tutta Bologna riecheggiò quel canto popolare divenuto ormai simbolo della Resistenza. A far risuonare le parole di quel canto erano proprio loro, gli studenti e i giovani lavoratori che ogni giorno scendevano in piazza aspirando a un futuro migliore.

Purtroppo quella radio innovativa e libera ebbe una vita molto più breve di quanto si meritasse.
L’11 Marzo del ’77 nuovi scontri tra militanti e forze dell’ordine vanno in scena in diverse parti della città. Dopo numerose azioni da una parte e dall’altra verso le ore 13 il culmine: un colpo di pistola sparato dal Carabiniere Tramontani uccise Francesco Lorusso, militante di Lotta Continua.
Il giorno seguente ai violenti scontri successivi all’assassinio le forze dell’ordine entrarono dentro Radio Alice, arrestarono tutti i presenti, e soffocarono quella voce di speranza che la radio rappresentava.

Ogni lunedì, per non perdere la memoria, seguite la rubrica di Filippo Mellara Lo stesso giorno. Tutte le precedenti uscite [Qui]

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Filippo Mellara

Abito a San Lazzaro (BO) e sono uno studente universitario di scienze della comunicazione. Impegnato socialmente nel cercare di creare un futuro migliore, più equo e giusto per tutti. Viaggiatore nel mondo fisico e spirituale, ritengo che la ricerca del sé sia anche la ricerca del NOI. Cresciuto tra Stato e Rivoluzione e Bertolt Brecht.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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