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da: Gruppo Cittadini Economia Ferrara

Martedì prossimo ci vediamo in Via XX settembre, 47 presso la Chiesa di Santa Francesca Romana di Ferrara dalle ore 20,30 alle 22,30. Quindi Attenzione c’è stato un cambio di sede!
– dalle 20,30 alle 22,45 introduzione alla serata ed eventuale accoglienza.
– dalle 20,45 alle 21,00 Claudio Bertoni introduce il tema “perché il debito pubblico è una truffa” partendo dai due articoli in fondo a cui si rimanda.
– dalle 21,00 alle 21,45 dibattito, dubbi da sciogliere (magari preparati prima).
– dalle 21,45 alle 22,00 la mozione “Palermo” ha un futuro? quale?
– dalle 22,00 alle 22,20 prossimi interventi in pubblico da programmare fino ad Aprile 2016 (si potrebbe mettere in cantiere ad esempio: 1 incontro con economista “accreditato” in Sala Estense, 1 spettacolo teatrale da realizzare, incontri nostri vari anche con nuovi format). Si potrebbero indicare un responsabile per ognuna delle tre possibilità che tenga le fila dell’organizzazione e raccolga i contributi.
– fine serata eventuali argomenti per ODG successiva riunione, scelta moderatore e mail di sintesi
Moderatore Gustavo V.
Fabio farà la sintesi della serata
L’articolo uscito qualche tempo fa sul tema debito = truffa di Claudio Bertoni e Claudio Pisapia
http://www.ferraraitalia.it/cancellare-il-debito-pubblico-per-mckinsey-non-e-un-problema-ma-ai-mercati-finanziari-non-conviene-41104.html
L’articolo del sole24ore, spunto per una parte della serata al seguente link:
http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2015-11-04/tutto-debito-pubblico-mondo-racchiuso-un-grafico-174414.shtml?uuid=ACst6VTB
Molte utili informazioni sui nostri temi possono essere reperite anche attraverso il blog e i video di Fabio Conditi http://moneta5stelle.blogspot.it
Inoltre per una raccolta di articoli interessanti o stimolanti Facebook alla pagina Gruppo Cittadini Economia Ferrara
Lo spunto:
Giuliano Amato ha detto che la finanza nasce per l’esigenza di compensare gli squilibri della bilancia commerciale, quando un Stato importa più di quanto esporta si ha bisogno di creare quel denaro in più non presente nel sistema di quel Paese per affrontare la spesa da sostenere. Fa l’esempio di USA e Cina, l’uno importa più di quanto si possa permettere e l’altro produce per esportare.
Daniele della Bona dice che la finanza è anche quello strumento che ci permette di acquistare una Ford in Italia, pagarla in euro senza dover preoccuparsi del cambio, mentre la Ditta venditrice si vedrà accreditato il dovuto sul suo conto in dollari, altrettanto senza saper nulla di scambi internazionali. E mi ha fatto riflettere anche sul fatto che c’è un Paese che da 40 anni ha una bilancia dei pagamenti in negativo. L’Australia.
Certo è che lasciando libera la finanza di creare denaro dal denaro, e non dal lavoro o dal bisogno di beni reali, rendendo possibile inventare strumenti sempre più complessi e sempre più difficili da capire o rintracciare persino per chi li fa, di spostare senza limiti questa massa monetaria, alla fine ci si dimentica che questa enormità si fonda pur sempre su un piedistallo d’argilla (nella crisi del 2007-2008 il piedistallo era rappresentato da coloro che ogni mese pagavano la rata del mutuo per la casa e dai prezzi delle case stesse in continuo aumento). Sono le crisi a ricordarcelo di tanto in tanto, quando siamo chiamati a ripagare i danni fatti da altri attraverso le austerità, ma nel frattempo una parte di quelle creazioni fantasiose si saranno trasformate per qualcuno in beni reali sottratti alle comunità .
Una frase di seguito di Luciano Gallino
«Senza un’adeguata comprensione della crisi del capitalismo e del sistema finanziario, dei suoi sviluppi e degli effetti che l’uno e l’altro hanno prodotto nel tentativo di salvarsi, ogni speranza di realizzare una società migliore dall’attuale può essere abbandonata»

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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Francesco Monini
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