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da: Partito Repubblicano Italiano – Sede di Ferrara

A Ferrara, come in tutte le sezioni repubblicane d’Italia, si ricorda e si festeggia questo
importante avvenimento della storia della Repubblica Italiana. In Romagna, dove la tradizione è più
sentita, assieme ai festeggiamenti nelle tante sezioni del partito, sono previste manifestazioni pubbliche
di vario genere. Noi repubblicani riteniamo che ricordare la Repubblica Romana del 1849, sia, prima di
ogni altra cosa, un dovere morale che ogni cittadino e ogni cittadina che ama la libertà, dovrebbe
sentire come tale, anche perché questo tipo di iniziative sono rare occasioni per la formazione di una
coscienza civile; quella coscienza civile di cui, in Italia, si sente così forte il bisogno. Commemorare,
vuol dire ricordare insieme, ricordare all’opinione pubblica avvenimenti importanti, vuol dire impedire
che muoia per sempre il ricordo di persone che hanno dato la loro vita per l’ideale della repubblica.

Ma cosa era questo ideale della repubblica ?
Esso non era soltanto l’idea di una forza di governo opposta alla monarchia; l’ideale della Repubblica
per la quale lottarono i patrioti del 1849, era il sogno di una comunità politica di cittadini liberi e uguali,
che vivono insieme, sotto il governo della Legge, per il bene pubblico. Oggi, come allora, l’idea di
Repubblica non descrive ancora una realtà, ma esprime la speranza degli uomini e delle donne che
vogliono vivere la propria vita senza dovere subire odiose discriminazioni e senza dovere assistere allo
spettacolo disgustoso del privilegio e del favore. Ma commemorare vuol dire anche assumersi un
impegno morale e politico, l’impegno di proseguire lo sforzo per realizzare quegli ideali per i quali
hanno dato la loro vita, gli uomini e le donne che noi ricordiamo. E qui nasce una differenza importante
da sottolineare, fra la commemorazione laica e la commemorazione religiosa, perché la
commemorazione laica rinnova un impegno morale, e la commemorazione religiosa riconferma
soltanto la validità del dogma e della fede.
Proprio per questo noi laici abbiamo bisogno, più dei cattolici, delle commemorazioni e dei ricordi,
perché non possiamo inventare la certezza del dogma e neppure quella della verità rivelata, e abbiamo
quindi bisogno di memorie che sappiano rinnovare la mente e il cuore delle persone, che sappiano far
ritrovare l’impegno e dare alla ragione la forza della passione.
Purtroppo, oggi giorno molti guardano a queste iniziative repubblicane come a forme di patriottismo
inutile e superato, cose di altri tempi, che non hanno più molto senso nel mondo moderno dell’Euro,
della globalizzazione dei mercati. Ciò è dovuto anche al fatto che le forze che oggi dominano nel
panorama intellettuale e politico italiano, le culture di sinistra e di destra, non sentono questa tradizione,
non ne sono figli ed eredi, e le valutano con sufficienza. Esse guardano con un senso di fastidio la
memoria storica e le esperienze repubblicane, per cui, se si esaurissero le forze della tradizione italiana
repubblicana, questo patrimonio morale e culturale verrebbe in poco tempo sepolto, e in questo modo
sparirebbe una delle risorse più preziose per la rinascita della coscienza civile in Italia. Noi repubblicani
siamo fermamente convinti del contrario, perché riteniamo che un popolo che non sa dare significato,
valore e bellezza alla propria storia, difficilmente può acquistare quel senso di dignità, di rispetto di se
stesso, che è premessa indispensabile per la cultura civile. Come una persona che ha poca stima di se,
acquisisce la mentalità servile o arrogante, così un popolo che non ha l’orgoglio neppure per alcune
pagine importanti della propria storia, non può essere che un popolo di servi o di clienti e di oppressori
arroganti; da questo non si sfugge.
Noi repubblicani siamo quindi fieri di continuare a mantenere in vita questa tradizione della
celebrazione della Repubblica Romana, anche perché riteniamo che, gli oltre cento anni di coerenza
politica, dimostrati dal non avere mai sentito la necessità di cambiare il simbolo, ci legittimano a
pensare di disporre delle risorse storiche, culturali e morali per far nascere e rinascere nel cuore degli
italiani la passione civile, senza bisogno di tesi dogmatiche, di verità rivelate e senza bisogno di fede
nell’infallibilità del capo.

Il Presidente provinciale del PRI di Ferrara.
Vittorio Antonelli

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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