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da: organizzatori

Casa Bassani: il ‘braccio della morte’ della 35ª brigata partigiana “Bruno Rizzieri” di Ferrara: numerose persone torturate e massacrate senza un processo, oggi dimenticate.

Nella sanguinosa primavera del ’45, quasi tutta la classe dirigente ferrarese ‘scomparve’ nel nulla. Tutti conoscono i nomi e i cognomi degli aguzzini, ma nessuno ha mai pagato.
Qualcuno scrisse di “1.300 assassinati nell’ombra del castello estense”: centinaia di ex fascisti (o presunti tali) massacrati dal 23 aprile alla metà di giugno, e gettati nel Po o sepolti in fosse comuni.

Scovati e pubblicati per la prima volta clamorosi documenti e fotografie originali di settant’anni fa

‘I partigiani furono eroi e galantuomini’ e ‘La casa di Giorgio Bassani in via Cisterna del Follo 1, luogo poetico con la magnolia in giardino’: questi due luoghi comuni intrisi di retorica vengono smentiti, in un sol colpo, nella nuova edizione del “bestseller” locale Il sasso che alza il cielo: la mia lunga ricerca della verità sui nonni uccisi dai partigiani della sociologa e opinionista nativa di Alfonsine, Lara Foletti (“Libero”, “Il Foglio”, “la Repubblica”), èdito dalla casa editrice ferrarese Faust Edizioni di Fausto Bassini nella collana Historiando.
Il corposo volume (già ristampato e divulgato in un migliario di copie in meno di un anno, anche fuori dal nostro territorio) si arricchisce di ottanta pagine di sole “Fotografie, testimonianze e documenti inediti”. Spiccano alcune immagini, scattate per conto del Tribunale di Ferrara nei primi mesi del ’46 (in occasione di sopralluoghi in località ed edifici della città e della provincia dove era avvenuto un numero impressionante di omicidi premeditati, anche plurimi, per mano dei partigiani rossi), venute alla luce e ora pubblicate per la prima volta, con tanto di didascalia originale dattiloscritta. Incontestabili i contenuti: «Prospetto principale della casa in Ferrara, Via Cisterna del Follo N. 1», «Camera nella quale trovavansi i fratelli Dal Buono, il dr. Franchini, l’ing. Ciaccia, l’avv. Calura e una persona sconosciuta», «Camera nella quale erano rinchiusi 11 militi delle Brigate Nere, tra cui certi Giori e Ziotti», «Ufficio di Sesto Rizzati», «Ufficio Mobilitazione 35ª Brigata Partigiani», «Giardino», «Prigione donne», «Locale ove erano rinchiusi Vertuani, l’ing. Baglioni, Maccaferri Galvano e certo Bernardini», e così via.
Nel caseggiato di proprietà del dottor Bassani, in via Cisterna del Follo N. 1 all’angolo con via Ugo Bassi, subito dopo la Liberazione si era installato il comando della 35ª Brigata Garibaldi “Bruno Rizzieri” (al comando di Gino Lambertini ‘il Monco’ e di Sesto Rizzati ‘Sergio’). Nessua impresa gloriosa né gesta eroiche memorabili, checché ne dica la vulgata resistenziale, solo una vituperata masnada di deviati, pregiudicati e delinquenti seriali, assetati di denaro e di sangue, che si erano dati la copertura di brigata partigiana seminando il terrore, e che scorrazzavano impunemente per la provincia ignorando l’ordine di consegnare le armi, a guerra finita, dopo l’arrivo delle truppe anglo-americane.
«IN QUESTA CASA TANTO AMATA / GIORGIO BASSANI / 1916 – 2000 / SI APRÌ ALLA POESIA / E ALL’ALTO IMPEGNO CIVILE. IL COMUNE DI FERRARA MAGGIO 2009» possiamo leggere sulla targa commemorativa posta a fianco del portone. Nessuna targa però ricorda, a tutt’oggi, i prigionieri vittime di sequestri di persona e furti, di rapine e stupri, di torture orribili e massacri spaventosi inflitti senza uno straccio di processo, tra quelle mura, da parte della 35ª Brigata partigiana “Bruno Rizzieri” nella sanguinosa primavera del ‘45.
«La magnolia che sta giusto nel mezzo / del giardino di casa nostra a Ferrara è proprio lei / la stessa che ritorna in pressoché tutti / i miei libri. / La piantammo nel ’39 […]»: inizia così la celebre poesia “Le leggi razziali” dello scrittore ebreo antifascista Giorgio Bassani (Epitaffio, Mondadori, 1974). Eppure, in quelle fotografie in bianco e nero contenute nel libro di Lara Foletti, quel giardino rievoca pensieri assai meno lirici…
Tra le ‘chicche’ inedite del volume, relative alla mattanza di via Cisterna del Follo, vi è anche un verbale d’interrogatorio (Questura di Ferrara, 30 dicembre 1945) di Glauco Soncini, partigiano all’epoca ventenne della brigata “Bruno Rizzieri”, che svela dall’interno i congegni della sommaria epurazione a orologeria, in quel ‘braccio della morte’ nel cuore del nostro centro storico: «Tengo a far presente che tutte le sere elementi della Romagna si portavano in Brigata e prelevati i fermati e caricatili su un camion partivano per ignota destinazione».
Oppure l’agghiacciante memoriale – dodici facciate manoscritte di foglio protocollo – di Serse Benasciutti, ex segretario politico del partito nazionale fascista di Gaibana (acceso propagandista, molto scaltro ma senza precedenti penali e non malvagio, dicono le carte ufficiali): «[…] Fui condotto alla caserma di Cisterna del Follo in Ferrara, mi fecero scendere, mi accompagnarono al piano superiore e mi frugarono in tasca, levandomi il portafogli contenente la somma totale di ₤ 50.000: così ripartite, un assegno di ₤ 10.000 – ed altri assegni minori per altre ₤ 10.000 – totale assegni ₤ 20.000 – ₤ 30.000 in contanti che vanno a formare ₤ 50.000 – di cui sopra, nonché venivo privato di tutte le carte di conti vari e di diversi documenti personali contenuti nei portafogli, venivo pure spogliato di un orologio marca Omega di argento chiusura tre casse, di ₤ 100 moneta francese, penna stilografica. […] Un’altra persona presente all’interrogatorio mi mosse alcune domande e il capo Ufficio disse ad un altro di segnare quanto avrei risposto e quanto dissi veniva segnato in un notes 20 x 15 grosso 2 centimetri circa. […] Mi chiese ancora che cosa avevo fatto d’altro «dite la verità» e intanto un’altra persona si sedeva a me vicino e con un’asta, non di legno, mi diede diverse botte sulla schiena. […] prese la rivoltella per la canna picchiandomela in testa. Il veicolo prese la corsa mentre la ferita alla testa grondava sangue». Condotto dai suoi carnefici sull’argine del Po, tra Ro e Guarda, Serse Benasciutti si salvò per un grilletto inceppato, dandosela a gambe tra i campi. Vide la morte in faccia e, miracolosamente, poté ritornare dall’inferno. E raccontarlo.
Oppure – ancora – le terribili dichiarazioni rilasciate al Tribunale di Ferrara, il 18 aprile 1946, da una certa Giorgina Boccaleoni, la donna di Gaetano Dalla Benetta detto ‘Moraro’, un partigiano della 35ª Brigata: «Con me il Moraro si confidava poco. […] in un’altra occasione, con un altro amico che neppure conosco lo sentii parlare di una persona che era stata da lui e da altri della sua squadra seppellita che era ancora viva e che lui con dei colpi di badile l’aveva finita».
Non per niente nel novembre ’45, in relazione a questi eccidi covati all’1 di via Cisterna del Follo, un settimanale torinese pubblicò un articolo dal titolo eloquente: «“Buchenwald docet”. Chi sono i 17 trucidati di Ferrara».

Dopo la lettura della nuova edizione de Il sasso che alza il cielo di Lara Foletti nessuno, a Ferrara, potrà più affermare in modo univoco: ‘I partigiani furono eroi e galantuomini’ e ‘La casa di Bassani, luogo poetico con la magnolia in giardino’. Parlano le immagini e i documenti, adesso.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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