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da: Maria Luisa Pacelli, Direttore Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara, Fondazione Ferrara Arte

In genere non amo entrare in polemiche riguardanti Ferrara Arte o i musei di cui sono responsabile. Credo, infatti, che siano i risultati a dover parlare. Oltre a ciò, temo l’eccessiva semplificazione di argomenti complessi, che porta spesso a imprecisioni e a fraintendimenti. Ma alcune precisazioni in questo caso sono d’obbligo.

A proposito di fraintendimenti, durante la conferenza stampa di mercoledì scorso, in riferimento al professor Varese, non ho detto in nessun modo che non sia un interlocutore accreditato, al contrario: proprio perché a esprimersi è uno studioso autorevole con esperienza di direzione museale, mi aspetto critiche argomentate e puntuali, non generiche, come ad esempio nel passaggio in cui scrive: «…limitatezza delle offerte che non siano quelle espositive a loro volta non eccezionali a causa non solo di difetti di progettazione ma anche del venir meno del sostegno bancario, assenza di strumenti di promozione e di conoscenza». Le critiche sono assolutamente legittime, ma mi piacerebbe sapere quali sono i difetti della progettazione, o a cosa alluda il professore quando parla di assenza di strumenti di promozione (per le mostre, per i musei?) o di conoscenza (di chi? rispetto a cosa?).

Detto questo, non posso a mia volta non entrare nel merito di altre le riflessioni fatte dal professor Varese, sempre relativamente a Ferrara Arte. Penso innanzitutto che questa istituzione sia stata e sia ancora un’opportunità per Ferrara. Non a caso, molte città della regione, e non solo della regione, ne hanno seguito l’esempio con maggiore o minore continuità o successo, basti pensare a Ravenna, Forlì, Bologna, Padova, Rovigo. Si può, naturalmente, non essere d’accordo con la mia opinione, non trovo tuttavia accettabile che, ancora in maniera piuttosto generica e per questo insidiosa, nel primo intervento si scriva che Ferrara Arte «è responsabile, nel bene e nel male, della situazione attuale», per poi elencare una serie di problemi, che vanno dalla diminuzione dei pernottamenti, al calo dei visitatori delle mostre e dei musei, compreso il Castello (il cui numero dei visitatori, indipendentemente da Ferrara Arte, è peraltro in sensibile aumento da due anni), e, infine, smentire questa affermazione nel secondo intervento.

Ci sono molti altri punti toccati dal professor Varese che mi piacerebbe approfondire, non necessariamente per dissentire con lui, qui mi limito per ovvie ragioni di spazio a un paio. Nel suo secondo intervento è scritto che, incoerentemente da quanto affermato nell’articolo 2 dello Statuto della Fondazione, niente è stato fatto oltre alle mostre. Vorrei ricordare i cicli di conferenze, i concerti, le rassegne cinematografiche, gli spettacoli che, spesso in collaborazione con altre istituzioni o associazioni cittadine, sono stati organizzati in occasione delle esposizioni, per non parlare delle innumerevoli attività di approfondimento dedicate agli studenti di ogni ordine e grado. Tutto ciò è documentato e documentabile, se poi vogliamo discutere della qualità di queste iniziative, sono a disposizione.

Infine, un argomento che giustamente sta molto a cuore al professor Varese, è la tutela e la valorizzazione del patrimonio, che a suo parere soffre a causa di Ferrara Arte. In risposta a ciò vorrei ricordare alcuni fatti, che elenco. Delle ultime quattro mostre presentate al Palazzo dei Diamanti due erano dedicate al patrimonio cittadino (Antonioni e la mostra dedicata alla collezioni dei musei di Palazzo Massari). Due delle tre mostre in programmazione nei prossimi anni sono legate alla storia dell’arte e della cultura ferrarese (Pittura metafisica e Orlando Furioso). Attraverso le mostre il nostro patrimonio è stato promosso anche al di fuori delle mura cittadine e dei confini nazionali (solo per fare due esempi, la mostra di Antonioni a Bruxelles e, il prossimo anno, a Parigi, o la mostra sulle collezioni del Massari a Palazzo Pitti). Le mostre di Ferrara Arte non sono solo un’opportunità di promozione e valorizzazione, ma anche di tutela: esemplare da questo punto di vista è stata la rassegna Immagine e persuasione, organizzata con il Seminario Arcivescovile e l’Arcidiocesi e con i Musei Civici di Arte Antica. Per questa mostra, lo ricordo a ingresso gratuito, è stata restaurata la Crocifissione di Carlo Bononi della chiesa delle Sacre Stimmate e si è aperto al pubblico un luogo di grandissimo interesse storico artistico come Palazzo Trotti Costabili. Ogni qual volta l’oggetto delle mostre lo ha consentito, si inoltre è lavorato in collaborazione e con i musei: la rassegna sull’età di Borso d’Este del 2007, ad esempio, ha coinvolto non solo i Musei Civici di Arte Antica, ma anche il Museo della Cattedrale e la Pinacoteca, sinergie si sono istituite tra il Museo Boldini e la mostra Boldini nella Parigi degli impressionisti, durante la quale, non a caso, si è registrato un forte incremento dei visitatori del Museo. Centrata sul patrimonio e sulla stretta collaborazione tra istituzioni della città è anche l’iniziativa presentata alla stampa mercoledì scorso che, oltre a rendere fruibili opere delle collezioni del Massari chiuso per restauro, promuove e valorizza un monumento assolutamente centrale per Ferrara.
In conclusione, credo che la discussione sul ruolo di Ferrara Arte nel sistema museale ferrarese e rispetto al patrimonio della città non possa ignorare ciò che in questo ambito è stato fatto, o dare per scontato che sia stato fatto poco e male, senza argomentazioni puntuali o una seria disamina critica. Inoltre, fermo restando che si può e si deve sempre provare a fare meglio, ritengo che in un periodo – ormai molto lungo – in cui le risorse disponibili per la cultura sono sempre più scarse in questo paese, e quelle destinate agli enti locali in costante e vertiginosa diminuzione, questa città abbia fatto molto per promuovere la cultura in generale e il proprio patrimonio in particolare, e questo anche grazie a uno strumento come Ferrara Arte.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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