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Mercoledì 22 novembre alle 18 Presso la storica sala dell’Oratorio San Crispino libreria Ibs+Libraccio di Ferrara

Stefano Bonazzi presenta L’abbandonatrice Fernandel

 Dialoga con l’autore Gianluca Morozzi

Durante l’inaugurazione della sua prima mostra personale, Davide riceve una chiamata: Sofia, l’amica di cui aveva perso le tracce anni prima, si è tolta la vita a Londra. Al funerale, Davide conoscerà Diamante, figlio di Sofia. Un sedicenne scontroso e instabile, che insieme al dolore si porta appresso un fardello di domande: che relazione c’era tra Davide e Sofia? Perché sua madre è scappata dall’Italia troncando ogni rapporto con amici e famigliari? Perché il suicidio? Perché andarsene in quel modo? Tornato a Bologna insieme a Diamante, che gli è stato momentaneamente affidato, Davide si troverà all’improvviso catapultato in una convivenza a tre spigolosa e delicata che coinvolge anche Oscar, il suo compagno d’arte e di vita. Una serie di eventi che lo porteranno a riaffrontare quegli attacchi di panico che tanto faticosamente aveva cercato di seppellire, insieme ai ricordi e agli errori del passato.

Grazie a questa convivenza quasi forzata, la storia di Sofia riemergerà: una storia di mancanze, di silenzi e di madri dai comportamenti inspiegabili. Una storia dove ruoli familiari e sentimentali si mescolano e si annullano, in un groviglio morboso.

L’abbandonatrice è un romanzo sulla competizione, sull’adolescenza, sul disagio. Sulle responsabilità che ogni scelta comporta e sulla difficoltà ad accettarne le conseguenze, a qualunque età, qualunque ruolo la vita ci abbia riservato.

Stefano Bonazzi è nato a Ferrara nel 1983. Di professione webmaster e grafico pubblicitario, realizza composizioni e fotografie ispirate al mondo dell’arte surrealista. Le sue opere sono state esposte, oltre che in Italia, a Londra, Miami, Seul, Monaco. Nel 2014 ha pubblicato il suo primo romanzo, A bocca chiusa (Newton Compton).

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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Francesco Monini
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