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Da Paolo Giardini

L’esperienza con la Calotta-Gioiello-Tecnologico imposta dal sodalizio Hera-Tagliani è un fenomeno di massa da quando la sostituzione dei cassonetti della raccolta indifferenziata ha coinvolto gran parte della città. Perciò tantissime persone hanno potuto notare che la Calotta funziona a molla. Proprio come una trappola, avendo lo stesso meccanismo di scatto delle tagliole da caccia.
In difformità con la tagliola, lo scatto provoca l’apertura, non la chiusura. Ma solo perché la preda è diversa: la tagliola, insidiando l’ignara cacciagione deve catturarla, viva o morta, al contrario della Calotta che deve lasciare la libertà di andare e tornare ai paganti portatori di sacchetti di pattume.
Basterà anche solo la mossa senza pattume per aumentare il PIL: apri la Calotta per sbaglio e ti attribuiranno 30 dm3 esatti di pattume conferito (dal costo proporzionale al peso specifico convenzionale, ancora sconosciuto in attesa del vaticinio richiesto da Tagliani alla Sibilla).
Riassumendo, in ideale continuità d’impiego con il patriottico fucile 91, ad ogni colpo la Calotta va ricaricata manualmente, riarmando la molla con la leva. Per “molla” si intende il dispositivo elastico che sta sotto il carter: poco importa che sia d’acciaio armonico o fatto con cilindri pneumatici.
Come s’è detto, l’apertura è a scatto, con sgancio attivato da un comando elettrico a pulsante che sarà presto sostituito o integrato dal badge vezzosamente chiamato Carta Smeraldo. Ma l’energia elettrica necessaria al funzionamento da dove viene?
Viene da una cella fotovoltaica da meno di 1⁄2 Watt che alimenta una batteria interna, un congegno critico, ma astutamente coperto da garanzia a vita certificata dalla maggioranza Consigliare PD.
Va precisato che probabilmente per tale criticità l’affidabilità media della Calotta finora s’è rivelata scarsa: in certi casi Hera ha dovuto cambiare più volte l’arnese che non funzionava più.
Ma quando la magica Carta Smeraldo, inesorabile, ad ogni colpo attribuirà un costo, passerà la smania collettiva di aprir calotte gratis. Così anche le batterie, lavorando solo qualche volta alla settimana, la smetteranno d’andare in tilt. Ed Hera riuscirà trionfalmente ad annunciare che i cassonetti semivuoti della raccolta indifferenziata significano che la totale raccolta differenziata è diventata fisiologica abitudine (i numerosi enormi sacchi neri lasciati in strada, frutto di somma inciviltà, Hera generosamente non li conteggerà, si farà solo pagare le spese di prelievo e trasporto all’inceneritore). Perciò la maggioranza consigliare PD converrà con Hera che il costo di ogni apertura di Calotta potrà essere correttamente allineato ai prezzi d’acquisto di beni voluttuari quali il caviale e lo champagne. Giusto per ammortizzare l’investimento nelle Calotte.
E quello sarà un gran giorno per la città di Calottapoli, la più docile vassalla del Ducato di Herapoli.

Paolo Giardini

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

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Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

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