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La prima cosa che mi ha colpito di Ferrara, quando vi approdai nel 2008, è stata l’attivismo cittadino, la presenza sul territorio di un sistema diffuso di associazionismo. Basta guardarsi attorno e si scopre l’esistenza di un Gruppo che si occupa di migliorare la qualità della vita cittadina.
Dai Gruppi di Acquisto Solidali (Gas) agli orti condivisi, dalle esperienze del cohousing a quelle del riciclo, fino a quella del Gruppo Economia con il quale collaboro da circa sette anni e con cui abbiamo realizzato proposte di legge (Certificati di Credito Fiscale, Bot fiscali e Banca Pubblica), centinaia di incontri e migliaia di riunioni didattiche aperte al pubblico e molto partecipate. E poi spettacoli teatrali e interventi nelle scuole, dalle medie ai licei, e confronti con esperti di economia. La scoperta di realtà come la Comunità Emmaus e la possibilità di diffondere informazione sui temi dell’accoglienza e della libera circolazione (Libera circolazione: follia o necessità?) hanno accresciuto la qualità della nostra azione. E Moneta Positiva, con il conseguente approfondimento sul funzionamento delle banche, nasce a Ferrara e vede tre memorabili rappresentazioni di teatro civile in Sala Estense.
Mi piace ricordare che nel 2013 abbiamo organizzato un incontro con l’economista Warren Mosler e il giornalista Paolo Barnard all’Apollo. Sala piena e maxi schermo nella piazzetta antistante per un pubblico di circa 700 persone. Si parlava di mmt, una teoria economica che oggi finalmente sta trovando il suo giusto spazio mediatico, in particolare negli Stati Uniti.
Nel 2014 la Regione Emilia Romagna licenzia un provvedimento molto interessante, il numero 19 “Norme per la promozione e il sostegno dell’economia solidale”. E a Ferrara ci siamo attivati, abbiamo provato a costituire un Dipartimento dell’Economia Solidale mentre il Comune assegnava all’assessore Vaccari la delega per l’Economia Solidale. Ma non ci siamo riusciti.
Come Gruppo economia abbiamo provato a lanciare una moneta complementare a cui attualmente sono iscritti circa 80 cittadini. Lo abbiamo fatto a scopo didattico, per far comprendere i meccanismi della creazione della moneta e abbiamo cercato di coinvolgere nel progetto il Comune. Ma forse i tempi non erano maturi.
Ma grazie a questa idea abbiamo potuto pagare pulizia di strade e incentivare diverse attività tra le quali il tentativo di riportare a Ferrara il macaone, una farfalla bellissima ma quasi scomparsa dalle città a causa dell’inquinamento. E questo per dimostrare che anche la bellezza può creare e sostenere una moneta complementare (GRUPPO ECONOMIA Può una farfalla ricostruire una comunità di cittadini? A Ferrara sì, perché la bellezza viene prima dei soldi). Qui ci ha messo lo zampino il troppo caldo e solo pochissime larve si sono trasformate in farfalla. Un po’ la metafora della vita, tanti tentativi per un numero limitato di successi.
Ma intanto abbiamo approfondito i nostri contatti con altre associazioni e altre realtà ferraresi e, soprattutto, iniziato la nostra collaborazione con l’Urban Center.
L’Urban Center è un progetto essenziale per questa città perché cerca di fare quello che a noi cittadini e associati a vario titolo non siamo riusciti a fare. Lo fa da una posizione privilegiata che è quella istituzionale e cerca di dare coordinamento alle tante associazioni, visibilità e spazi per incontrarsi. E gli spazi sono uno dei crucci più grandi per il nostro piccolo mondo di persone che cercano di fare qualcosa di buono per la società volendo comunque rimanere piccoli e anonimi.
Io stesso ho avuto modo di criticare il percorso dell’Urban Center e la timidezza nell’approccio risolutivo delle problematiche delle associazioni, in particolare di quelle non strutturate e particolarmente spontanee. E ho anche criticato per la lentezza nella ricerca delle soluzioni, ma sono cosciente che la presenza delle istituzioni in queste attività sia fondamentale. Certezza nata dall’esperienza e dai tanti fallimenti dovuti proprio alla spontaneità del mondo associazionistico.
Non sto dicendo che immagino un futuro di associazioni eterodirette, ma che ogni tipo di associazionismo ha bisogno della partecipazione attiva delle istituzioni per trovare un suo spazio e un coordinamento con gli altri movimenti spontanei.
Il Comune deve intervenire per raccogliere le esigenze e saperle coordinare, essere presente per risolvere problematiche che il cittadino, da solo, non può risolvere. Creare gli spazi e concederli senza se e senza ma, senza interferire ma fornendo ciò che al cittadino manca. Rete, sale, personale addetto che ti permetta l’uso senza doverti sobbarcare la spesa dei corsi antincendio e primo soccorso. Questioni pratiche che a volte bloccano le buone intenzioni.
Insomma un Comune presente e fattivo che però sappia stare al posto suo, senza tentativi di ingerenze inopportune.
Che fine farà l’Urban Center nell’era Fabbri? Nell’era in cui prenderanno il comando anche persone che non hanno mai avuto “tessere” di associazioni o hanno partecipato a quelle noiosissime riunioni in cui anche il meno titolato ha diritto di parola? E che fine faranno le due operatrici comunali – il cui incarico è appena scaduto – che per anni hanno studiato e sostenuto attivamente il percorso di realizzazione della struttura di partecipazione, attivissime nel promuovere e coordinare esperienze locali di cittadinanza attiva, mutuale e dal basso, che hanno rappresentato per lungo tempo le esigenze delle associazioni all’Amministrazione comunale?
Abbiamo un nuovo sindaco ma non abbiamo ancora chiaro, giustamente, le scelte che Alan Fabbri farà. Non abbiamo ancora chiaro chi farà parte della squadra di governo. I vari partiti si stanno posizionando. Quelli della maggioranza stanno chiedendo incarichi che delineeranno le scelte future e quelli dell’opposizione stanno provando a serrare le fila.
La sinistra si lecca le ferite e cerca di riprendersi dalla batosta, il M5s non ha ancora compreso bene cosa fare dei suoi circa 5.000 voti mentre strizza l’occhio a Fabbri seguendo la strada nazionale.
Tanti, come me, non si limiteranno a scrivere articoli ma continueranno il loro percorso sia se la nuova amministrazione terrà fede agli impegni presi anche con il Gruppo Economia che rappresento, ma anche se non lo farà. Perché il nostro impegno è per la società non per qualcuno o per qualcosa in particolare. E l’impegno si vede negli anni, non nei mesi e neppure nelle settimane e oggi molti nomi nuovi sono troppo nuovi per essere credibili. Speriamo che il Sindaco dei prossimi cinque anni sappia operare le considerazioni giuste e che mantenga quella capacità “di lavorare 16 ore al giorno”, come si vocifera. Lo speriamo per le associazioni e per la città.
Che non è stata governata così male come viene raccontata dalle ex opposizioni (oggi maggioranza), ammettiamolo. Chi non è nato a Ferrara e ha vissuto anche altrove comprende meglio che l’Emilia Romagna e le sue città rappresentano un faro per tante realtà meno fortunate. Ma era il momento di un cambio, perché l’alternanza è il sale della democrazia. Serve per dare l’opportunità a tutti di confrontarsi con le scelte, per evitare la costituzione delle caste e sganciarsi da un passato di privilegi che tutti vorremmo rimanesse passato. Serve a chi ha già governato a lungo (oltre 70 anni) per fare autocritica, migliorarsi e ripartire.
E fra cinque anni saremo tutti più vecchi e, si spera, più saggi. Con un vantaggio in più: avremo smesso di favoleggiare e visto dal vero come governa a Ferrara la Lega.

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Claudio Pisapia

Dipendente del Ministero Difesa e appassionato di macroeconomia e geopolitica, ha scritto due libri: “Pensieri Sparsi. L’economia dell’essere umano” e “L’altra faccia della moneta. Il debito che non fa paura”. Storico collaboratore del Gruppo Economia di Ferrara (www.gecofe.it) con il quale ha contribuito ad organizzare numerosi incontri con i cittadini sotto forma di conversazioni civili, spettacoli e mostre, si impegna nello studio e nella divulgazione di un’informazione libera dai vincoli del pregiudizio. Cura il blog personale www.claudiopisapia.info

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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