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In questo scorcio di estate sfilacciata e fiacca, in cui meteorologia e difficoltà economiche hanno contribuito ad un generale clima depressivo, palpabile nelle strade delle città, negli stabilimenti balneari, come nelle sagre di paese, le persone faticano a trovare le energie necessarie per affrontare, con convinzione, la ripresa del lavoro. Non hanno fatto bene le notizie quotidiane sugli episodi di follia individuale che hanno avuto esiti tragici (infanticidi e femminicidi), ricordandoci che la follia abita la nostra vita quotidiana. Non hanno fatto bene neppure i confronti di piccolo cabotaggio sulle vicende politiche, gli attestati di simpatia o di antipatia verso questo o a quel personaggio pubblico, a commento di episodi insignificanti come l’adesione a gavettoni a scopi di beneficienza.
Ci prepariamo ad un altro anno di informazione e di luoghi comuni?

Molta parte del dibattito politico proposto dai media, televisione e giornali, appare uno spettacolo di parole. Uno spettacolo in cui ognuno recita se stesso: l’obiettivo non è argomentare, ma suscitare appartenenze, schieramenti; non è convincere, ma intrattenere. I talk show hanno preso il posto degli spettacoli di intrattenimento, forniscono materiali per le conversazioni, ci catturano perché consentono di schierarci da una parte o dall’altra. Le espressioni di accordo e disaccordo verso questa o quella posizione hanno lo stesso tono delle tifoserie che disputano sui gol e l’arbitraggio di questa o quella partita di calcio e pure lo stesso senso: nutrire l’identità.
Ciò che mi colpisce è proprio la passione personale con cui si commentano i fatti, la simpatia o l’antipatia verso un gesto, ancorché insignificante, compiuto da un personaggio pubblico. Qualunque sede mediatica è sempre occasione di spettacolo e di intrattenimento: per raggiungere questo obiettivo deve suscitare emozioni. L’obiettivo dei media è convogliare su qualche evento le nostre emozioni, darci pretesti per schierarci, per sentirci dalla parte giusta, per stigmatizzare l’involuzione, la caduta, la perdita, il degrado, la liquefazione di non so quale virtù precedentemente solida.

Le nostre opinioni si creano attraverso una continua mescolanza di frammenti di notizie derivanti dai media tradizionali, televisioni e giornali e rimbalzati nelle piazze virtuali che ognuno di noi frequenta. Ibridazione è divenuta la nuova parola chiave.
La nostra diretta partecipazione alla “produzione dei fatti” rende ancora più forte il contenuto emozionale dei messaggi, che viene filtrato dalle nostre esperienze dirette ed entra nelle forme della socialità odierna: le conversazioni in rete. I social network hanno preso il posto dei tradizionali luoghi di dibattito politico e sono oggi i nuovi luoghi in cui si forma l’opinione pubblica. Ma è un’opinione pubblica sempre più fondata sulle emozioni. I social media ci spingono a schierarci, difendere, attaccare, argomentare. Ognuno si forma un’idea prima che sia in grado di produrre un’analisi dettagliata e questa idea si consolida, a prescindere da ulteriori argomenti.
Sta cambiando la definizione di spazio pubblico. La distinzione tra uno spazio che appartiene alle persone, chiuso tra le mura domestiche, dedicato agli affetti personali e degno di essere protetto dagli sguardi indiscreti e uno spazio dell’agorà, dedicato all’incontro e alla discussione sul bene comune, è venuta meno. Esiste in questi nuovi luoghi digitali lo spazio per una argomentazione critica, informata e non filtrata da punti di vista preconcetti e da scorciatoie rassicuranti? Non possiamo rinunciare a pensarlo.

Maura Franchi (Sociologa, Università di Parma) è laureata in Sociologia e in Scienze dell’Educazione. Vive tra Ferrara e Parma, dove insegna Sociologia dei Consumi, Marketing del prodotto tipico, Social Media Marketing e Web Storytelling. I principali temi di ricerca riguardano i mutamenti socio-culturali correlati alle reti sociali, le scelte e i comportamenti di consumo, le forme di comunicazione del brand.
maura.franchi@gmail.it

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Maura Franchi

È laureata in Sociologia e in Scienze dell’Educazione. Vive tra Ferrara e Parma, dove insegna Sociologia dei Consumi, Social Media Marketing e Web Storytelling, Marketing del Prodotto Tipico. Tra i temi di ricerca: le dinamiche della scelta, i mutamenti socio-culturali correlati alle reti sociali, i comportamenti di consumo, le forme di comunicazione del brand.

PAESE REALE

di Piermaria Romani

PROVE TECNICHE DI IMPAGINAZIONE

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Pescando un pesce d’oro
5 titoli evergreen dall’archivio di 50.000 titoli  di Periscopio

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


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