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“Stupido è chi lo stupido fa”. E’ una delle frasi simbolo del fortunato film “Forrest Gump” del 1994 e il protagonista, interpretato da un bravissimo Tom Hanks, la pronuncia davanti alla mamma del suo amico Bubba, morto in Vietnam, profondo conoscitore dei gamberi, su come si pescassero e su come si cucinassero. Era stato lui a dare l’idea a Forrest di investire in una società “di gamberi” e lui, tornato dal Vietnam, lo aveva fatto insieme al povero tenente Dan ricavandoci tanti soldi, ma la sua onestà gli imponeva di condividere questo benessere con la famiglia del suo amico.

Non si sentiva stupido e tantomeno riteneva stupido quanto stesse facendo, anzi, lo riteneva sensato e ne era molto fiero. Del resto è stupido chi fa cose stupide.

Cosa avrebbe pensato Forrest Gump a proposito dei politici che hanno voluto introdurre nei nostri ordinamenti nazionali il Patto di Stabilità e Crescita? Forse era un personaggio di animo troppo semplice per dare dei giudizi così complessi, ma fortunatamente gli stessi politici che hanno operato questa scelta ci hanno tratto d’impaccio e hanno pubblicamente giudicato il loro stesso agire.

Dal punto di vista tecnico il Psc è un trattato nato nel 1997, figlio dei vincoli di bilancio già imposti con il Trattato di Maastricht del 1992. Un paper che impone taglio di debiti pubblici e deficit ovvero una catena imposta agli Stati per impedirgli di spendere e investire per il benessere dei propri cittadini. L’Austerità che attraverso varie rivisitazioni nel 2005, nel 2011, nel 2013 e nel 2014 diventa legge sempre più stringente anche grazie all’introduzione di una norma addirittura costituzionale, il pareggio di bilancio introdotto nell’aprile del 2012.

Ovviamente la firma di questa trattato è stata volontaria quindi ce l’abbiamo perché lo abbiamo voluto, non perché ce lo hanno imposto. Tra l’altro i criteri per raggiungere tali obiettivi sono una scelta nazionale, nel nostro caso si è scelto di suddividere i sacrifici tra le varie amministrazioni: Stato, Regioni e Comuni.

Da un punto di vista dei cittadini significa più tasse e meno servizi. Quando i politici dicono che i sacrifici sono stati ben ripartiti tra Stato, Regioni e Comuni sembra quasi che vogliano far credere che delle entità giuridiche, avulse dalla realtà, tirino fuori chissà da dove dei soldi da dare in conto Psc. In realtà significa solo che Stato, Regioni e Comuni che prima spendevano dei soldi per fare delle cose, tipo far lavorare delle persone o investire in opere pubbliche o far funzionare bene gli ospedali o tenere a posto le strade, non lo faranno più. E se questa stretta sulle spese non basterà, si aumenteranno le tasse.

Quindi non Stato, Regioni o Comuni ma cittadini, persone, cioè noi siamo quelli che si accollano i sacrifici decisi da altri.

L’amministrazione in sé fa solo dei conti e trasferisce sull’ultimo il problema. Un po’ come l’Iva che passa di mano in mano fino ad arrivare all’ultimo della fila che è costretto a pagarla senza poterla più passare.

Certo anche con le tasse, come per le persone, ci sono quelle intelligenti, cioè che hanno quantomeno un senso, e quelle stupide. Tasse accettabili ad esempio potrebbero essere tutte le tasse che tengono conto del reddito in maniera progressiva, cioè se guadagno molto pago molto e se guadagno di meno pago di meno. Il Psc aggredisce tutti, indistintamente e blocca gli investimenti di tutte le amministrazioni pubbliche, sia centrali che periferiche. Rallenta lo sviluppo e fa disperare le persone che non ricevono più i servizi necessari alla loro quotidianità. Un dramma, quindi Psc e conseguenti ‘two packs’ e ‘six packs’ poco accettabili.

Qui arriviamo allo ‘stupido è, chi lo stupido fa’, e nel farlo sgombriamo il giudizio da un potenziale conflitto di interessi.

Il cittadino lo ritene stupido perché deve pagare più tasse in cambio di meno servizi, perché quando va in ospedale deve aspettare mesi per avere una prenotazione, perché sono stati diminuite le giornate di sfalcio erba e non ci sono soldi per riparare le strade, perché il Comune non ha soldi per imbiancare le scuole o metterne in sicurezza i soffitti.

Insomma è facile giudicare stupido il Psc se si è un cittadino, bella forza.

Ma chi ha preso la decisione di firmare un trattato (e rinnovarlo ogni paio d’anni) e chi ha l’incombenza di applicarlo, come lo giudicherà?

Ecco, il Psc è stato definito stupido nell’ultimo consiglio comunale dal Sindaco di Ferrara che però ha aggiunto “lo rispetto”, lo definisce stupido il Presidente del Consiglio Renzi che però parimenti aggiunge che lo rispetterà e persino il Presidente del Consiglio che nel ’97 lo firmò, Romano Prodi. Quest’ultimo è stato anche Presidente della Commissione Europea e non ha mai lesinato di attribuirgli l’epiteto di stupido.

Il fatto sconvolgente è che noi stiamo subendo gli effetti di una decisione stupida, presa coscientemente da persone che la definiscono stupida e fatta applicare da amministratori che la ritengono stupida (qui possiamo applicare lo ‘stupido è chi lo stupido fa’).

Provo a chiedere di scendere da quest’auto, guidata da un’autista ubriaco che ha deciso di andare a sbattere a 100km all’ora. Ma non riesco a convincerlo perché lui ha indosso cuffie anti rumore per non sentire oltre che airbag, cintura, tuta ignifuga e casco integrale mentre a me hanno tolto tutte le dotazioni di sicurezza.

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Claudio Pisapia

Dipendente del Ministero Difesa e appassionato di macroeconomia e geopolitica, ha scritto due libri: “Pensieri Sparsi. L’economia dell’essere umano” e “L’altra faccia della moneta. Il debito che non fa paura”. Storico collaboratore del Gruppo Economia di Ferrara (www.gecofe.it) con il quale ha contribuito ad organizzare numerosi incontri con i cittadini sotto forma di conversazioni civili, spettacoli e mostre, si impegna nello studio e nella divulgazione di un’informazione libera dai vincoli del pregiudizio. Cura il blog personale www.claudiopisapia.info

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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