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da: Casa Editrice Nuove Carte

Lunedì 15 febbraio 2016 alle ore 17, presso la Biblioteca Comunale Ariostea di Ferrara (Sala Agnelli – Via delle Scienze, 17) sarà presentato il volume recentemente edito da Nuovecarte: Far filò. Divagazioni fra amiche, di Gina Nalini Montanari.
Dopo il saluto di Luisa Carrà (Società Dante Alighieri, sezione di Ferrara) e Alessandro Moretti (Gruppo Scrittori Ferraresi), a parlarne con l’Autrice sarà Giuliana Berengan, introdotta dall’editrice, Silvia Casotti.
Sperimentatrice di percorsi e linguaggi multisensoriali, ideatrice della Campagna Internazionale in Difesa delle Parole Save the Words, così come del nuovo strumento atto a questo scopo, per cui conia il termine di verbodramma, azione scenica in cui la parola è protagonista in tutta la sua bellezza, energia vitale, musicalità e pregnanza, Berengan offrirà certamente una lettura originale e profonda dei racconti della nota autrice ferrarese, nei contenuti ma anche nella struttura, non meno importante.

Già dal titolo l’Autrice dichiara cosa accadrà fra le righe e ci riporta ad una pratica “antica”, ma in questa nostra epoca, dominata da reti sociali e mezzi di comunicazione sempre più sofisticati, che senso può avere “far filò”?
Tre amiche, che hanno qualche decennio sulle spalle, ma che vivono una vita attiva, piena di interessi, impegni, relazioni, decidono di incontrarsi periodicamente, fissando ogni volta un tema su cui riflettere, parlare, scambiare opinioni.
I pomeriggi, organizzati a casa dall’una o dall’altra, vedono quindi intrecciarsi ricordi personali, suggestioni d’arte e di storia, esperienze di vita, attualità e amore per la “loro” Ferrara.

Così, fra pagine dedicate al Palio e agli eventi in città ed altre che dichiarano l’amore per gli animali o l’impegno nel volontariato, tanti argomenti si alternano, in una cadenza grave e leggera, che tocca anche temi più crudi, come la violenza sulle donne o la tragedia dei migranti. Le protagoniste, tuttavia, e con loro l’Autrice, non cedono mai a cupezza e senso di rassegnazione, quanto piuttosto affrontano anche le negatività dell’esistenza con un’apertura positiva e ricca di impegno, accoglienza, speranza.

Nalini Montanari, poi, fa un passo oltre e, quasi senza accorgersene, naturalmente recupera anche il senso antropologico e pedagogico del “far filò”, ad esempio laddove le amiche chiacchierano sui loro rapporti col mondo dei giovani o decidono di interagire con esso, scegliendo di organizzare una gita a Palazzo Schifanoia insieme ai nipotini oppure recuperando con loro, e con altri piccoli amici, il senso della Pasqua, mentre predispongono un piacevole pomeriggio artistico per colorare le tradizionali uova sode.

Se un tempo si trovavano attorno al fuoco vecchi e bambini e questi ultimi stavano lì ad ascoltare, per assorbire le storie e le esperienze degli adulti, nei racconti di Gina Nalini Montanari fanno incursione giovani personaggi che dalle tre signore ricevono aiuto, conforto, gioia, affetto ed insegnamenti. Anche se le protagoniste dichiarano apertamente la loro profonda distanza da certi aspetti del mondo del “tutto e subito”, che sembra aver preso ormai il sopravvento sulle priorità autentiche del vivere, mantengono tuttavia costante un fare sempre benevolo e aperto alla comprensione e un atteggiamento improntato a un forte senso morale, mai moralista. Non c’è una Verità rivelata, ma una volontà di riflettere e di capire: “Dobbiamo dar fiducia, ai giovani!” esorta una di loro.

La “chiacchiera” del nostro filò è, infine ma principalmente, un raccogliere e dare un senso alle parole, farne un atto di ascolto e rispetto dell’altro, perché, come recita l’esergo: “Il dialogo nasce dalla convinzione che l’altro abbia qualcosa di buono da dire; dialogare significa un’accoglienza cordiale… aprire le porte di casa” (papa Francesco).

“La parola fatta nascere con amore – scrisse tempo fa Berengan sul “Wall Street International” – invade i sentimenti, induce la commozione poiché al di là dei segni che vediamo distendersi a disegnare il testo c’è l’infinito, invisibile universo di sentire e di sapere che sottende all’esperienza creatrice, un mondo di sensazioni che rimanda a memorie lontane, che passa attraverso il gesto della mano che scrive srotolando e facendo scorrere tra le dita il filo dei ricordi come su un antico telaio. La capacità di ricordare ovvero, secondo la bellissima etimologia di questa parola, di ‘riconsegnare al cuore’ le caleidoscopiche immagini che la memoria ci rimanda, è un dono prezioso, capace di contrastare la tirannia del tempo e dello spazio”.
Questo fanno Eleonora, Loredana e Caterina, e tramite loro l’Autrice: affidano ai nostri cuori un compito importante, quello di ricordare, appunto, ma di farlo perché “se non ricordiamo non possiamo comprendere”, come ci esorta Nalini Montanari attraverso le parole di Eduard Morgan Forster.

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Riceviamo e pubblichiamo


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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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