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Finite le feste e traguardato il nuovo anno, abbiamo ripreso il nostro viaggio all’interno delle fondazioni, alla ricerca dell’oro del Pci. E siamo riusciti a intervistare il potente senatore Ugo Sposetti, tesoriere dei Democratici di sinistra, partito in liquidazione dal 2007, nonché presidente nazionale della fondazione che ancora ha in pancia il patrimonio che originariamente fu del Pci. A palazzo Madama, nel 2013, Sposetti è stato eletto nelle liste del Pd.

Senta Sposetti, ci aiuti a capire la ‘ratio’ delle fondazioni. Nel 2007, quando sono state costituite, c’era l’esigenza di mettere in sicurezza il patrimonio dei Ds…
La interrompo subito. Il problema non era la messa in sicurezza. Ma mi faccia fare un passo indietro, così la storia parte dall’inizio. Quando sono diventato tesoriere nazionale dei Ds, nel 2001, mi sono messo le mani nei capelli per la quantità di debiti accumulati. Superata la prima fase di stordimento abbiamo cominciato a ragionare su un modello di gestione della politica che tenesse finanza e patrimonio fuori dal partito. Il sistema tedesco ci è sembrato quello adatto: separazione dal partito del transito di denaro e della formazione politica. Poi c’è stata una fase confusa, coincisa con l’elezione di Prodi a palazzo Chigi. E mentre si sviluppa la riflessione arriviamo al 2007…
E nasce il Pd…
No, il proprietario muore.
Diciamo che c’è la fusione fra Ds e Margherita…
La fusione non c’è mai stata: se ci fosse stata la fusione ci sarebbe stato anche il passaggio del patrimonio. Il Pd è un soggetto nuovo.
Formalmente, ma di fatto è l’unione dei due partiti.
Le proprietà sono regolate dal codice civilistico. Quel che è successo è che i Ds sono scomparsi senza lasciare eredi. Così le persone nominate curatrici dei beni si sono dotate dello strumento della fondazione per gestirli. Intendiamoci, non s’è inventato niente di nuovo: è il modello adottato e praticato dalla Chiesa…
Insomma, lei parla di proprietario; ma quei beni erano il frutto del lavoro, dei contributi, delle sottoscrizioni di migliaia e migliaia di militanti, un’eredità che risale sino ai tempi del Pci, frutto dell’impegno di generazioni…
Ma il Pd è un’altra cosa.
Sarà anche un’altra cosa, ma la maggior parte dei militanti dei Ds ha continuato a sviluppare la propria opera all’interno di questa formazione politica e oggi credo abbia qualche titolo per rivendicare quel patrimonio.
Nessuno rivendica nulla, sono solo i giornali a fare rivendicazioni.
A me risulta altro: si avverte un diffuso malcontento. In ogni caso nei passaggi fra Pci e Pds e poi fra Pds e Ds ci si era regolati diversamente…
Quelli erano passaggi interni, mutazioni nell’ambito dello stesso partito.
Quindi lei non avverte alcun debito morale nei confronti di quei militanti?
Io in debito? Assolutamente! Anzi, vanto un credito per tutto quello che ho fatto. Oltretutto il Pd ha 1.800 sedi, mi pare possa essere soddisfatto.
Sedi per le quali paga gli affitti, peraltro, sia pure a canoni calmierati…
Giusto per garantirci le spese di manutenzione, la copertura degli oneri tributari, i costi di messa a norma…
Provo a seguirla nel suo ragionamento e di conseguenza le domando: se la nascita delle fondazioni non era funzionale a una temporanea messa in sicurezza del patrimonio degli ex Ds, qual è lo scopo?
Lei vada a vedere sui siti delle fondazioni la ricchezza delle iniziative culturali e l’articolazione dei programmi svolti.
Per la verità a Ferrara, decisamente, non è così.
Non è mica colpa mia se a Ferrara non fanno iniziative.
E lei non può fare nulla in casi come questo? Non ha un potere di indirizzo sulle fondazioni che derogano degli obiettivi statutari?
Proverò con una moral suasion…
Comunque lei ci sta dicendo che lo scopo delle fondazioni è svolgere attività culturale per la diffusione dei valori politici della sinistra, come è scritto anche negli statuti. Giusto?
Esattamente.
E di quel che fate, di come impiegate i fondi, di come gestite il patrimonio a chi rendete conto?
Sui siti delle fondazioni pubblichiamo regolarmente i bilanci.
Sarà così ma non ovunque, non a Ferrara quantomento.
Lei è incappato in Ferrara, che ci posso fare? Ma guardi un po’ in giro la situazione.
Verificherò. Comunque dare visibilità ai conti economici è doveroso, ma la rendicontazione dovrebbe essere più ampia e complessiva, in termini di bilancio sociale come si usa dire ora…
Lei ha ragione. Queste cose funzionano se c’è trasparenza e partecipazione.
E comunque lei conferma che il tema dello scioglimento delle fondazioni non è all’esame…
Per lasciare il patrimonio al Pd? Non c’entra nulla.
Quindi lei esclude la possibilità che un giorno le attuali fondazioni possano diventare lo strumento che gestisce, esternamente al partito, il patrimonio del Pd, così come a suo tempo avevate immaginato per i Ds?
Qual è la formula gestionale che ha in testa Renzi? Lei lo sa?
Io no. Ma lei potrebbe chiederlo direttamente a Renzi.
La saluto…
Qualcuno sostiene che siate il vecchio che vuole condizionare il nuovo…
Ma Sposetti non risponde. Ormai è già lontano. Lontano come il giorno in cui al Corriere della Sera manifestava propositi opposti a quelli attuali: «La prossima settimana – asseriva rispondendo all’intervistatrice il 16 dicembre 2007 (leggi) – manderemo una circolare a tutte le sezioni e federazioni per spiegare come archiviare, nel momento in cui passerà al Pd, il nostro patrimonio. E scatterà la fase operativa». Una fase operativa mai scattata e ora rinviata ‘sine die’, con una formula che lascia intendere un’archiviazione senza possibilità di appello.

8 – CONTINUA

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Sergio Gessi

Sergio Gessi (direttore responsabile), tentato dalla carriera in magistratura, ha optato per giornalismo e insegnamento (ora Etica della comunicazione a Unife): spara comunque giudizi, ma non sentenzia… A 7 anni già si industriava con la sua Olivetti, da allora non ha più smesso. Professionista dal ’93, ha scritto e diretto troppo: forse ha stancato, ma non è stanco! Ha fondato Ferraraitalia e Siti, quotidiano online dell’Associazione beni italiani patrimonio mondiale Unesco. Con incipiente senile nostalgia ricorda, fra gli altri, Ferrara & Ferrara, lo Spallino, Cambiare, l’Unità, il manifesto, Avvenimenti, la Nuova Venezia, la Cronaca di Verona, Portici, Econerre, Italia 7, Gambero Rosso, Luci della città e tutti i compagni di strada

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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