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21 marzo 1968
Jane Elliot insegna cos’è il razzismo

Jane Elliot è un’educatrice e un’attivista per i diritti civili. Insegna in una piccola scuola di Randall, in Iowa, vicino a Riceville, il suo comune di nascita.
Jane, come tutti i suoi concittadini, è bianca. Alcuni di loro, soprattutto i bambini ai quali la maestra insegna, non hanno neanche mai visto un afroamericano. Temendo che questa distanza possa portare i bambini a vedere gli afroamericani come stranieri ed alieni, Jane decide il 21 marzo 1968 – giornata internazionale per l’eliminazione della discriminazione razziale – di insegnare cos’è il razzismo.

Durante la settimana dedica diverse ore nel tentativo di spiegare cos’è il razzismo. Fa degli esempi, racconta i fatti, spiega i sentimenti, riporta anche i discorsi di grandi leader. Randall però rimane un piccolo comune bianco e tranquillo. I bambini difficilmente possono conoscere episodi di intolleranza, e anche quando è Jane a raccontarglieli nessuno dei bambini sembra apprendere a pieno il significato di quei gesti.
Dopo due settimane di duro lavoro ancora Jane non riesce a trovare la strada giusta. I bambini ancora faticano a comprendere quel sentimento per loro così distante e confuso.
La sera del 4 aprile 1968, Jane accende la TV e viene a conoscenza dell’assassinio di Martin Luther King.

Un durissimo colpo per la giovane educatrice. Ricorda distintamente il giornalista che riportava la notizia paragonare King a Kennedy, quest’ultimo citato come leader dei bianchi. È scioccata e distrutta. Si interroga a lungo su come poter sradicare la mentalità razzista. Si interroga su come mettere in guardia i suoi bambini prima che il mondo li trasformi.
Quella stessa sera sta preparando una lezione sui nativi americani. Decide di collegare le due lezioni fra loro, nativi e afroamericani, usando la preghiera Sioux “Oh great spirit, keep me from ever judging a man until I have walked in his moccasins.” [“Oh grande spirito, trattienimi dal giudicare un uomo finché non avrò camminato nei suoi mocassini.”].
Decide di far provare ai bambini bianchi della sua scuola cosa vuol dire ‘indossare i mocassini di bambino di colore’.

Il giorno seguente in classe Jane divide i bambini in due gruppi: da una parte chi ha gli occhi chiari, dall’altra chi ha gli occhi marroni.
I bambini dagli occhi chiari sono i privilegiati: hanno i posti migliori in classe, doppie porzioni di cibo a pranzo, possono bere prima alla fontanella, raramente vengono sgridati mentre vengono enfatizzate le loro capacità.
I bambini con gli occhi scuri invece vengono prima ‘marchiati’ con un collare dagli altri bambini, vengono segregati infondo alla classe, non hanno la possibilità di giocare con chi ha gli occhi chiari e vengono ripetutamente sgridati e sbeffeggiati dalla maestra per ogni minimo errore.
Dopo un primo momento di insicurezza i bambini assecondano completamente le regole quando Jane si inventa di sana pianta una motivazione scientifica: la melanina che colorava gli occhi era legata ad intelligenza e doti dei bambini.

Basta una sola settimana per i primi risultati.
I bambini dagli occhi chiari migliorano i propri voti e la propria presenza in classe, sviluppano atteggiamenti prevaricatori e arroganti verso gli altri bambini.
Quelli con gli occhi marroni invece peggiorano i propri voti e tendono ad emarginarsi. Anche quei bambini che prima erano dominanti in classe diventano in fretta timorosi e diffidenti.

Dopo sette giorni però Jane inverte i ruoli. Ora i bambini dagli occhi marroni sono superiori a quelli dagli occhi chiari. Jane ripropone le stesse regole precedenti, ma a ruoli invertiti.
L’esperimento però stavolta non va nella stessa maniera della precedente. I bambini dagli occhi marroni, i quali avevano vissuto sulla propria pelle la discriminazione, sembrano comportarsi diversamente. Non vi è arroganza o cattiveria. Le regole della maestra vengono rispettate, ma i bambini sembrano non cambiare il proprio atteggiamento, anzi sono inclusivi e non accettano più l’intolleranza verso i compagni di classe.

L’esperimento, denominato Blue eyes/Brown eyesdivenne presto famoso.
Jane, dopo essere stata al Tonight show per raccontare i fatti, fu duramente attaccata da tutta la comunità per l’esperimento considerato profondamente stressante ed umiliante per i bambini. In molti però, lontani da Riceville, la chiamavano per replicare l’esperimento.
Replicò l’esperimento in diverse forme, soprattutto a corsi per adulti. Il 15 dicembre 1970 dimostrò quest’esperienza ad educatori adulti presso la Casa Bianca, in occasione della White House conference on children and youth.

L’esperimento di Jane Elliot ancora oggi viene utilizzato come base per un’educazione civica responsabile. Fu capace di dimostrare come la discriminazione porta i ‘deboli’ ad autoemarginarsi e peggiorare le proprie capacità, e come a ruoli invertiti siano capaci di integrare il prossimo cancellando quel clima di intolleranza.
I bambini del primo esperimento ormai adulti ammettono che quel breve periodo a scuola ha cambiato totalmente il proprio modo di essere. Da allora tutti quei bambini cresciuti sono sempre stati attenti a rispettare chiunque senza dar peso a pregiudizi.

Ogni lunedì, per non perdere la memoria, seguite la rubrica di Filippo Mellara Lo stesso giorno. Tutte le precedenti uscite [Qui]

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Filippo Mellara

Abito a San Lazzaro (BO) e sono uno studente universitario di scienze della comunicazione. Impegnato socialmente nel cercare di creare un futuro migliore, più equo e giusto per tutti. Viaggiatore nel mondo fisico e spirituale, ritengo che la ricerca del sé sia anche la ricerca del NOI. Cresciuto tra Stato e Rivoluzione e Bertolt Brecht.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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