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La frazione organica è la componente principale del rifiuto solido urbano prodotto nella fase del consumo finale. Da un confronto di diverse analisi sulla composizione in peso dei rifiuti, l’organico rappresenta infatti circa il 30%, plastica e gomma rappresentano circa il 13-15%, carta e cartoni il 25-27%, il vetro il 5-7% e i metalli rappresentano il 3-5% dei rifiuti urbani. Sulla base di analisi condotte direttamente nella fase della raccolta (al cassonetto), la parte organica, comprendente legno e verde, rappresenta dunque quasi un terzo del totale dei rifiuti urbani e varia in funzione della grandezza dei comuni: è minore nelle aree urbane e metropolitane, mentre è crescente al decrescere del numero di abitanti. Il Rapporto rifiuti organici 2014 del Cic (Consorzio italiano compostatori) sul recupero delle frazioni organiche, conferma la crescita del settore. Aumenta ancora la raccolta dell’organico. Con una crescita media nell’ultimo decennio di quasi il 10% l’anno, lo scarto organico si consolida come la componente principale dei rifiuti urbani raccolti in Italia, attestandosi al 42% nel 2013 (era il 37% nel 2012). Su un totale di 12,5 milioni di tonnellate di rifiuti urbani differenziati nel Paese, la raccolta della frazione organica (umido e scarto verde) è stata di 5,2 milioni, seguita dalla carta con 3 milioni di tonnellate e dal vetro con 1,6 milioni. In verità, la composizione merceologica dei rifiuti urbani (in peso e in volume) sta cambiando negli ultimi anni con la crescita delle frazioni secche (carta, plastica, vetro, metalli) rispetto alla frazione organica, ma per ora limitiamoci a parlare di umido, ovvero di frazione putrescibile, ovvero di organico, dunque di compost.
Il cambiamento del sistema dei consumi alimentari ha prodotto una standardizzazione di produzione dei rifiuti abbastanza netta tra distribuzione e consumo finale nelle famiglie: è aumentato il consumo esterno alla famiglia e sono cambiate le modalità di consumo nelle famiglie. Complessivamente le famiglie producono direttamente circa la metà dei rifiuti urbani, mentre l’altra metà viene prodotto dagli operatori dei servizi, del commercio, dei pubblici esercizi che gestiscono tutto il sistema del consumo. E’ importante perciò sottolineare che la famiglia, come consumatore finale, controlla solo una parte dei rifiuti urbani e pertanto le strategie della raccolta differenziata dovranno considerare il peso che questo canale ha nella produzione dei rifiuti. Nello specifico le famiglie consumano il 50% dell’organico presente nei rifiuti (si stima una produzione media giornaliera pro-capite di organico di circa 200-250 grammi), il 40% degli imballaggi (per la maggior parte primari) e insieme a terziario e servizi (uffici) circa il 90% della carta da giornali e della carta non da imballo (fogli, ecc.).
E’ dunque strutturalmente cambiato il sistema di distribuzione attraverso nuovi sistemi di imballaggio: secondario e terziario presso gli operatori commerciali, primario per il consumo finale delle famiglie. Gli imballaggi sono diventati la componente principale negli Rsu – Rifiuti solidi urbani (35% in peso e 50% in volume). Lo sviluppo dell’imballaggio a perdere è diventato decisivo nel sistema del consumo. Si stima che il “non-domestico” produca l’altro 50% di organico presente negli Rsu, ma che soprattutto il commercio tradizionale, la grande distribuzione e l’industria (escludendo i rifiuti industriali) producano come rifiuto, per la maggior parte, gli imballaggi (ossia cartoni, vetro, plastica, legno, ferro, alluminio) che rappresentano circa il 50% del totale degli imballaggi rifiuto. Bisogna tenerne presente quando si definiscono i sistemi di raccolta. A cosa servono queste informazioni? Il settore della raccolta differenziata e del trattamento mediante compostaggio dei rifiuti organici sta evolvendo verso la produzione di materia (il compost di qualità) e di energia (biogas convertito o meno in energia elettrica/termica) ma che, soprattutto, sta incrementando la costruzione di impianti di digestione anaerobica (come pretrattamento per la produzione di biogas) e compostaggio (come fase di finissaggio per la produzione di fertilizzante organico).
Il compostaggio è una tecnica attraverso la quale viene controllato, accelerato e migliorato il processo naturale a cui va incontro qualsiasi sostanza organica per effetto della flora microbica naturalmente presente nell’ambiente. Si tratta di un “processo aerobico di decomposizione biologica della sostanza organica che avviene in condizioni controllate e che permette di ottenere un prodotto biologicamente stabile in cui la componente organica presenta un elevato grado di evoluzione”. La ricchezza in humus, in flora microbica attiva e in microelementi fa del compost un ottimo prodotto, adatto ai più svariati impieghi agronomici, dal florovivaismo alle colture praticate in pieno campo.
Il processo di compostaggio si compone in due fasi: bio-ossidazione, nella quale si ha l’igienizzazione della massa, che è la fase attiva, caratterizzata da intensi processi di degradazione delle componenti organiche più facilmente degradabili; e maturazione, durante la quale il prodotto si stabilizza arricchendosi di molecole umiche (da humus), caratterizzata da processi di trasformazione della sostanza organica. La migliore utilizzazione del compost è quella di essere un ammendante utile al terreno e utilizzabile in tutti i comparti agricoli (pieno campo, orticoltura, frutticoltura, coltivazione in contenitore, ecc.) e, come tale, può venire commercializzato. La capacità ricettiva del comparto agricolo risulta essere notevolmente superiore alla capacità produttiva del settore; infatti la superficie agraria nazionale è pari a circa 16 milioni di ha della quale circa il 30% può essere prudenzialmente interessata all’applicazione di ammendanti compostati, in sostituzione dei tradizionali letami, difficilmente reperibili.

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Andrea Cirelli

È ingegnere ed economista ambientale, per dieci anni Autorità vigilanza servizi ambientali della Regione Emilia Romagna, in precedenza direttore di Federambiente, da poco anche dottore in Scienze e tecnologie della comunicazione (Dipartimento di Studi Umanistici di Ferrara).

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Caro lettore

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Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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