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da: ufficio stampa Festa del Libro Ebraico

“La Shoah è stato un enorme dramma del Novecento che non va certo negato, ma la mia speranza è che lo straordinario filone culturale dell’ebraismo possa trovare la propria identità in qualcosa di diverso da quella cesura terrificante e dalla millenaria storia dell’ebreo errante”. È con questo auspicio che il giornalista Enrico Mentana ha ritirato, nell’ambito della Festa del Libro Ebraico in Italia (evento organizzato dalla Fondazione MEIS – Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah, con il supporto di Ferrara Fiere), il Premio Pardes alla carriera. “Da figlio di madre ebrea e pur essendo stato battezzato, mi ritengo molto più ebreo di tanti ebrei che ho conosciuto. I miei figli sanno che, tra un trasloco e l’altro, una cosa che mi porto sempre dietro è il diario di mia nonna materna, scritto quando era costretta a dormire nei fienili per sfuggire ai rastrellamenti. Eppure – ha ribadito Mentana –, trovo che in quella coazione a ricordare s’incrocino troppo spesso nemici degli ebrei ed ebrei che non vogliono voltare pagina”.
Accanto a Mentana, la scrittrice di Tel Aviv Lizzie Doron, che ha ricevuto il premio alla letteratura, e Gioele Dix, al quale è andato il Pardes per la saggistica, in particolare per il libro autobiografico “Quando tutto questo sarà finito. Storia della mia famiglia perseguitata dalle leggi razziali”. “Ho deciso di scriverlo – ha spiegato Dix – dopo tanta attesa e tanti dubbi. Ho dovuto ‘stanare’ mio padre che, un po’ per la sua inclinazione a minimizzare, un po’ per il desiderio di ricominciare a vivere, non aveva granché voglia di riaprire un capitolo così doloroso della nostra famiglia. La vicenda che racconto è ambientata fra il ’38 e il ’45 e ha per protagonista mio nonno, che in gioventù è stato fascista e che poi, in quanto ebreo, si è ritrovato tra i bersagli del fascismo. È una piccola storia – ha concluso Dix – che può, forse, aiutare a comprendere la storia più grande e più ostica. Non a caso, accanto alla mia tournée teatrale, sto per iniziarne una nelle scuole”.
La giornata di ieri (oggi, per chi legge, ndr), oltre che nella presentazione del libro di Gioele Dix, ha avuto nel convegno sui conversos e i marrani, argomento al centro di un acceso dibattito storiografico, uno dei momenti culturalmente più alti. La seconda parte del convegno che, attraverso l’analisi di casi di singole famiglie o di intere comunità, punta a comprendere le caratteristiche del martirio ebraico sotto il dominio cristiano, è in programma domani, in due sessioni (9.30 e 14), presso la Sala della Musica del Chiostro di San Paolo.
Dopo la parentesi culinaria delle 12.30, sempre al Chiostro, con i “Sapori di un aperitivo di ispirazione ebraico-ferrarese” (buricche ebraiche di pasta sfoglia con ripieni assortiti, cous cous con humus e caponata di verdure alla menta, e altri manicaretti), il pomeriggio della Festa del Libro Ebraico in Italia proseguirà alle 16.15 con gli “Incontri con l’autore”. Sul palco, Piero Dorfles e il suo “I cento libri”. Un’ora dopo, Donatella Di Cesare, insieme a Gad Lerner e a Marco Tarquinio (Direttore dell’Avvenire), presenterà “Israele. Terra, ritorno e anarchia”. Alle 18.30, in collaborazione con la Fondazione Teatro Comunale di Ferrara, l’omaggio di Alberto Rossatti ad Arnoldo Foà, cui seguirà, alle 21, il concerto “Il canto salvato. Il cammino della musica sefardita”, di e con Miriam Meghnagi (alla Sala Estense, in caso di maltempo). Non-stop, sia la fornitissima libreria tematica attiva al Chiostro di San Paolo, con circa centocinquanta case editrici e oltre cinquemila testi di autori ebrei o su temi della tradizione ebraica, sia le visite guidate nella Ferrara Ebraica, fissate per le 11, le 16 e le 17.
Il programma completo della manifestazione, che è patrocinata dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, dalla Regione Emilia-Romagna, dalla Provincia e dal Comune di Ferrara, dall’Università degli Studi di Ferrara, dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e dalla Comunità Ebraica di Ferrara, è disponibile sul sito www.meisweb.it.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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