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Da: Eventi Ferrara
Dialoga con l’autrice Roberto Pazzi

Cina. Un uomo con mani vecchie millenni, immobile dove il buio è sovrano. Qin Shi Huang Di, primo imperatore cinese, personaggio storico divenuto famoso nel mondo per la sua straordinaria sepoltura, con migliaia e migliaia di statue in terracotta riproducenti aurighi e cavalli, arcieri, fanti, cavalieri e ufficiali che ancora lo vegliano, tutti diversi. Gli scavi archeologici, iniziati nel 1974 vicino al Monte Li nella Cina Orientale e tuttora in corso, segnano l’incommensurabile distanza da un passato che occhieggia somiglianze con il presente vissuto da Kristin, l’archeologa americana che nel romanzo coordina i lavori dello scavo in un’area che è più grande della Valle dei Re in Egitto. Perché nessuno mai potesse svelare il segreto di quel luogo, furono bloccate tutte le uscite del sepolcro.
“Ogni mattino sono stato imperatore”. Qin Shi Huang Di: ancora non camminava e già giocava con i serpenti; non parlava, ma aveva un lupo per compagno e istruttori di spada per maestri; ancora adolescente, comandava una delle più formidabili macchine da guerra della storia. Mentre il fedele eunuco racconta, riaffiorano alla mente dell’imperatore ricordi di guerre, violenze, terre conquistate, le alluvioni nelle grandi campagne cinesi, le grandi strade e le imponenti dighe.
Figura enigmatica, è ricordato come truce guerriero che regnò dal 221 al 210 a.C., facendo del piccolo stato di Qin l’attuale Cina. Cancellò tremila anni di storia ordinando un rogo di migliaia di libri, amò una concubina cui regalò una libellula nera, imbarcò duecento giovani per un viaggio verso l’isola dell’immortalità, ma nessuno di loro fece più ritorno. Nell’aria si ode ancora l’eco dei suoi tamburi da guerra.
Un romanzo avvincente, un’idea tragica e splendida, scritta con registro stilistico nuovo, una lingua tagliente, incalzante, dura, a volte epica.
Un impero tace sottoterra: il tributo più grande per strappare ammirazione al mondo intero.

Anna Chiara Venturini è nata a Ferrara dove vive. È’ autrice e coautrice di pubblicazioni sul patrimonio artistico ferrarese e lavora da anni nella pubblica amministrazione. Coltiva una profonda passione per la scrittura e ha frequentato i corsi presso la “Scuola di scrittura creativa Itaca” di Roberto Pazzi. Suoi scritti sono: Il Professore, pubblicato nel Periodico di informazione culturale “Cultura e dintorni”(ed. Luca Carbonara, Roma 2015), nell’antologia “Verso Itaca” (L’aquila ed il suo cigno, 2015) e “Oltre Itaca” (Le stagioni dello scrivere, 2015). Ha esordito con il primo romanzo Sottovoce (Europa Edizioni, 2015) e pubblicato nel 2017 il secondo intitolato Morbide impronte (Giovane Holden Edizioni), un inno alla famiglia ricco di ricordi, luoghi ed emozioni, che ha ricevuto nel dicembre 2017 la menzione di merito

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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