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di Cecilia Sorpilli

Il vecchio adagio “moglie e buoi dei paesi tuoi” è ancora valido? L’aumento degli stranieri nel nostro Paese e la facilità con cui ci si sposta da un paese all’altro, l’incontro e la mescolanza di culture, negli ultimi anni ha favorito la formazione delle coppie miste.
Nelle famiglie composte da coppie miste i coniugi o conviventi sono di diversa cittadinanza oppure hanno la stessa cittadinanza, ma origini diverse, e quindi spesso anche lingua, religione ed etnia differenti. Quando l’unione avviene tra un partner che viene da un paese in via di sviluppo e uno occidentale spesso il significato che il partner proveniente dal paese in via di sviluppo attribuisce all’unione è di autonomia dalla propria famiglia di origine e dalle proprie tradizioni e regole.
Le unioni tra persone di culture diverse sono importanti perché danno la possibilità di ripensare e rivedere le tradizionali modalità di interazione all’interno della coppia e con i figli. Mara Tognetti Bordogna, professore di Politiche sociali e Politiche immigratorie presso la facoltà di Sociologia dell’Università di Milano-Bicocca, afferma che “l’aumento delle unioni miste in Italia può essere interpretato come un segnale di stabilizzazione del fenomeno migratorio, di crescente interazione tra individui appartenenti a paesi e culture diverse, oltre che dell’affievolimento del pregiudizio etnico e razziale da un lato e dell’influenza della famiglia nella scelta del coniuge dall’altro”. Le unioni miste però comportano un alto grado di complessità perché tale unione spesso contrasta le regole matrimoniali delle rispettive famiglie di origine, mette in discussione le regole della società di appartenenza dei due partner e dei propri valori e credi religiosi e infine costringe i partner a rinegoziare le proprie identità sociali e individuali. Sempre Bordogna afferma: “Sono unioni che comportano un continuo e forte lavoro di manutenzione delle relazioni famigliari (lavoro matrimoniale) che oltre a impegno e flessibilità richiede reciprocità e una continua negoziazione, che possono presentare criticità legate alla diversa competenza linguistica, ai diversi modi di pensare e gestire la quotidianità, gli spazi comuni, la relazione con il contesto.”
Esistono anche coppie definite ‘miste miste’ in cui entrambe i partner provengono da Paesi diversi e costruiscono la loro relazione nel Paese in cui sono emigrati. Tale unione non è supportata dalla famiglia di origine di nessuno dei due partner perché distanti. In questa coppia, essendo entrambe i partner stranieri, nessuno dei due riesce a svolgere un ruolo di protezione e mediazione per il proprio partner verso la società di accoglienza, mentre nelle coppie miste ciò è possibile perché uno dei due è autoctono.

Una sfida importante per le coppie miste e le unioni ‘miste miste’ è la scelta riguardo le modalità educative da adottare con i figli; scelta spesso complessa anche per le famiglie in cui non sono presenti differenze culturali. Graziella Favaro, membro della commissione nazionale “Educazione interculturale” del Ministero della Pubblica Istruzione e consulente scientifica della Biblioteca di Documentazione Pedagogica (ora Indire) per la sezione “Educazione interculturale”, individua tre modalità con cui le coppie miste educano i propri figli: scelta biculturale, assimilazione e negazione conflittuale. Nella scelta biculturale la presenza di culture diverse all’interno della stessa famiglia è considerata un elemento arricchente e quindi i figli vengono educati in modo che possano costruire un’identità multipla che vivono senza presentare problemi. Spesso in queste famiglie i coniugi o partner discutono prima della nascita dei figli le scelte educative, e soprattutto religiose, per la prole. Quando invece viene attuato un processo di assimilazione, la cultura del partner straniero viene messa da parte perché si ritiene inutile o addirittura ostacolante per la vita nel paese in cui si vive e ciò potrebbe rendere poco funzionale la vita sociale dei figli. Tale scelta, che porta a ignorare la storia e la cultura di uno dei genitori, porta a cancellare una parte della storia familiare. Infine se si verifica un processo di negoziazione conflittuale, avviene che nella coppia le scelte educative riguardo i figli generano conflitti perché uno dei due partner cerca di imporre la propria cultura, le proprie idee e stabilisce un rapporto con il partner asimmetrico.

Le coppie miste quindi devono affrontare un maggiore grado di complessità rispetto ad altre tipologie familiari perché, come sostiene Laura Fruggeri, psicologa e psicoterapeuta e professore ordinario di Psicologia delle relazioni familiari presso l’Università di Parma, “Le coppie attraversate dalla diversità culturale devono negoziare, a vari livelli, le loro diverse visioni del mondo per costruire una propria identità familiare”.

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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