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da: Arci Ferrara

PEGGY GUGGENHEIM – ART ADDICT
al Cinema Boldini
martedì 22 marzo ore 21.00 – ingresso 5 euro
versione originale con sottotitoli in italiano

Dopo Vivian Maier e Banksy does New York, il Cinema Boldini di Ferrara propone in lingua originale sottotitolato in italiano il documentario Peggy Guggenheim – art addict di Lisa Immordino Vreeland.

Peggy Guggenheim – art addict è il Ritratto di una figura sempre in anticipo sui tempi, anticonformista e “scandalosa”. Sullo sfondo dei più importanti, e spesso drammatici, avvenimenti del XX secolo (dal naufragio del Titanic, in cui perse la vita il padre, alla Seconda guerra mondiale), Peggy Guggenheim (1898-1979) ha segnato un’intera epoca, diventando un punto di riferimento dell’arte moderna. Erede delle ricchissime famiglie Guggenheim e Seligman, nei suoi avventurosi ottantun anni vissuti a cavallo tra Stati Uniti ed Europa ha frequentato e supportato (quando non rivelato al mondo, come nel caso di Jackson Pollock) svariati artisti e intellettuali: Man Ray, Costantin Brancusi, Salvador Dalì, Pablo Picasso, Jean Cocteau, Samuel Beckett, Vasilij Kandinskij, Pete Mondrian, Alexander Calder. Alcuni di loro diventeranno compagni di vita e veri e propri mentori, come il (secondo) marito Max Ernst, Marcel Duchamp, Herbert Read. Personaggi sospesi tra bel mondo e vita bohémien, che qui sfilano in un vorticoso compendio della cultura del secolo scorso.
Già alle prese con un ritratto analogo di intraprendenza femminile (Diana Vreeland: L’imperatrice della moda, sulla fashion editor di “Harper’s Bazaar”), la regista Lisa Immordino Vreeland ha in questo caso dalla sua parte materiale inedito, ovvero i nastri, riemersi durante la pre-produzione del film, dell’ultima intervista concessa dalla Guggenheim a Jacqueline B. Weld, autrice della biografia “Peggy: The Wayward Guggenheim”. Il ritrovamento non è una rivelazione scioccante quanto quella dei rullini riscoperti in Alla ricerca di Vivian Maier, ma la voce secca della collezionista – che ricorda fatti e opinioni più inerenti alla vita privata che alle scelte “professionali” – dà un tocco di verità e freschezza a questa carrellata travolgente di fruttuosi sodalizi tra celebrità. In parallelo, i rapidi, canonici e non sempre incisivi interventi di galleristi, storici dell’arte e curatori di oggi puntellano un flusso di immagini davvero cospicuo: foto private, filmati e una sequenza impressionante, al limite dell’overdose (l’addiction del sottotitolo), di riprese di dipinti e sculture e di rare pellicole arthouse (Maya Deren, Man Ray, Salvador Dalí, Hans Richter, tra gli altri).
La “arte-dipendente” o art addict, che si svela grazie a quella colonna audio e alle scelte di montaggio è una donna fragile, che grazie ai suoi mezzi, una forte volontà di emanciparsi e un non trascurabile fiuto per gli affari si inventò disinvolta mercante e collezionista imponente (non più privata ma museale). Un’eccentrica sui generis che, ben consigliata da collaboratori d’eccezione, contribuì a cambiare le modalità di fruizione dell’arte – quando ancora non era riconosciuta come tale, se non addirittura giudicata “spazzatura” – rendendola più accessibile al grande pubblico. Su tutto, come giustamente ricorda nel film il mercante d’arte e curatore Jeffrey Ditch, Guggenheim è stata “il collegamento tra modernismo europeo e americano, tra surrealismo ed espressionismo astratto”: e il film Peggy Guggenheim – art addict infatti ne ripercorre la biografia tra New York, Parigi, Londra, ancora Parigi e New York e infine Venezia (dove ricevette la cittadinanza onoraria nel ’62, molto dopo aver prestato le sue opere alla Biennale).
Sedotta da questa figura priva di istruzione universitaria, autodidatta, sedicente “ostetrica dell’arte moderna”, Lisa Immordino Vreeland suggerisce agenti e fattori esterni al raggiungimento di tale successo personale (il più eclatante: la fuga degli artisti dall’Europa alla vigilia della Seconda guerra); anche per questa ambiguità tra intenzioni e circostanze, dipendenza e spirito di ricerca, il personaggio risulta ancora più intrigante. Pervade la narrazione un certo voyeurismo riguardo gli aspetti più bizzarri della socialite
newyorkese: l’ossessione per il sesso (esibita nell’autobiografia “Out of This Century”), il narcisismo frustrato, il senso di rivalsa verso un ambiente asfissiante. C’è spazio anche per curiosità per cinefili, come l’ospitata di Robert De Niro (qui in veste di figlio di due pittori entrambi esposti dalla Guggenheim) o il prestito della testiera da letto di Calder al set del misconosciuto La ragazza di nome Giulio di Tonino Valerii (ancor meno noto dell’apparizione della stessa Peggy in Eva di Joseph Losey). Un jazz elegante forza in direzione gioiosa un privato segnato da molti lutti e sconfitte. I contrasti sono accentuati: capitalismo contro anarchia della comunità artistica, maschilismo contro emancipazione, accademia contro avanguardia; un forte gusto per il romanzesco lavora al giusto riconoscimento di una figura determinante della cultura del Ventesimo secolo, in una celebrazione del diritto ad autodeterminarsi.

Per informazioni:
Sala Boldini, via Previati 18 – Ferrara.
www.cinemaboldini.itwww.arciferrara.org
Tel. Cinema (sera) – 0532.247050

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Arci Ferrara


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Caro lettore

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Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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