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Quante volte abbiamo letto che in un ristorante o in un albergo è stato negato l’ingresso a una persona cieca solo perché accompagnata dal proprio cane guida? La cronaca italiana non è priva di storie simili, che mostrano come a volte non si abbiano scrupoli a negare la normalità a un individuo solo a causa della sua condizione.

Luisa Bartolucci, già autrice de “Le domande le faccio io”, ha presentato in questi giorni presso Occhiali D’Oro (in via Contrari 9 a Ferrara) il suo secondo libro “Guide a 4 zampe”, iniziativa organizzata dall’Unione per Ciechi di Ferrara con il patrocinio del Comune di Ferrara. Trentuno interviste e due storie, per capire le difficoltà, ma anche la bellezza della vita simbiotica di chi si affida ad un cane guida.

” Il progetto –  racconta l’autrice – è nato in un modo un po’ strano, così com’è stato per il mio primo libro. Io ho sempre scritto e realizzato interviste per l’Unione dei Ciechi e degli Ipovedenti e in passato ho frequentato il primo e unico corso di giornalismo realizzato per persone non vedenti. Non era mio grande interesse quello di raccogliere storie, ma alcuni episodi mi hanno indotto a farlo. Il primo libro, che era una raccolta di interviste fatte a personaggi del mondo dello spettacolo o della letteratura, decisi di scriverlo perché erano stati tagliati i fondi al Centro Nazionale del Libro Parlato e avevo voglia di dare un aiuto concreto. Nel caso di questo secondo volume, invece, le motivazioni sono state due. Da un lato ero venuta a conoscenza della situazione economica di una delle scuole per cani guida italiane, la scuola triveneta di Selvazzano, in provincia di Padova, a cui sto destinando i ricavati del libro. Dall’altro mi ha invogliato a scrivere la constatazione che ancora oggi si fa fatica ad andare in giro con la propria guida a quattro zampe, perché non ti fanno entrare nei locali, nei ristoranti, oppure non puoi usufruire dei taxi perché i tassisti non vogliono cani a bordo. C’è una legge che stabilisce che i cani guida possano entrare in ogni esercizio pubblico ma, anche se è prevista una multa, c’è ancora chi non la rispetta”.

Il cane guida per un non vedente è un vero e proprio strumento di autonomia, oltre che un incredibile compagno, eppure in Italia si fatica a comprendere che, rifiutando l’ingresso dell’animale, si limita fortemente la libertà del proprietario. Le interviste e le storie presenti nel libro, però, non sono tutte italiane, hanno partecipato anche francesi, spagnoli, americani e tedeschi.
“Non è un problema tutto italiano, ma indubbiamente da noi ci sono delle criticità maggiori. Per esempio, all’estero il cane guida è meglio conosciuto, invece, nel nostro Paese, nonostante tutte le campagne di sensibilizzazione, le persone non ne sanno molto. Qualcuno ci raccontava che gli è capitato di sentire che il proprio cane è stato scambiato per un cane di salvataggio o per un cane antidroga. Quando avevo il cane guida ricordo che dicevano di tutto e di più, non era mai associato al suo vero compito. È emerso quanto ancora sia difficile, anche all’estero, vivere la quotidianità con il proprio cane guida. Un denominatore comune è il problema dei taxi. Noi a Roma abbiamo il più alto tasso di tassisti allergici. Quando vogliono che il cane non salga trovano questa motivazione”.

Nel libro non sono presenti tecnicismi, non viene spiegato come si addestra un cane guida e quali esercizi vanno fatti, ma sono raccolti dei consigli su come gli altri devono comportarsi in presenza di un cane al lavoro, che non può essere distratto dal compito che sta svolgendo. I cani, però, sono animali estremamente intelligenti e non tutti sono remissivi.
Qual è il racconto che più ti ha divertito?
“Mi viene in mente la storia che mi ha raccontato un tedesco. Uno dei suoi cani guida era una vera e propria femmina alfa e gli giocava anche degli scherzi. Una volta, per esempio, si è nascosta in un cespuglio e lui non riusciva a ritrovarla. Un’altra volta, invece, era stata rimproverata per averlo fatto sbattere contro un erogatore di tagliandi per i parcheggi. Lei, centro metri dopo, l’ha mandato nuovamente contro un secondo erogatore, si è voltata e gli ha poggiato il muso sul ginocchio come per ricordare che lì comandava lei”.

Il libro è disponibile su diversi formati, dal cartaceo al libro parlato, per cui Luisa Bartolucci si batte da tempo. Secondo alcuni dati, risulta che le persone ceche leggano molto di più di chi è normodotato, ma devono aspettare che il libro venga prodotto per loro, con dei ritardi anche di diversi mesi.
“Ricordo quando uscì il “Codice Da Vinci”, di cui tutti parlavano, noi riuscimmo a leggerlo dopo sei, sette mesi. Siamo stanchi di questa situazione, soprattutto considerando che l’Italia deve ancora ratificare il trattato di Marrakech (per facilitare l’accesso ai testi per le persone cieche, con incapacità visive o con altre difficoltà ad accedere al testo stampato). I libri sono pubblicati continuamente e se le case editrici non mettono a disposizione il formato elettronico dobbiamo supplire con le nostre strutture. Ci sono degli autori particolarmente sensibili che, in accordo con la casa editrice, ci hanno fornito il testo in anticipo, permettendo l’uscita delle diverse edizioni lo stesso giorno, ma sono eccezioni”.

“Guide a quattro zampe” è rivolto a tutti, perché anche chi non ha mai visto un cane guida possa capirne l’importanza, senza esserne diffidente, perché non si limiti il suo accesso nei luoghi consentiti. Quale vuole essere il messaggio del libro?” Attraverso queste storie vorrei che passassero due concetti diversi. Il primo rivolto ai cechi e agli ipovedenti, per sottolineare che, anche nelle nostre metropoli, con il cane guida si può! In secondo luogo vorrei che si capisse che si deve essere accoglienti nei confronti del cieco e del suo cane guida, che ci consente di essere autonomi e di vivere una vita il più normale possibile. Rifiutando il cane rifiuti anche me”.

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Chiara Ricchiuti


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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