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da: Ferrara sotto le Stelle 2015

L’eclettico polistrumentista di Chicago torna in Italia dopo anni di assenza per un’unica imperdibile data a Ferrara. Dopo una formazione classica, il giovane Bird si è appassionato ad una enorme varietà di stili musicali tra cui il jazz, il country-blues e il folk, sintetizzandoli poi nel suo personalissimo ed elegante pop, dando vita ad uno stile raffinato e originale ed affermandosi come uno dei talenti più geniali della scena indipendente americana degli ultimi anni.

Dall’inizio della sua carriera discografica nel 1996 Bird ha pubblicato 11 album e suonato migliaia di concerti, collaborando con artisti del calibro di Jeff Tweedy (Wilco), Ani Di Franco, St. Vincent, Rufus Wainwright e Bonnie “Prince” Billy, una lunga strada per conquistare la sua personale alchimia, capace di conferire leggerezza anche alle architetture più raffinate.

Dal palco di Ferrara, quindi, si sprigionerà quell’ondata di fantasia creativa ed eclettismo che hanno caratterizzato il talento di Bird fin dagli albori della sua carriera, nel 1996. Strumento di diffusione il violino, appendice del suo braccio fin dalla tenera età, grazie al quale il musicista dell’Illinois subisce in un certo senso un processo di apprendimento musicale “inconscio”, che lo porta a riprodurre ad orecchio numerosi brani del repertorio classico. Lungo il suo percorso, però, ben presto si discosta dalle influenze giovanili; del resto è praticamente impossibile per lui accettare qualsiasi tipo di limite, la sua necessità di sperimentare qualsiasi genere gli fa vivere il Conservatorio della Northwestern University di Chicago come una gabbia, pur offrendogli la possibilità di assimilare le influenze più disparate per costruire il proprio stile.
Le sue prime registrazioni coincidono con la militanza in alcune band, anche se l’esordio è composto di virtuosismi in solitaria (Music Of Hair del 1996); è, successivamente, con i Bowl Of Fire che inizia a lasciare una decisa impronta di songwriting e soprattutto nelle esibizioni live (aspetto importantissimo se non predominante durante l’intera carriera). Come da copione, i primi album pubblicati con questi ultimi, Thrills (1998) e Oh! The Grandeur (1999), si rivelano dischi dal sapore dichiaratamente anacronistico, tra swing, dancehall e jump blues, nei quali peraltro i giochi lessicali e il gusto melodico di Bird riescono a trovare il loro connubio più efficace.
Col terzo lavoro in full band, The Swimming Hour (2001), Bird comincia a cimentarsi con la musica pop a tutto tondo, anche se il giro di vite sarà completo solo col successivo Weather System (2002), dove Andrew segue una deriva che lo porterà a preferire il lato più puro e spontaneo delle cose; abbandona così la scena di Chicago per ritirarsi in campagna, a comporre e registrare nel vecchio granaio dei suoi adibito a studio, e sceglie di ritrovarsi solo anche sul palco. Voce e violino, una necessità impellente, che il songwriter realizza e corrobora scoprendo in sé espedienti innati, artificiali come la stratificazione multilayer delle linee di violino, e naturali, come la singolare potenza e modularità del proprio fischio.
È curioso che la pubblicazione dell’album più desiderato e sofferto di Bird, il suo parto più difficoltoso, viste le numerose riscritture e l’esistenza di due versioni embrionali totalmente differenti, The Mysterious Production of Eggs (2005), un disco dove le stratificazioni di violino sono sublimi e la musica classica si fonde con il pop a formare una perfetta architettura barocca, i ricami di piano elettrico e glockenspiel contrappuntano testi che tornano ad essere eccentrici e arguti calembours, sia il preludio ad un incontro che finirà per cambiarne in un certo qual modo la vita artistica.
L’onda della popolarità raggiunta dal lavoro precedente lo porta a collaborare con il musicista elettronico Martin Dosh, che gli mostra un approccio diverso, dando origine ad una sorprendente sintonia. Da lì nasceranno in rapida successione Armchair Apocrypha (2007) e Noble Beast (2009) oltre a numerose registrazioni dal vivo, che lasciano già intravedere quelli che saranno i tratti distintivi dell’apporto di Dosh, vera personificazione della sezione ritmica quasi inconsapevolmente ricercata da Andrew per completarsi.
Armchair Apocrypha lo consacra agli occhi del grande pubblico e della critica, garantendogli l’approvazione di Pitchfork e portandolo direttamente dall’élite del cantautorato indie ai talk show di grido. È tuttavia con Noble Beast, con ogni probabilità, che Andrew Bird tocca il proprio apice creativo, con un lavoro che raffina le ruvidità del precedente e raggiunge l’ideale materializzazione della fantasia di un violino incantato. Le stratificazioni lasciano spazio all’essenza, ad un’anima acustica e atmosferica; tessiture ritmiche e screziature sintetiche offrono direzioni intattese ai brani, si ritrovano tinte folk e tenui sfumature per liriche da vero affabulatore, intrise in questo caso di verismo e pittoreschi scorci del regno animale con piglio quasi entomologico. Il bonus cd dell’edizione deluxe di quest’album, intitolato Useless Creatures vede la collaborazione di alcuni membri degli Wilco, e dà sfogo anche alla vena strumentale dell’artista, che si realizzerà nel 2011 in una serie di concerti intimissimi e proseguirà nella composizione di alcune colonne sonore, tra cui spicca quella per Norman di Jonathan Segan (2011).
L’eccitazione data dal tour di Noble Beast incide sul corpo del cantautore sotto forma di una febbre incessante, spingendolo ancora oltre nella sua ricerca di spontaneità ed essenzialità. Addio alla produzione in studio, dunque, a favore di registrazioni in presa diretta, nel granaio con un microfono e un piccolo registratore 8-tracce ed una elevata dose di improvvisazione. È così che nasce Break It Yourself (2012), altra pietra miliare del repertorio Birdiano. Niente impalcature elaborate, niente derive barocche, soltanto un compositore aggrappato alle corde del proprio violino e libero di essere se stesso. Le melodie levitano, fioriscono aromi sixties e danze d’Irlanda, ritorna il fischiettio a musicare il duetto con St. Vincent.
Dalle medesime sessioni nasce anche Hands Of Glory (2013), compagno musicale del precedente a detta dello stesso Bird e molto più che una semplice collezione di outtakes per un ritorno alla tradizione incarnato da un violino più country che mai. Motivi adatti ad accompagnare danze agresti in famiglia, numeri western e senso di comunità, come se questa musica potesse penetrare il mistero delle cose.
La produzione successiva di Andrew Bird si articola secondo le più recenti tendenze. Prima pubblica un ep quasi interamente strumentale, concepito come una sorta di colonna sonora di un solo brano dal passo incalzante e la melodia distesa, Pulaski At Night (2013): il brano finirà in effetti per essere utilizzato in una puntata della celebre serie di Netflix “Orange is the New Black”.
Arancione è anche il colore-simbolo della campagna “Wear Orange”, nata per porre un freno al proliferare delle armi da fuoco negli Stati Uniti, cui Bird ha aderito insieme ad artisti del calibro di Michael Stipe, Patti Smith e David Lynch.
Recentemente Andrew Bird si è dedicato al rifacimento di alcuni brani di uno dei suoi gruppi di formazione, The Handsome Family, resi celebri da Far From Any Road, sigla della serie di culto True Detective, apice del suo lavoro Things Are Really Great Here, Sort Of… (2014).

Sul palco ferrarese sarà accompagnato da Ted Poor alla batteria e Alan Hampton al basso, musicisti di rilievo del panorama jazzistico internazionale, ambiente che ha ospitato Andrew Bird agli esordi e costante presenza più o meno celata durante i lunghi anni di continua ricerca sonora.

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ANDREW BIRD
Martedì 30 giugno – Cortile del Castello Estense – Ferrara
Ingresso: 18 euro

Orari:
Apertura biglietteria: ore 19:00
Apertura porte: ore 20:00
ANDREW BIRD on stage: ore 21:30

Info: 348-6117254

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di Piermaria Romani

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