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Da: Organizzatori

Dialogano con l’autore Silvia Cavicchi e Riccardo Vaccari.

Romagna, 1630. Tra le paludi e il monastero si nasconde il Male.

Anno del Signore 1630. A Lancimago, villaggio perso tra campi e acquitrini, gli abitanti aspettano con angoscia la peste che si avvicina. Per prepararsi al peggio, i monaci della vicina abbazia decidono di preparare una fossa comune. Ma durante i lavori di scavo trovano numerosi scheletri sepolti in modo strano, con legacci intorno agli arti e crani fracassati. La memoria collettiva non sa dire chi siano e i frati più anziani, interrogati, rispondono con un muro di reticenza e silenzio. Mentre, con poteri di commissario apostolico, arriva monsignor Diotallevi, incaricato di allestire i cordoni sanitari per contenere il contagio, nelle paludi nebbiose, nei poderi smisurati e nelle boscaglie intorno cominciano a succedere cose inspiegabili e inquietanti: fuochi che paiono sospesi nell’aria, animali scomparsi, presunti untori che si aggirano tra le vigne. «È opera del Demonio» dicono i paesani, e subito cercano streghe e fantasmi da combattere; ma c’è anche chi a Satana si rifiuta di credere, e in nome della scienza perlustra i terreni a caccia di risposte… Eraldo Baldini, maestro del gotico rurale, ci trascina in un mondo sospeso tra religiosità e superstizione, tormentato da paure ancestrali, in cui è impossibile distinguere il naturale dal sovrannaturale, i giusti dai colpevoli, i carnefici dalle vittime.

Scrittore noir, si specializza in Antropologia culturale ed Etnografia, nei suoi romanzi ha saputo coniugare “gotico rurale”, noir e horror in una vena originale. Inizia a scrivere saggi in questo settore e approda alla narrativa negli anni ’90. Nel 1991 vince il Myfest di Cattolica con il racconto Re carnevale. Scrive una lunga serie di romanzi, tra cui due per ragazzi: L’estate strana (edizioni EL, 1997) e Le porte del tempo (Disney Avventura, 2001).
La notorietà arriva con il romanzo Mal’aria (Frassinelli 1998, 2003), pubblicato anche in Francia, con cui vince il prestigioso premio “Fregene”. Tra i suoi libri ricordiamo Come il lupo (Einaudi, 2006) con cui ha vinto il premio “Predazzo” 2006; Melma (Edizioni Ambiente, 2007), Quell’estate di sangue e di luna (Einaudi 2008), L’uomo nero e la bicicletta blu (Einaudi 2011), Gotico rurale (Einaudi 2012), Nevicava sangue (Einaudi 2013), Stirpe selvaggio (Einaudi 2016). Per Fernandel nel 2015 ha pubblicato la raccolta di racconti umoristici Fra l’Adriatico e il West.
Tra i progetti: una sceneggiatura di un film a episodi (scritta con Giampiero Rigosi), tratta da quattro dei suoi racconti.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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