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L’Emilia-Romagna è uscita dalla recessione? Qualcuno ha voluto usare questa chiave interpretativa, un po’ ottimistica, per commentare lo striminzito + 0,3% di crescita del Pil emiliano-romagnolo stimato dal Rapporto 2014 sull’economia, presentato da Unioncamere.
A parte che il dato non è ancora definitivo e potrebbe essere ritoccato al ribasso, è ancora troppo poco, dopo due anni nettamente recessivi come il 2012 (-2,5%) e il 2013 (-1,4%), per parlare, come ha fatto qualche organo di informazione, di “ripresa sulla Via Emilia”.
E’ vero che per il 2015 si prevede una crescita più sostenuta, dell’1%, ma non si può certo prestar troppa fede alle previsioni, che negli ultimi anni si sono rivelate troppe volte sbagliate, praticamente sempre. Basti dire che anche per il 2014 la previsione formulata a dicembre dell’anno scorso era di una crescita dell’1,1%, addirittura un po’ superiore a quella appena sfornata per il 2014! Ma poi le cose sono andate, appunto, in tutt’altro modo.
Aldilà dei tassi di crescita, l’impressione forte è che qualcosa di fondo si sia appannato nel sistema economico e sociale di una Regione che da sempre è caratterizzata da indicatori più vicini alla media europea che a quella italiana.
Si è discusso molto del significato da attribuire all’enorme tasso di astensione registrato alle ultime elezioni regionali. Certo, in quel risultato sono confluiti fattori diversi. Ma forse tra questi ce n’è anche uno che non è stato molto citato: una certa disillusione per quel che l’Emilia-Romagna è stata, nella sua diversità da tutte le altre Regioni d’Italia, e che forse non sarà mai più.
La fortuna di questa Regione negli ultimi decenni era dovuta ad un singolare impasto fatto, da un lato di grandi valori (coesione sociale, etica, solidarietà, accoglienza, apertura culturale) capaci di dar vita ad un efficiente sistema di welfare; dall’altro, di una straordinaria capacità di innovazione, di un’imprenditorialità diffusa e dinamica, di un lavoro particolarmente qualificato e tutelato, a garanzia di un’efficace redistribuzione del reddito.
Oggi, è lecito dubitare della sussistenza di molti di questi punti di forza. Né può consolare il fatto che altre realtà territoriali denuncino su questi terreni un arretramento anche maggiore.
Se del declino dei grandi valori ci parla ogni giorno la cronaca, di quello dell’economia ci parlano i numeri.
Gli investimenti fissi lordi, che ormai da molti anni si collocano ad un livello inferiore del 20% a quello degli anni precedenti la crisi; il tasso di occupazione, attestato 3 – 4 punti percentuali al di sotto di quello del 2008; una distanza crescente, anche nella capacità d’innovazione, tra un gruppo ristretto di imprese che esportano e tutto il resto del sistema imprenditoriale.
Per non parlare di un altro grande punto critico: quello di un territorio divenuto incredibilmente fragile, soggetto a frane e ad alluvioni; un territorio che si scopre esposto al rischio sismico; un territorio, soprattutto, che lo sviluppo degli ultimi decenni ha intensivamente sfruttato, espandendone continuamente l’area edificata e cementificata. Un territorio che da tempo avrebbe bisogno di un gigantesco investimento di risistemazione e di messa in sicurezza, per il quale però continuano a mancare le risorse.
Ci sarebbe davvero dunque bisogno di qualche idea nuova, di qualche nuovo impulso, anche in campo economico, capace di aiutare e indirizzare il cambiamento necessario, magari facendo salvi i valori costitutivi di cui sopra.
Un compito davvero difficile per il nuovo Presidente della Regione, Stefano Bonaccini, e per la Giunta che in questi giorni sta nascendo.

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Giuliano Guietti

Laureato in legge, sindacalista, ha ricoperto vari incarichi nella categoria dei chimici Cgil e da ultimo quello di segretario generale della Camera del Lavoro di Ferrara. Attualmente opera in Cgil Regionale Emilia Romagna.

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Caro lettore

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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