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20 Agosto 2018

Mentre il treno passa

Tempo di lettura: 2 minuti


di Maria Luigia Giusto

È stato durante uno di quei soliti viaggi sulla Bologna-Ferrara che mi ostino a fare per non perdere legami. La voce registrata annuncia con tono neutro che siamo in arrivo a Ferrara (quest’ultima parola con un’intonazione più dolce mi sembra sempre), ma sono già in piedi nello spazio ristretto davanti alla porta. Il treno si ferma in attesa di una precedenza da dare. Lì il caldo si fa sentire di più. La porta si apre con forza e tre ragazzoni africani coi jeans strappati raggiungono lo spazio. Parlano e ridono tra loro con suoni gutturali e qualche parola in francese con aspirazioni marcate. Sento l’odore che ho sempre identificato con legno scuro, liscio, con venature morbide color cioccolato, come le gazzelle e le zebre stilizzate intagliate che Mamadou portava ogni anno alla Fiera e mio padre acquistava dopo lunghe trattative sul prezzo che finivano con un caffè. Mio padre era amico di quel senegalese e per me Mamadou era l’Africa. Nello spazio arriva un altro giovane africano. Dà un’occhiata agli altri, abbassa lo sguardo e tira fuori dalla tasca una bandana verde fluorescente per cui noi bambini stravedevamo perché era di quelle in voga tra i motociclisti, quelli veri. Inizia un lavoro che mi sembra subito per lui molto importante: piega meticolosamente la bandana finchè ne resta un triangolo e con solennità si fascia la fronte. Mentre alza le braccia per annodarla dietro la testa dalla camicia a quadri rossi e neri viene fuori un quadratino di legno leggero legato al collo con un filo. Può sembrare un ciondolo, ma sono vicino e guardo meglio: una donna ed un uomo sorridenti vestiti elegantemente ricambiano il mio sguardo. I ciondoli con le foto li portano quelli che hanno qualcuno da ricordare, sullo sterno, vicino al cuore. Il treno arriva in stazione. Il ragazzo sistema il suo carrellino della spesa logoro e strapieno, scende, lo tira giù dalle scale con molta cura. Vado a casa.

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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