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di Federico Di Bisceglie

L’8 marzo, in occasione della Giornata internazionale della donna, vengono regolarmente organizzate iniziative e conferenze che riguardano le tematiche di genere e, nella maggior parte dei casi, la storia contemporanea. I riferimenti tradizionali a fatti e a personaggi significativi per il mondo femminile sono per lo più concernenti le suffragette, la prima votazione nella storia d’Italia, le lotte per l’ottenimento dell’eguaglianza di genere, fino ad arrivare al più recente movimento femminista degli anni Settanta e Ottanta del Novecento. Risalendo indietro nel tempo però, proprio in Italia e nelle nostre terre, c’è stata una figura femminile, estremamente importante, troppo spesso dimenticata, o quantomeno non valorizzata a sufficienza (forse perché non appartiene al senso comune e alla cultura media delle persone), ma che in realtà fu davvero un’importante icona femminista ante litteram: Matilde di Canossa.
Nata nel 1076 e morta nel 1115, fu una delle figure più importanti del Medioevo italiano. I suoi possedimenti feudali inglobavano un vasto territorio che comprendeva terre fra Lombardia, Emilia, Romagna e Toscana, il centro era appunto a Canossa, nell’Appennino reggiano. Nel maggio 1111 fu addirittura incoronata con il titolo di Vicaria Imperiale-Vice Regina d’Italia dall’imperatore Enrico V.

L’aspetto che maggiormente colpisce di Matilde è il suo rapporto con la politica: se ancora oggi è un rapporto difficile, nel XII secolo poteva reputarsi quasi impossibile e impensabile. Eppure, durante il periodo della cosiddetta ‘lotta per le investiture’, la gran contessa di Canossa ricoprì un ruolo politico di importanza capitale, in quanto riuscì a far stipulare un accordo tra i due nemici per antonomasia: il papa Gregorio VII e l’imperatore Enrico IV. L’episodio è divenuto famoso con il nome di “Umiliazione di Canossa”: l’imperatore, per ottenere la revoca della scomunica da parte del pontefice, dovette attendere davanti al portone del castello di Matilde tre giorni e tre notti con il capo coperto di cenere.

matilde di canossa-libro
La copertina del volume

Nel libro “Matilde di Canossa. L’arte della politica e la cura di un territorio” presentato l’8 marzo – alla presenza delle rappresentanti di diverse associazioni femminili, della professoressa Anna Quarzi dell’Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara e dall’associazione AttivaFerrara, rappresentata dalla presidentessa Marcella Pacchioli – al Circolo dei negozianti di Palazzo Roverella, e scritto dal senatore Alessandro Carri (edito da Wingsbert House) sono descritte in modo storico-romanzato le più importanti azioni e vicissitudini di Matilde di Canossa. Durante il pomeriggio organizzato dall’associazione Fidapa di Ferrara e intitolato “Matilde di Canossa: un esempio di emancipazione della donna”, l’autore ha sottolineato che questa Matilde rappresenta un ‘exemplum virtutis’ che non va dimenticato e merita l’antico prestigio del quale originariamente godeva. Come rivelato dal titolo del volume, una nota biografica interessante di Matilde è stata anche la sua particolare affezione ai luoghi ‘matildici’ ovvero la pianura padana e tutte le zone limitrofe, che la Granduchessa ha saputo apprezzare e valorizzare, attraverso collaborazioni con le città e con le abbazie dei monaci benedettini.

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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