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28 marzo 1968
il mondo piange la morte di Jurij Gagarin, primo uomo nello spazio

“Un astronauta, figlio di un carpentiere Juri Gagarin, figlio dell’Ottobre Rosso”
(Banda Bassotti)

Un giovane, bello e coraggioso che riuscì a portare tra il buio dello spazio il sacrificio e i sogni dei proletari di tutto il mondo.
Nato il 9 marzo 1934 in un piccolo villaggio nel centro della Russia, la sua istruzione viene bruscamente interrotta dalla guerra nel 1941. Terzo di quattro figli, con il padre falegname e la madre contadina già dai 16 anni comincia a lavorare in acciaieria. Le umili origini del giovane lavoratore non rappresentano  un problema in Unione Sovietica, e durante il lavoro riprende gli studi in una scuola serale.
Dopo una brillante carriera accademica, nel 1955 Gagarin viene accettato nella scuola aeronautica di Orenburg. In pochi anni il figlio del carpenterie si fa notare per le sue grandi abilità nel volo e il suo interesse per l’esplorazione spaziale. Nell’ottobre del ’59 la sua domanda per il programma spaziale sovietico viene approvata e trasmessa al tenente colonnello Babushkin, colui che diventerà il mentore di Gagarin.
Il 12 aprile 1961, a soli 27 anni, Jurij Gagarin riscrive la storia mondiale delle esplorazioni spaziali: è il primo uomo ad andare nello spazio.
Sono le 9.07 (ora di Mosca) quando Gagarin, dopo aver pronunciato il famoso “Andiamo” , alla velocità record di quasi 28 mila km/h percorre l’orbita in 89,1 minuti e alle 10:55 atterra presso un villaggio della regione di Saratov. Sdraiato supino su Vostok 1, la tuta arancione e la scritta CCCP sull’elmo, Gagarin ha conquistato lo spazio.
Diventa subito simbolo tanto delle vittorie scientifiche quanto di quelle sociali dell’Unione Sovietica, esempio per il proletariato mondiale. Due giorni dopo  viene accolto come un eroe da più di un milione di persone nella piazza Rossa di Mosca. Sfila con la macchina in mezzo alle strade ricoperte di persone e bandiere rosse. Il popolo acclama Gagarin e l’Unione Sovietica, è giorno di festa, la forza della Rivoluzione d’Ottobre del 1917  si esprime di nuovo.

Il cosmonauta figlio dell’ottobre rosso perde poco tempo a festeggiare. Continua a coltivare la sua passione per il volo e si allena in continuazione per nuove missioni, nonostante l’impossibilità per lui di tornare nello spazio. Di esercitazioni ne fa tante in quegli anni, con modelli sempre diversi tra loro.
Durante un normalissimo volo di esercitazione su un MiG-15 precipita a causa di un guasto meccanico. Con accanto il direttore dell’addestramento Sereghin rimane a bordo del velivolo fino all’ultimo per evitare che l’aereo in avaria si schiantasse su un villaggio. I due piloti che non abbandonano l’aereo muoiono entrambi nell’impatto.

È il 27 Marzo 1968. Yuri Gagarin, l’uomo che per la prima volta batté la gravità, muore tra i rottami in fiamme di quell’aereo. La notizia gira in fretta in tutto il mondo.
Il 28 Marzo 1968 migliaia di persone scendono in strada a Mosca e si radunano in quella stessa piazza dove 7 anni prima sfilava come un eroe. Gagarin viene sepolto lì, nella Necropoli delle mura del Cremlino, in piazza rossa, con tutto il mondo a guardare. Sono in milioni, davanti a schermi in tutto il mondo, a piangere l’eroe sovietico.

Gagarin oggi resta impresso nella memoria per la sua impresa, la sua storia, il suo sorriso e la meraviglia che ha riportato sulla Terra, le statue e i francobolli, il centro di addestramento dei cosmonauti alla Città delle Stelle e il nome al cratere sulla Luna dove sognava di mettere piede.
Ed è rimasto un simbolo, un esempio di speranza per il proletariato mondiale, per chi teme di non avere prospettive, di chi viene da famiglie umili ma sogna in grande. Il “figlio del popolo” che poté arrivare ai massimi onori e riconoscenze grazie a una società capace di garantire a chiunque il necessario per i propri bisogni, e allo stesso tempo ricevere da ciascuno rispetto le proprie capacità.

Oggi, l’associazione statunitense Space Foundation, tentando inutilmente di riscrivere la Storia, ha privato  Gagarin del suo titolo e dei suoi onori di “primo cosmonauta”, in quanto astronauta sovietico. Ma tutto il mondo ricorda il suo primato, e ricorda le parole immortali pronunciate da Jurij, guardando la Terra per la prima volta attraverso quell’oblò: “Da quassù la Terra è bellissima, senza frontiere né confini.”

Ogni lunedì, per non perdere la memoria, seguite la rubrica di Filippo Mellara Lo stesso giorno. Tutte le precedenti uscite [Qui]

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Filippo Mellara

Abito a San Lazzaro (BO) e sono uno studente universitario di scienze della comunicazione. Impegnato socialmente nel cercare di creare un futuro migliore, più equo e giusto per tutti. Viaggiatore nel mondo fisico e spirituale, ritengo che la ricerca del sé sia anche la ricerca del NOI. Cresciuto tra Stato e Rivoluzione e Bertolt Brecht.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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