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da: Arci Ferrara

A chiudere la rassegna IL FILO DI ARIANNA – rassegna a tematica LGBTQ organizzata in collaborazione con Circomassimo arcigay arcilesbica Ferrara sarà il film del regista britannico Peter Greenaway EISENSTEIN IN MESSICO, in programmazione al Cinema Boldini mercoledì 25 novembre alle ore 21.00.
Nel 1930 Sergey Ejzenštejn era al culmine della fama: idolatrato in patria come uno degli astri nascenti della nuova arte sovietica dopo la possente trilogia (Sciopero, La corazzata Potiömkin e Ottobre) con la quale aveva celebrato la fine della secolare notte zarista e l’avvento del radioso presente regalato alla grande Madre Russia dalla Rivoluzione d’Ottobre, decise di partire per un lungo viaggio che lo avrebbe portato a confrontarsi con mondi diversi ai cui patrimoni culturali avrebbe voluto attingere per dare nuova linfa alle sue già più che innovative idee in materia di cinematografia applicata.
Eisenstein in Messico racconta gli ultimi dieci giorni che il regista russo – interpretato dall’attore finlandese Elmer Bäck – trascorse nella cittadina messicana di Guanajuato, nel 1931, quando si trovava dall’altra parte dell’Oceano per girare un film. Mentre il regime stalinista richiedeva il suo rientro in patria, Eisenstein esplora e vive la propria sessualità, la morte e la sua stessa identità artistica da nuove prospettive: “Questo paese è stupefacente. La grandi cose della vita aggrediscono in continuazione la testa, lo stomaco, il cuore. Niente può essere superficiale.”
Tra documentario, biografia e finzione cinematografica, con il suo inconfondibile stile visionario, Peter Greenaway ritrae il regista sovietico nel momento della sua esistenza in cui matura nuove consapevolezze sulla vita, che sconvolgeranno le sue certezze e influiranno poi sulla sua ultima produzione cinematografica.
In concorso all’ultimo Festival internazionale del cinema di Berlino, il film è il personale omaggio di Peter Greenaway ad Eisenstein.
Ingresso 5 euro.
Per informazioni – www.cinemaboldini.it
Cinema Boldini, via Previati 18. T. 0532247050.

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Arci Ferrara


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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